Economia
Mediaset, in 5 anni spesa in spot ko. Il Biscione si protegge dalla Silicon
La sfida al polo europeo di Mediaset viene dalla Francia e dai big della Silicon Valley. Ecco perché. Il progetto Mediaforeurope
Trasferita la sede legal in Olanda, paese “amico” di chiunque voglia mantenere il controllo di un’azienda pur senza averne la maggioranza (chiedere agli eredi Agnelli), varata la fusione tra Mediaset e la controllata spagnola Mediaset Espana, posta Mediaset stessa sotto il “cappello” della holding Mediaset Investment Nv, ridenominata Mediaforeurope (Mfe), Piersilvio Berlusconi può tirare un sospiro di sollievo.
Se con un blitz aveva rilevato il 9,6% del capitale (il 9,9% dei diritti) di ProSiebenSat.1 Media, principale emittente tedesca destintata a diventare perno del futuro polo della televisione generalista “free” europea, che in futuro potrebbe allargarsi ai francesi di Tf1, con la riorganizzazione della catena di controllo ha messo forse definitivamente in un angolo Vivendi.
Di Mfe, infatti, Fininvest (al 41,29% in Mediaset) avrà il 35,5% del capitale, Vivendi (al 28,8% in Mediaset di cui un 19,2% in Simon Fiduciaria) scendereà al 23,1 di Mfe (di cui il 15,39% in Simon Fiduciaria). Soprattutto, della holding di diritto olandese la famiglia Berlusconi deterrà oltre il 50% dei diritti di voto (e potrà senza problemi distribuire il dividendo post-fusione da 100 milioni di euro). Mettere in un angolo il gruppo che fa capo a Vincent Bolloré era doppiamente importante, perché i francesi da tempo hanno fatto sapere di voler creare un loro polo televisivo europeo e dopo due anni di stallo in Italia avevano appena rilevato per un miliardo, con Canal Plus, la piattaforma M7 distribuisce a pagamento canali televisivi locali e internazionali in Belgio, Olanda, Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Romania.
Oltre a rintuzzare la concorrenza di Canal Plus/Vivendi, il futuro polo televisivo europeo dei Berlusconi deve però guardarsi dai colossi di oltre oceano. Nel rutilante mondo dei media è in atto da tempo un “risiko” che si gioca sulla scacchiera mondiale e che ha già visto il gruppo Disney rilevare Fox e Comcast fondersi con Sky.
Ma il vero fenomeno di questi ultimi anni è l’emergere prepotente di un modello anche tecnologicamente alternativo alla “vecchia” televisione, quello dello streaming di contenuti video. Dietro ci sono i colossi della Silicon Valley da Google (con Youtube) ad Amazon (Prime Video), da Facebook a Microsoft, per non parlare di Netflix. Gruppi che dopo anni di battaglie stanno iniziando a trovare accordi per meglio spartirsi la torta: ad aprile tra Google e Amazon è scoppiata la pace almeno per quanto riguarda i dongle, quei dispositivi non più grandi di una classica chiavetta Usb che si collegano ad una presa Hdmi di un qualsiasi televisore HD/Full HD permettendo all’utente di vedere film, immagini, musica, YouTube, Chrome e Google Play sul televisore al quale è collegato grazie ad un collegamento streaming con computer, smartphone e tablet.
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