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Economia
Lavoro: un ruolo su cinque cesserà di esistere nei prossimi 5 anni
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Il 2018 per le imprese italiane sarà l’anno di importanti cambiamenti, secondo quanto emerge del Report Mercer Global Talent Trends Study 2018 “Unlocking Growth in the Human Age”. Tutto il campione delle società italiane rispondenti all’indagine (100%) ha inserito l’innovazione nel proprio piano d’azione per l’anno e il 96% sta pianificando cambiamenti nel disegno organizzativo. 
Allo stesso modo, i dipendenti chiedono maggiore controllo della propria vita, personale e professionale, e più della metà è alla ricerca di opzioni di lavoro più flessibili.

Dato che la capacità di cambiare diventa un elemento chiave per il successo in un contesto di business competitivo a livello globale, la sfida per le organizzazioni è quella di portare le persone a bordo in questo viaggio, soprattutto perché i migliori talenti chiedono ai leader chiarezza nella direzione intrapresa.

Il Mercer Global Talent Trends Study quest'anno raccoglie le voci di oltre 7600 dipendenti, HR Manager, Executive e Board Members di 57 Paesi, tra cui l'Italia, in cui sono state raccolte le opinioni quali-quantitative di 51 alti dirigenti, 322 singoli dipendenti, 109 HR Manager.

 

«Quest'anno abbiamo registrato un sensibile interesse da parte dei top manager rispetto al tema del Futuro del Lavoro del lavoro e una diffusa consapevolezza di essere alle prese con un'agenda del Change che richiede continua evoluzione per rimanere competitivi, piuttosto che un singolo momento di cambiamento» illustra Marco Valerio Morelli, Amministratore Delegato di Mercer Italia. «I rispondenti convengono che sarà una combinazione di abilità umane e di tecnologia digitale avanzata a costruire il futuro del business».

 

Nel considerare l’adozione di nuove tecnologie, i top manager devono concentrarsi sul "sistema operativo umano" per garantire il successo della loro azienda. Lo studio Mercer ha identificato cinque tendenze che coinvolgeranno la forza lavoro nel 2018: un cambio di passo su innovazione e competenze (Change of Speed), lavorare con un obiettivo più alto (Working with Purpose), uno stato di flessibilità permanente (Permanent Flexibility), l’uso di modelli HR aggiornati con piattaforme per il talento (Platform for Talent) e una pervasiva presenza del digitale (Digital from the Inside Out).

 

Change of Speed: il modo in cui le aziende si preparano per il futuro del lavoro dipende dal livello di cambiamento previsto. Coloro che si aspettano maggiori turbolenze stanno agendo sul modello e puntando su strutture più piatte e interconnesse (il 39% sta lavorando maggiormente per team rispetto al dato globale pari al 32%). Per mettere maggiore potere nelle mani dei singoli collaboratori è necessario che le aziende li aiutino a costruire con prontezza le competenze richieste. Tuttavia, gli HR leader si sentono meno preparati nella riqualificazione delle competenze dei dipendenti già in azienda (solo il 46% degli HRD italiani ha fiducia nelle proprie capacità di farlo bene rispetto alla media mondiale del 55%) piuttosto che nell’assumere  dal mercato ruoli già formati ai nuovi skill necessari (57% in Italia vs. 65% in tutto il mondo).

 

Il 71% dei top manager italiani (un dato tra i più alti a livello globale, di gran lunga superiore rispetto al 53% medio), prevede che almeno un ruolo su cinque nella propria organizzazione cesserà di esistere nei prossimi cinque anni. Per questo, essere in grado di preparare i dipendenti per un cambio di ruolo, o per la riqualificazione delle proprie competenze è fondamentale per ogni società. Purtroppo, solo il 31% delle aziende italiane sta aumentando l'accesso ai corsi di apprendimento online – il 9% in meno rispetto alla media -  e ancora meno (il 17%) sta attivamente promuovendo la rotazione tra ruoli all'interno dell'azienda – anche qui nove punti percentuali sotto la media complessiva. «A mio parere -  riflette Silvia Vanini, Partner Deputy Career Leader Mercer Italia - in Italia la sfida per il Capitale Umano portata dall’industria 4.0 incontra con le peculiarità del business model, caratterizzato da componenti ad elevata artigianalità, e del tessuto produttivo nazionale. A nostro parere, come per altri momenti di discontinuità, è proprio in queste fasi iniziali che si sta tracciando uno spartiacque tra le realtà più proattive e le altre, laddove solo le prime si stanno attrezzando per gli impatti organizzativi del cambiamento».

