Economia
Manovra, Giorgetti vuole tagli nei singoli ministeri. Ma non basterà: servono 20 mld
Entro la seconda metà di settembre bisognerà presentare il piano pluriennale per la spesa pubblica a Bruxelles. Tutti i nodi da sciogliere
Manovra, si parte da almeno 20 mld. La strategia del governo e gli ostacoli
Per il governo Meloni è già tempo di pensare alla prossima manovra finanziaria, la prima scadenza importante infatti è in programma tra meno di un mese: entro il 20 settembre il Mef deve presentare a Bruxelles in piano pluriennale strutturale di bilancio, un primo paletto in vista della manovra: si tratta del documento che di fatto ha sostituito la Nadef e che indica la direzione che l'Italia intende prendere in merito alla spesa pubblica. Ma a volere riconfermare le misure della precedente manovra e le spese inderogabili, il conto - riporta Il Sole 24 Ore - partirebbe da oltre 20 miliardi di euro. Tra le principali voci, il taglio del cuneo a 14 milioni di lavoratori (10,7 mld) e l’accorpamento delle prime due aliquote Irpef (circa 4 mld); i sostegni per la Zes pesano per 1,9 miliardi; per le missioni internazionali serve almeno 1 mld; per la detassazione del welfare aziendale e dei premi di produttività oltre 800 milioni.
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Per questo è necessario reperire fondi al più presto. Al Mef, il ministero guidato da Giorgetti, sono già cominciate le grandi manovre. L'obiettivo del titolare del Tesoro è quello di reperire parte di queste risorse necessarie nei singoli ministeri. Per le coperture - prosegue Il Sole - il governo punta sulla spending review, sugli stanziamenti di misure abolite, come l’Ace, e sulle entrate fiscali. Dal concordato biennale proposto a 2,7 milioni di autonomi e imprese sui redditi da dichiarare nel 2024 e 2025 con la garanzia di essere esclusi dai controlli si punta a un gettito pari a circa 2 miliardi.
Non basterà però - scrive La Repubblica - confermare il doppio taglio da 15 miliardi di cuneo e Irpef, in scadenza a fine anno, come il governo continua a garantire. Meloni vorrebbe anche intervenire sui salari reali, visto che in base a quanto affermato dall'Ocse, gli stipendi degli italiani si sono abbassati del 7% rispetto al 2019. Ma tutto quello che lo Stato taglia in termini di tasse, - prosegue La Repubblica - se lo mangia l’inflazione. E anche di più. L’Ufficio parlamentare di bilancio, l’Authority dei conti pubblici, nel Rapporto annuale di giugno calcola che dagli “80 euro” in poi, ovvero nel decennio 2014-2024, le riforme fiscali hanno tagliato le tasse del 3% agli italiani, ma il caro prezzi si è portato via il 3,6%. Con perdite da 320 euro per un reddito di 10 mila euro a 1.020 euro per un reddito da 100 mila euro.