Economia
Moda, Valeria Mangani: "La sostenibilità è il mio modus vivendi". Intervista
L'imprenditrice a capo della community Sustainable Fashion Innovation Society siede anche al tavolo del Mimit come esperta per il settore moda sostenibile
Moda sostenibile, dalla community di design ecosostenibile al Mimit. Intervista all'imprenditrice Valeria Mangani
Sustainable Fashion Innovation Society è la più grande community europea di moda e design ecosostenibile, con oltre 2000 brand e aziende manifatturiere, di cui più della metà italiane. A guidare una realtà così importante è Valeria Mangani, Presidente dal 2019, con alle spalle una biografia imprenditoriale di ampio respiro internazionale. Già direttrice relazioni istituzionali della De Laurentis Company di Los Angeles, Vice Presidente di AltaRoma e consulente di Automobili Lamborghini S.p.A, è attualmente anche Capo Delegazione di International Woman Alliance con sede a Ginevra presso le istituzioni delle Nazioni Unite e Ceo di MADE IN ITALY LUXURY 4.0, piattaforma per l’internazionalizzazione del lusso artigianale del made in Italy e per l’introduzione di PMI in mercati di nicchia high spenders. Da aprile 2023 è Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
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Sustainable Fashion Innovation Society dà vita ogni anno al PHYGITAL SUSTAINABILITY EXPO®, il primo evento esclusivamente dedicato alla transizione ecologica del sistema moda e design attraverso l’innovazione tecnologica. Il format è stato eletto da Harper's Bazaar come il primo evento italiano di rilevanza mondiale per il settore di riferimento, «dove il fashion incontra tecnologia, scienza e innovazione».
Da poco premiata dal magazine Fortune e riconosciuta tra le 50 indiscusse Most Powerful Women, la Mangani si racconta un po’ di lei facendoci entrare in uno dei temi più contemporanei e delicati del settore impresa & ambiente: la sostenibilità come sistema avveniristico in un futuro in costante evoluzione.
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Il suo impegno per il mondo della moda e soprattutto della sostenibilità è di lungo corso. A quando risale la prima sliding door che porta verso questo universo?
Io nasco in Sud Africa, a Johannesburg, dove ho vissuto per molti anni con miei genitori. Quando si arriva nel Vecchio Continente si vede il mondo in maniera diversa. Era l’apartheid, non dimentichiamocelo. Tutto inizia per me all’Istituto Europeo di Design, dove nell’altra classe vi erano anche Pierpaolo Piccioli (oggi Valentino) e Maria Grazia Chiuri (Dior). Non ero già allora focalizzata sul lusso, benché importante nel settore, ma verso l’etica con una mia collezione. Nella mia testa era ben saldo il concetto che in molte manifatture c’era dietro l'Africa e lo sfruttamento come nel sud est asiatico. Poi fui eletta nel CDA di AltaRoma SpA come Vice Presidente, una realtà molto inclusiva che operava a stretto contatto con enti locali e governativi. E aveva una sua prerogativa fondamentale, crescere i giovani talenti emergenti italiani, un talent scouting enorme, ma siamo stati anche i precursori della moda etica grazie alla mia volontà di attrarre tali progetti fin dal 2009.
Sustainable Fashion Innovation Society. Ci racconti come nasce questo innovativo progetto
Nasce su richiesta dei piccoli stilisti poco dopo la mia naturale uscita dei due mandati dalla carica di Vice Presidente di AltaRoma SpA. Una delegazione di addetti ai lavori – che non si riconoscevano in certi crismi del ‘mainstream’ perché “nati sostenibili” - mi propose di creare un gruppo dedito alla sostenibilità e all’etica della moda che potesse essere poi riconosciuta. Sensibilizzare fattivamente il modus operandi del nord del mondo che produce,e il sud del mondo che riceve gli scarti. Per inciso, i deserti del Ghana e del Cile sono discariche del fast fashion da vent’anni, non da oggi! Dopo qualche tempo fondiamo dunque la Sustainable Fashion Innovation Society per farne non solo un aggregatore di intenti, ma anche un evento di riferimento mondiale per la moda sostenibile, inclusivo ed aperto al pubblico gratuitamente per educarlo e consapevolizzarlo sulle innovazioni del settore.
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Ovvero?
