Economia
La vera sfida di Trump? La Cina. Ecco come Pechino si difenderà
La Trumpnomics può fare bene ai settori ciclici di Wall Street per ora, ma mette a rischio i bond e la crescita mondiale a medio termine
Pertanto se tra i “vincitori” di questa prima settimana di Trumpnomics vi sono certamente i settori ciclici e più in generale il mercato azionario statunitense, tra gli “sconfitti” dei mesi a venire rischiano di esservi anzitutto il mercato obbligazionario, se non altro perché il rischio inflazione, se si concretizzerà, indurrà la Federal Reserve a rompere gli indugi e alzare i tassi ufficiali e in ogni caso potrebbe indurre gli investitori ad alleggerire le posizioni facendo calare le quotazioni dei titoli di stato americani e in parallelo crescere i rendimenti di mercato.
Un effetto che potrebbe tracimare anche al di là dell’Atlantico nel momento in cui la Bce dovesse ulteriormente rallentare prima e terminare poi i suoi acquisti di bond sul mercato. Per questo rendimenti e spread dei titoli di stato italiani rischiano di continuare a salire anche nelle prossime settimane (tanto più con l’ipotesi di elezioni anticipate sempre più concreta).
E l’azionario? Come detto potrebbe essere nell’immediato il caso di puntare su settori ciclici di Wall Street come l’high-tech, la finanza o le telecomunicazioni, con possibili rialzi “per simpatia” anche in Europa e in Italia. A medio termine il rischio è però che le misure protezionistiche di Trump si ritorcano contro la stessa economia americana.
Introdurre una tassa per i beni importati consumati dagli americani potrebbe infatti frenare i consumi, più che riorientarli, così come cercare di ridurre le importazioni potrebbe far aumentare il costo delle produzioni americane e di conseguenza rendere ancora meno competitive esportazioni su cui rischia già di pesare la forza del dollaro, che appare destinata al meglio a stabilizzarsi sui livelli attuali, quando non ad aumentare ancora.
Dopo la prima settimana di lavoro a Washington Donald Trump può essere soddisfatto, ma non è detto che lo saranno i suoi elettori da qui ai prossimi due/quattro anni, col rischio di danni a medio termine per la crescita economica mondiale se il mercantilismo della Trumpnomics dovesse malauguratamente prendere piede anche in altri paesi del mondo, ad esempio in Europa e in Italia (che storicamente sono esportatori netti e dunque hanno tutto da perdere dal ritorno a muri, barriere e dazi commerciali).
Luca Spoldi