Economia

Ma quale Mes, debito a tre anni: coi Btp niente conto Ue da 180 milioni

di Marco Scotti

Sfruttando i rendimenti negativi delle emissioni a tre anni, è possibile oltretutto reperire liquidità per spese senza vincoli di destinazione

Da qualche settimana il rendimento dei Btp è ai minimi storici, tanto che due giorni fa l’asta dei titoli triennali ha dato per la prima volta un rendimento pari a zero. Italia come la Germania e rendimenti negativi? Forse è prematuro affermarlo, anche perché i fondamentali dei due Paesi sono profondamente diversi e il Covid-19 li renderà ancora più disgiunti. Ma intanto si può iniziare a ragionare su alcuni fatti incontrovertibili. In primo luogo, il Btp a dieci anni sta riducendo progressivamente la cedola da staccare e oggi si trova poco sopra lo 0,6%, record assoluto.

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Per trovare un simile rendimento a fronte di uno stock di debito così elevato (le proiezioni parlano di un 160% di rapporto con il Pil entro la fine dell’anno) bisogna tornare indietro… di 700 anni, precisamente al 1310 e al Regno di Napoli – come riporta giustamente Money.it.

Ora: che succede? I casi Covid sono in aumento, le borse barcollano, gli investitori sono perplessi eppure il Paese prima epicentro dell’epidemia ottiene in asta un rendimento pari a zero per i buoni a tre anni? Qualcosa non quadra. La sensazione netta è che la Bce, dopo un primo intervento strutturale con il Pandemic Emergency Purchase Programme (Pepp) proseguirà acquisti a ritmi sostenuti per tutto il 2021, prima di mollare la presa e provare a stimolare un po’ di inflazione.

D’altronde, aveva ragione Christine Lagarde a marzo: il compito dell’Eurotower non è quello di chiudere gli spread, ma di tenere l’inflazione a un livello considerato congruo, ovvero il 2% annuo. Al momento il tasso è di poco superiore a 0. Però, fin tanto che l’incertezza procede è interessante provare a fare due calcoli in più. Il Mes continua a non convincere le forze di governo, nonostante possa rappresentare un ottimo strumento per far fronte all’imminente emergenza sanitaria. I 36 miliardi previsti per l’Italia, infatti, potrebbero essere spesi esclusivamente per quanto riguarda l’ambito medico. Avrebbero un interesse ridicolo, si parla dello 0,1% per dieci anni, che si tradurrebbe in 181,8 milioni in più da restituire all’Europa.

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Ma, appunto, sarebbe limitato esclusivamente alla sanità e potrebbe chiedere in cambio manovre complesse di riduzione della spesa pubblica. Che sarebbero accettate con poca convinzione da un Paese che già ora sta vivendo una crisi nerissima.

Dunque, che fare? Una proposta potrebbe diventare quella di sfruttare la difesa messa in campo dalla Bce e provare a lanciare un’emissione straordinaria di titoli, aumentando il volume attuali di Btp triennali a rendimento zero e riducendo quelle in futuro. In questo modo si potrebbero raccogliere cifre considerevoli, senza vincoli di spesa e con una cedola da riconoscere prossima allo zero.

Inoltre c’è un altro aspetto da tenere in considerazione: il Recovery Fund, di cui si continua a discutere e che viene dato ormai per certo, sta in realtà incontrando più di una resistenza da parte dei Paesi frugali e del blocco di Visegrad. I quali – in ossequio al vecchio detto “pagare moneta, vedere cammello” – vogliono prima assicurarsi che i progetti italiani siano sostenibili e che, insieme alla realizzazione di opere di carattere strategico (ma in mezzo anche a tante idee campate per aria) ci si produca in una riduzione del debito oggi a livelli quasi insostenibili.

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Dunque, in attesa che si sblocchi l’impasse in cui ci si trova, sarebbe meglio cercare misure alternative, con nuove emissioni corpose soprattutto per i titoli a tre e sette anni. I primi hanno avuto richiesta maggiore del 50% rispetto alla quantità effettivamente collocata lunedì 12 ottobre, i secondi quasi doppia. Proprio i Btp a sette anni hanno un rendimento dello 0,34%, la metà di quello dei buoni decennali.

Anche in questo caso, piccole alchimie matematiche potrebbero permettere di risparmiare qualcosa e di trovare strumenti di finanziamento alternativi rispetto ai soli soldi europei. In questo modo, l’Italia si ritroverebbe improvvisamente con una potente arma di persuasione verso i colleghi continentali: non vi piacciono i nostri piani? E noi proviamo a vedere che cosa ci offrono i mercati.