Il Phygital Sustainability Expo®. Fisico e digitale. Digital, lo dice la parola stessa, una piattaforma dove si iscrivono, hanno visibilità sul web e sui social, con tanto di interviste e coinvolti in tutte le occasioni in cui l’associazione è chiamata ad intervenire, promuovendoli. Forniamo anche know-how e una importante lista di manifatturieri sostenibili. Da molti anni possono approvvigionarsi in un grandissimo database, prima inesistente. Ma l’evento è fisico, ed ecco che il digital diventa Phygital, in un vero e proprio marketplace dove si incontrano le varie realtà. Brand e manifatturieri espongono gomito a gomito, in un modello di networking unico in Italia. Designer, creatori, e artigiani che si arricchiscono e si contagiano fruttuosamente. Il tutto si svolge in una location archeologica mozzafiato: i Fori Imperiali di Roma, nei Mercati di Traiano 113 d.C., poiché la nostra mission è quella di promuovere la Cultura della Sostenibilità attraverso l’Italico heritage millenario. Dopo 2000 anni ritorna la moda nelle antiche botteghe, dalla quale dovremmo prendere ispirazione oggi, in totale ottica circolare. L’iconico format pluripremiato e sotto copyright, ci è stato chiesto in varie parti del mondo. Porteremo così il “made in Italy sostenibile” in mercati molto interessati a questo settore, che secondo il World Economic Forum è un mercato in crescita il 9% l’anno da qui al 2030.
A rendere ancora più coinvolgente il Phygital Sustainability Expo® e il Percorso Museale negli SDGs (Sustainable Development Goals dell’Agenda ONU 2030) nella millenaria Via Imperiale, è un’esperienza indimenticabile di realtà aumentata. L’esposizione, infatti, è accompagnata da una componente di deep technology: gli occhiali Lenovo e il codice QR. Questi due strumenti danno la possibilità agli ospiti di vedere attraverso immagini riprodotte in modo realistico e immersivo, l’impatto negativo dell’acquisto compulsivo e del fast fashion, proiettando i visitatori in varie aree del mondo, degradate a causa dei rifiuti generati dal fast fashion shopping.
Gamification e A.R (Realtà Aumentata). informano il pubblico, attento consumatore, sul ciclo di vita di una t-shirt: dal campo di cotone alla discarica a fine uso; comparando il carbon foot print che il medesimo capo avrebbe per il pianeta applicando la circular economy. Estremamente formativo per i giovani, tant’è che alla Phygital Sustainability Expo® ogni anno sono presenti scuole e studenti dell’Università per i crediti formativi e in partnership con i Ministeri di riferimento.
Una sorta di dialogo aperto tra le istituzioni e il mondo della moda sostenibile?
Assolutamente. Sono loro che promulgano poi le leggi e con i quali la nostra associazione deve interfacciarsi per cambiare. Nel 2024 ci sarà la messa a terra del EPR-Responsabilità Estesa del Produttore, quella che farà modulare la manifattura di tutta Europa, compreso il made in Italy. Non a caso da anni vi è una partnership di successo con il Parlamento Europeo e la Commissione Europea, confermata anche per l’edizione 2024: Gli Stati Generali Europei sulla Sostenibilità della Moda. Una kermesse che raccoglie a sé importanti figure del mondo governativo, dal Capo Dicastero del Mare, dell’Ambiente, al Ministro delle Imprese e del Made in Italy, ai rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e gran parte delle istituzioni del territorio. Ognuno di loro ha un panel dedicato nella sostenibilità a tutto tondo, affondando nella verticale di loro competenza. Un’opportunità importante per raccontare che cosa stanno facendo per la sostenibilità del Paese, senza slogan o logiche pubblicitarie. È un lungo e stimolante lavoro di Relazioni Istituzionali che vanno portate avanti molti mesi prima dell’evento, e sono molto felice di constatare che questo Governo scendere volentieri sul territorio per ascoltare coloro che il Made in Italy lo realizzano con la sapienza delle loro mani, delle loro menti e del loro cuore.
Il settore della moda è in un cambio epocale, più di molti altri. Mai come in questo momento quindi, tutti i players coinvolti nella filiera del made in Italy deve fare sistema; dall’artigiano al legislatore. Il Phygital Sustainability Expo® è il più grande momento di aggregazione in ottica inclusiva per il sistema.
Un progetto a medio e lungo raggio di ampio respiro?
Lo facciamo già da 5 anni e anche la prossima edizione 2024 saranno proprio gli Stati Generali Europei sulla Sostenibilità della Moda perché ci saranno i legislatori europei, i ministri italiani e tutte le aziende che producono, insieme ai designers che con la nuova legge sono chiamati a progettare i capi circular by design. Perché si vuole dire al mondo che il Vecchio Continente è faro mondiale di sostenibilità, e tutti dovranno seguirci. Ricordiamoci che arrivano dall’estero ancora pigiamini per i neonati impregnati di formaldeide che provocano shock anafilattici, o tinture che in dogana vengono fermate perché altamente tossiche per la pelle, che è il nostro organo più grande. Ci battiamo per dire agli altri Paesi che dobbiamo metterci tutti in regola! Come Presidente di Sustainable Fashion Innovation Society sono molto orgogliosa di queste nostre battaglie. E i Dicasteri di riferimento lavorano bene con noi, poiché dicono che gli forniamo una prospettiva diversa dal quale vedere l’argomento, un angolo che finora era un po’ come l’angolo morto dello specchietto retrovisore.
