Economia

La crisi italiana ha bruciato 200 miliardi di euro sui mercati

Luca Spoldi

Investitori in fuga da titoli di stato e azioni italiane, con quotazioni a picco e tassi in risalita

Il precipitare della crisi politica italiana, lo spettro di una deriva "alla Siryza" già evocava Fidentiis in una nota la scorsa settimana, e l'avvertimento giunto dall'agenzia di rating Moody's, che venerdì sera aveva già messo il rating sovrano italiano sotto osservazione per un possibile downgrade, in merito al fatto che il rating stesso sarà tagliato se si giungesse alla conclusione che "qualunque governo emerga" dalle prossime elezioni anticipate dovesse sostenere "politiche insufficienti a mettere il rapporto debito/Pil su una traiettoria sostenibile e discendente", fanno scattare l'allarme rosso sui mercati italiani.

Ma quanto è costata finora la crisi politico-istituzionale italiana? Da inizio mese il rendimento sui Btp decennali è quasi raddoppiato, passando dall'1,79% al 3,10% (un livello che non si vedeva dal marzo 2013), con un'accelerazione nell'ultima settimana (il 22 maggio il rendimento oscillava sul 2,34%, ovvero il 28% meno che in queste ore) quando è stato chiaro che Mattarella non avrebbe dato via libera a un governo gialloverde che avesse un economista come Paolo Savona, dichiaratamente euroscettico (e favorevole a un consolidamento sia pure su basi volontarie del debito pubblico), quale ministro dell'Economia e finanze.

In soldoni l'1,3% in più di rendimento significa, se venisse "congelato", circa 4-5 miliardi in più di costi per il Tesoro italiano, dato che la Repubblica italiana deve collocare tra nuove emissioni e rinnovi circa 400 miliardi di titoli di stato ogni anno l'83% dei quali rappresentati da Btp di vario genere e durata. Dal punto di vista degli investitori poi, dato che i titoli decennali possiedono una duration (vita media residua) pari a circa 6, ogni 1% di incremento del tasso si traduce in un 6% circa di perdita delle quotazioni, quindi chi avesse avuto in portafoglio questo genere di titoli a inizio mese ora registrerebbe perdite attorno al 7% e visto che l'ammontare complessivo dei Btp è attorno ai 1.626 miliardi di euro questo significa una perdita potenziale di quasi 114 miliardi.

Le vendite non hanno tuttavia colpito solo il mercato obbligazionario tricolore: anche Piazza Affari è stata travolta da un'ondata di ribassi, a partire dai titoli più sensibili all'andamento dei tassi, ossia i finanziari e i titoli industriali ed energetici. In particolare nell'ultimo mese l'indice Ftse Mib ha registrato un calo dell'11% con una capitalizzazione complessiva crollata da 688,3 a 612,6 miliardi (con una perdita teorica di oltre 75 miliardi di euro).

Guardando poi ai singoli titoli, Banco Bpm in un mese ha già perso oltre il 15%, ma è sospeso a -8,5% nel momento in cui scriviamo questo articolo; Bper Banca se l'è finora cavata con un -6,4% (ma stamane sfiora un ulteriore 7% di perdite); Intesa Sanpaolo deve incassare un -8,2% (e cede oggi un altro 5,5%); Ubi Banca al già pesante -9% rischia di dover aggiungere un altro -7% a fine giornata; Unicredit già in rosso del 9,15% oggi lascia sul terreno il 6,5%.

In sostanza nel giro di un mese gli investitori il valore di mercato di azioni e titoli italiani è crollato di quasi 200 miliardi di euro e il rischio è che il crollo non sia recuperabile. Il timore dei bond vigilantes come Moody's è infatti che "la mancata articolazione di un'agenda di riforme strutturali immediata e credibile" possa avere "ripercussioni negative sulle prospettive di crescita dell'economia italiana su basi sostenute", cosa che "sarebbe ugualmente negativa per il rating". Ultimo ma non meno importante contraccolpo: la crisi italiana sta "infettando i mercati globali".

A pagarne le spese finora è l'euro, calato a 1,155 contro dollaro, ma siccome in dollari sono denominate le materie prime, anche le quotazioni di petrolio, minerali industriali e derrate alimentari appaiono a rischio, così come quello dei principali paesi produttori, quasi sempre paesi emergenti. La crisi italiana sarà la "tempesta perfetta" che i mercati non si attendevano e che potrebbe mettere fine al mercato "toro" che ormai da oltre sette anni dura a livello mondiale? In quel caso i costi finali potrebbero contarsi non in decine o centinaia di miliardi di euro, ma in decine o centinaia di migliaia di miliardi.