Economia
Mediobanca, Nagel accelera sul private. Ora deve crescere o rischio take-over

Nagel continua a rafforzare la “nuova” Mediobanca nel private banking e nel wealth management, ma ora deve crescere anche di dimensione per non finire preda
Mediobanca, mercato freddo sull'accelerazione nel private banking? Il titolo della merchant bank è poco mossoa Piazza Affari nella prima seduta di dicembre, dopo l’annunciata nascita della nuova divisione Mediobanca Private Banking, guidata da un manager di lungo corso come Angelo Viganò, sotto cui sono confluite le attività acquisite da Banca Esperia, il cui 50% che ancora non era di proprietà di Mediobanca è stato rilevato giusto un anno fa da Banca Mediolanum per 141 milioni di euro.

L’obiettivo di Alberto Nagel è noto da tempo: trasformare definitivamente il vecchio “salotto buono” di Piazzeta Cuccia in un intermediario a 360 gradi, affiancando alle tradizionali attività di corporate e investment banking quelle di credito al consumo (presidiato dalla controllata Compass Banca) e quelle di wealth management (sia attraverso Mediobanca Private Banking sia tramite CheBanca!, Spafid e Mediobanca Sgr, l’ex Duemme Sgr alla cui guida è appena stato chiamato Emilio Franco, in arrivo da Ubi Pramerica).
In via di semplificazione invece il portafoglio di partecipazioni (“principal investing”) che rappresenta l’eredità storica di Mediobanca ma che a fine settembre si era ormai ridotto al 13% di Generali (per un valore di poco più di 3 miliardi), al 6,1% di Italmobiliare (una settantina di milioni) e al 6,6% di Rcs Mediagroup (una cinquantina di milioni), più piccole partecipazioni in azioni quotate e non quotate che in tutto valevano circa 320 milioni.

La quota in Generali, in particolare, dovrà ridursi entro il 10% entro il 2019, obiettivo che potrebbe esser invece sostituito da un piano B che, nella testa dei manager (sono i rumors di mercato), prevedrebbe la creazione di un veicolo societario a cui girare l’intera partecipazione ed in cui entrerebbero soci di minoranza. Soluzione alternativa ma sempre più probabile all’idea originaria di collocare gradualmente la quota sul mercato. Coi proventi della cessione e il capitale in eccesso (almeno 1,1 miliardi di euro nel triennio 2017-2019) Nagel deve cercare di puntare su attività che presentino un Roe (ritorno sul capitale) pari almeno a quello del leone di Trieste (che oscilla attorno al 9%).
Per questo non tutte le acquisizioni possibili saranno portate a termine a qualsiasi costo, tanto che nei giorni scorsi Mediobanca (come pure il Banco Santander) si sarebbe ritirata dalla gare per Creditis, la società di credito al consumo messa sul mercato da Banca Carige, probabilmente a causa di un rilancio da parte del fondo hedge americano Christofferson Robb & Company, che sta cercando di superare la concorrenza di altri due fondi londinesi, Chevanari Financial Group e StormHarbour.
E’ invece andata in porto, qualche giorno prima, l’acquisizione del 69% della ginevrina Ram Active Investments, costituita nel 2007 e diventata nel giro di un decennio uno dei principali gestori sistematici europei con un’ampia gamma di fondi alternativi con gestione equity sistematica fondamentale e fixed income discrezionale ad una vasta platea di investitori istituzionali e professionali. Un business che potrebbe integrarsi con quello della controllata Banca Generali, che da parte sua dovrebbe chiudere l’anno con una raccolta netta di 6,5 miliardi.
(Segue...)