 

Working with Purpose: Il 75% dei dipendenti che Mercer definisce “Thriving”, ovvero coloro che si sentono realizzati personalmente e professionalmente nella propra attività afferma che la loro azienda comunica un forte senso di direzione verso uno scopo. Nella loro ricerca di un significato da attribuire all’attività quotidiana, i dipendenti indicano di apprezzare nell’organizzazione la possibilità di movimento, in senso di crescita anche laterale, le opportunità di apprendimento e di sperimentazione. Se questi bisogni non vengono soddisfatti, i dipendenti sono pronti a cercare altrove maggiore soddisfazione (il 34% dei dipendenti attualmente soddisfatti dal proprio lavoro ha comunque manifestato il desiderio di lasciare l’azienda a causa di una mancanza percepita di opportunità di carriera, in linea con un dato globale pari al 39%).

Oltre ad offrire un senso di scopo, la “value proposition” delle società maggiormente attrattive ne prende in considerazione aspetti legati al benessere fisico e finanziario. I dipendenti italiani intervistati hanno dichiarato di trascorrere in media 7 ore lavorative a settimana preoccupandosi di questioni finanziarie, ma solo il 23% delle aziende ha già messo in atto politiche di sostegno ai dipendenti su queste tematiche – rispetto ad una media dell’intero campione pari al 26%.

Sono prioritarie anche la correttezza e l’equità delle politiche retributive e nel succession planning e opportunità di promozione: solo il 37% dei dipendenti italiani afferma che la propria azienda li garantisce, considerevolmente meno del 53% che sente di poterlo affermare su base mondiale. «Le aziende che aiutano i dipendenti a preoccuparsi meno di aspetti di contesto, quali la sicurezza economica base, e investono più energia nel rispondere alle loro loro aspirazioni di carriera saranno ricompensate da maggiori orgoglio, passione e motivazione da parte del loro personale» commenta Vanini.

 

Permanent Flexibility: Come anticipato, i dipendenti chiedono oggi a gran voce maggiore controllo delle loro vite personali e professionali. I dipendenti desiderano opzioni di lavoro più flessibili e le organizzazioni intervistate si dichiarano pronti a recepire queste istanze: il 96% dei top manager considera l’offrire opportunità di flessibilizzazione del lavoro una parte fondamentale della value proposition della propria azienda (16 punti percentuali in più dell’80% della media globale).

Un dato da mettere a confronto con l’ evidenza che sono il 15% dei direttori HR in Italia a considerare la propria azienda leader di settore in materia di opzioni di flessibilità o in cui la flessibilità sia visibilmente presente nelle scelte organizzative, e che oltre la metà (58%) dei dipendenti teme ancora che la scelta verso forme di lavoro flessibili possa incidere negativamente sulle loro prospettive di crescita – un dato di gran lunga superiore al 41% della media internazionale.

«Adottare approcci di maggiore flessibilità – avverte Vanini – è una modalità per intercettare in meniera più precisa le motivazioni, le aspettative e le disponibilità dei dipendenti, consentendo a ciascuno di “stare bene” in azienda, grazie al bilanciamento tra le dimensioni personale e professionale».  E prosegue: «Cambiare e ridisegnare modelli di funzioni e ruoli, supportando i dipendenti nelle proprie esigenze è una necessità per l’azienda di oggi, che deve assicurarsi la presenza e l’ingaggio di un pool di talenti eterogenei, in posti di lavoro che vedono la compresenza di 5 diverse generazioni di dipendenti».


