Economia

Liu-Jo, Gvs, Lima e Giochi Preziosi: le prossime Ipo, coronavirus permettendo

Luca Spoldi

L’epidemia da coronavirus continua a pungolare i mercati azionari mondiali, ma la voglia di lasciarsi tutto rapidamente alle spalle è evidente anche a Piazza Affari, dove non sono poche le società che sperano che per la prossima primavera la vicenda sia già uno spiacevole ricordo, così da lasciare spazio ad una serie di nuovi debutti prima che, con l’estate, si chiuda di fatto la principale finestra per le nuove Ipo del mercato italiano.

L’ultima ad aver ammesso di stare valutando uno sbarco sul listino di Milano, sia pure “in futuro, quando le condizioni di mercato saranno ottimali”, è Eccellenze Italiane Holding (Eih), società fondata e diretta da Marco Marchi cui fanno capo i marchi di moda Liu Jo (fondato dallo stesso Marchi, col fratello Vannis, nel 1995 a Carpi, in provincia di Modena), ormai presente in 48 paesi al mondo e forte di una rete di distribuzione di 490 negozi monomarca e 5.500 multimarca e “specialty store” in tutto il mondo, e Bluemarine (fondato nel 1977 sempre a Carpi dai coniugi Anna Molinari e Gianpaolo Tarabini), rilevato nel novembre dello scorso anno e forte a sua volta di una rete di 500 punti vendita in tutto il mondo, di cui 31 tra boutique e negozi monomarca. Insieme i due marchi valgono oltre 430 milioni di euro (400 milioni il giro d’affari di Liu Jo nel 2019, 33 milioni quello di Bluemarine nel 2018), in buona misura generato fuori dall’Italia.

Quello di saper crescere sui mercati internazionali è del resto una caratteristica che accomuna tutti i gruppi italiani maggiormente in salute, vista anche la perdurante stagnazione dell’economia nazionale (anche quest’anno e il prossimo vista “crescere” al più di una frazione di punto percentuale) e le aspiranti matricole di Piazza Affari non fanno eccezione, anzi. Ne è un esempio Gvs, tra i principali produttori mondiali di filtri per il settore medicale, di laboratorio e automobilistico fondato nel 1979 da Grazia Valentini a Zola Predosa (Bologna) e che dopo l’acquisizione dell’americana Kuss Filtration (ceduta dal fondo Industrial Opportunity Partners) ha superato i 200 milioni di euro di fatturato ed è presente con 26 siti in 22 paesi al mondo.

Più incerto lo sbarco di Intercos: la società, leader internazionale nel settore della produzione di cosmetici per conto terzi in cui opera fin dalla fondazione, avvenuta nel 1972, aveva già rinunciato a debuttare in borsa nel 2015 optando alla fine per aprire il capitale al fondo L-Catterton (che aveva rilevato il 40% già posseduto dal fondo Equinox prima e da Euraleo poi), tuttora tra i principali azionisti assieme al fondo Ontario Teachers e al fondatore e amministratore delegato, Dario Ferrari. Ora l’Ipo, tra le più attese del 2020 a Milano dato che le ultime valutazioni del gruppo oscillavano attorno a 1,5 miliardi di euro, e rischia di dover essere ancora rimandata. Pur vendendo principalmente negli Usa e in Francia, Intercos, oltre 700 milioni di euro di fatturato annuo, ha infatti importanti impianti produttivi in Cina. 

Ancora aperta l’opzione Ipo anche in casa Sia, sebbene il presidente della società fintech (che ha fatturato nel 2018 quasi 615 milioni di euro), Nicola Cordone, facendo riferimento alle “recenti dinamiche di mercato” che evidenziano l’importanza di una crescita dimensionale come “fattore di successo in un contesto sempre più competitivo” abbia confermato che resta aperta anche l’opzione parallela di un’integrazione con altro partner industriale per “creare un polo del fintech a livello italiano ed europeo”. Il riferimento è a Nexi, sbarcata in borsa nell’aprile dello scorso anno con quella che fu la maggiore Ipo dell’anno a Milano. 

Incrocia le dita la friulana Lima Corporate, fondata nel 1945 da Gabriele Lualdi ed attiva nella progettazione, produzione e distribuzione in tutto il mondo di protesi ortopediche anche su misura con un giro d’affari di oltre 205 milioni di euro l’anno. Anzi, le incrocia il fondo svedese Eqt (che tra i suoi maggiori investitori può contare la famiglia Wallenberg), che nel 2015 ne rilevò la proprietà dalla famiglia Lualdi e dai fondi Ardian, MB Reinassance e Mir Capital (con l’amministratore delegato Luigi Ferrari che aveva reinvestito in una piccola quota di minoranza) ed ora è in cerca di una exit, Ipo o cessione ad un altro investitore che sia.

Chiudono l’elenco di coloro che sono tentati dallo sbarcare in borsa Giochi Preziosi e Rina. Il gruppo italiano leader nel mercato del giocattolo tradizionale nel 2019 ha messo le mani su Trudi, azienda friulana produttrice di peluche cui fanno capo anche i giocattoli in legno a marchio Sevi, dal 2005 controllata da Carisma Holding attraverso Paladin Capital Partners. Trudi ha portato in dote a Giochi Preziosi (403 milioni di euro di giro d’affari nel 2018) una decina di milioni di euro di fatturato ma proprio la necessità di completare l’operazione di integrazione ha finito con l’allungare i tempi per uno sbarco a Piazza Affari era atteso già 12 mesi fa ed era poi slittato di trimestre in trimestre.

Rina (l’ex Registro Italiano Navale), società di ispezioni, certificazioni, ispezioni, formazione e consulenza ingegneristica con 200 uffici in 70 paesi nel mondo e ricavi consolidati che nel 2018 hanno raggiunto i 443 milioni, dovrebbe infine sbarcare sul listino nel corso dell’anno. Tuttora la società è controllata dal Registro Italiano Navale, ente morale di natura privata assimilabile a una fondazione. Dal 2014 nel capitale è presente anche Palladio, attraverso Vei Capital e Venice Shipping & Logistics, mentre nel 2016, anno in cui Rina comprò la britannica Edif Group Ltd, ha fatto il suo ingresso tra i soci NB Renaissance (rilevando la quota che nel 2014 era stata acquisita da Intesa Sanpaolo). Da ricordare che nel 2018 Rina si è ulteriormente rafforzata all’estero rilevando il controllo della tunisina Comete Engineering.