L’importanza della sostenibilità per un futuro migliore?
Ogni mattina quando ci vestiamo, compiamo un atto politico. Sappiamo chi ha cucito i nostri vestiti? C’è da cambiare il mindset e le abitudini errate. I latini dicevano habitus decernit habito, cioè l’attitudine determina l’abito (titolo del libro che sto scrivendo). Essere sostenibili sostanzialmente vuol dire iniziare a comprare di meno e porre rimedio ai danni irreparabili che abbiamo fatto a noi stessi e all’ambiente. Il Covid ci ha fatto capire che potevamo anche fare a meno di tante borse, di scarpe e del superfluo. Dobbiamo cambiare mentalità verso ciò che indossiamo, prenderne consapevolezza, e come Sustainable Fashion Innovation Society ci siamo battuti anche sull’etichettatura, spesso fuorvianti e truffaldine.
Valeria, anche da scrittrice ha spesso fatto emergere queste criticità?
Si, esatto. Da vent’anni tratto temi di ecologia, ambiente e benessere, nel 1995 ho aperto la collana Natura & Salute della casa editrice Tecniche Nuove SpA di Milano. Sono stata la loro autrice Best Seller, pubblicando 10 libri in vent’anni, come “OGM e Clonazione: la bomba è nel piatto”, “La Dieta per l’Anima”, “Nutrigenomica”, “La Dieta Ph” all’interno del quale vi era la prima lista del Ph delle acque, etc, etc. Da vent’anni consapevolizzo i consumatori, scrivendo nei miei libri l’importanza di leggere le etichette dei cibi che comprate al supermercato, così come dei vestiti che indossate. La moda può essere tossica per il nostro corpo come un alimento. La ricerca è sempre stata parte della mia poliedrica attività di studi. Ho sempre applicato alla moda un concetto di bellezza esteriore, che deve combaciare con quello interiore di chi la indossa (inside-out beauty). Il concetto filosofico dell’etica ed estetica è condensato nell’abito bello e ben fatto, che è di per se sostenibile.
Una indiscussa pioniera del settore. Ci racconti di più…
Vede, la moda è una storia che parte dall’agricoltura e finisce in comunicazione. Siedo al Tavolo della Moda del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, in seno al quale sono l’esperta per il settore moda sostenibile. Chiediamo ai nostri brand e aziende iscritte di scriverci il loro punto di vista, cosa funziona e cosa andrebbe cambiato. Le logiche dei piccoli non sono le stesse dei grandi brand, per questo le loro voci vanno fatte conoscere. Anche perché tante sono start up che producono materiali completamente nuovi, li ottengono in maniera innovativa e con logiche high tech che finora non erano mai state prese in considerazione. Sono nuovi scenari che si vanno a delineare per il futuro, ecco perché c’è bisogno di concertare nuove sinergie e aprire nuove strade con nuove leggi. La Sustainable Fashion Innovation Society fa lobby per proporre mozioni parlamentari e disegni di legge per incrementare la sostenibilità della filiera produttiva, come quella di settembre 2023 “Disposizione organiche per la valorizzazione, promozione e tutela del Made in Italy”. Oppure il progetto “From Crop to Shop” (dal campo fino al negozio). L’agricoltura tessile che promuove il reshoring del cotone organico in Italia. L’anno scorso in Sicilia sono stati coltivati 100 ettari di cotone bio, dismesso dagli anni ’50. Abbiamo richiamato l’attenzione della FAO, la quale ha annoverato il nostro iscritto, nonché Presidente del Consorzio COS, tra i World Food Heroes 2023. Questo è uno dei tanti modi in cui portiamo visibilità ai progetti virtuosi dei nostri soci.
Cosa auspica Valeria Mangani. Sogni nel cassetto?
Gli americani la chiamano Mindfulness. In sintesi è l’ETICA che dovrebbe pervadere ogni gesto che compiamo: verso il pianeta, nel rispetto dell’essere umano, dell’ambiente e del mondo animale. Se – per intenderci - analizziamo la percentuale di fibre in una T-shirt, c'è sovente scritto 100% cotone sull’etichetta, ma in realtà è 50% cotone, 50% poliestere (= plastica). Quindi rimane 300 anni in una discarica. Ed ecco perchè le nuove policy europee del DPP - Digital Product Passport giocano un ruolo fondamentale per tracciare l’indumento che compriamo e sapere se magari è 100% Made in Italy: dal seme fino al negozio. Grazie alla blockchain questo non è più utopia, ma realtà. Ecco realizzato uno dei miei sogni nel cassetto.