Platform for Talent: In un contesto in cui l'84% dei top manager italiani prevede un aumento della competizione per acquisire i migliori talenti, le aziende si rendono conto di dover prendere in considerazione un più vasto “ecosistema” e aggiornare i propri modelli HR in funzione di un'era digitale. Due su cinque aziende, nel campione globale, prevedono di ricorrere a formule non tradizionali nell’ingaggio di collaboratori nel 2018. A questa intenzione fa eco quell’83% (dato mondiale) di dipendenti di diverso livello, che prenderebbe in considerazione anche la possibilità di lavorare come freelance per più aziende. «Noi di Mercer – dettaglia Vaniniriteniamo infatti che esista oggi un ecosistema talento, di cui fanno parte i dipendenti a tempo pieno, ma anche i collaboratori delle società, ed i fornitori più vicini. Nell’attuale contesto di veloce cambiamento, il “Talent Ecosystem” annovera i talenti interni, dipendenti dell’azienda, ma anche i colleghi free-lance. Considerare un perimetro così vasto implica un profondo ripensamento delle prassi, così come delle politiche HR».

Adottare questa mentalità implica anche un ripensamento del ruolo dei manager, chiamati non più a poter contare interamente sul tempo e la disponibilità di “sottoposti”, ma ad adottare una prospettiva di collaborazione, con talenti “trasversali” a dipartimenti o funzioni, spostando le competenze ove sono necessarie o creando hub di servizio dove le competenze già si accentrano con lavoratori molto qualificati ed esperti.

 

Digital from the Inside Out: il Report ha approfondito il tema della Digitalizzazione con particolare riferimento alla capacità della direzione HR di mediare la relazione tra i singoli e l’organizzazione aziendale attraverso la tecnologia. Nonostante il miglioramento rispetto alle risposte dello scorso anno, le aziende non si dichiarano ancora in grado di offrire una customer-experience di rilievo ai dipendenti, se non in misura pari al 14% - in linea con il 15% della media globale. Mentre il 62% dei dipendenti italiani ritiene che la tecnologia sia cruciale per il successo di business, solo un terzo (rispetto al 48% del dato Global) afferma di disporre degli strumenti digitali opportuni per svolgere il proprio lavoro e solo il 33% (anche qui, in rincorsa rispetto alla media del campione pari al 43%) interagisce già con le risorse umane attraverso canali digitali (ad esempio attraverso Employee Portal, piattaforme di gestione benefit, portali dedicati a percorsi di carriera, opportunità di crescita skill e gestione della formazione).

I top manager delle società italiane sono fiduciosi nella capacità dei loro HR manager di diventare un partner strategico nell'impostazione degli strumenti digitali per il futuro e convinti in percentuale pari all’82% che le direzioni Risorse Umane siano in grado di allineare la strategia HR alle priorità strategiche dell'azienda. Una fiducia che supera di 12 punti percentuali il dato internazionale.

«Se riuscissimo, magari a partire proprio da questa fiducia, a sviluppare l’agenda digitale delle direzioni HR in Italia, nel 2018 si potrebbe allineare l’esperienza digitale dei dipendenti in Italia al livello degli omologhi nel resto del mondo. Anche questa è una partita importante, per tutte le aziende, nella consapevolezza che oggi la competizione per i migliori talenti si gioca su scala internazionale. Un’esperienza-dipendente positiva – trovo importante il richiamo all’ “esperienza-dipendente” in analogia al concetto informatico dell’esperienza-utente - è chiave per attrarre Capitale Umano verso le realtà del nostro Paese» aggiunge Vanini.

 

«Digitale, forme di lavoro flessibili, sistemi di compensation personalizzati sono driver fondamentali per lo sviluppo del valore del Capitale Umano esistente in azienda. Usando un’espressione che nasce dalla ricerca proprietaria Mercer si tratta delle condizioni necessarie perché ogni collaboratore possa fiorire (Thrive)» conclude Vanini.

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