Economia
Mose, colpo di spugna sui lavori. Rumors
Lo Stato pronto a farsi carico dei danni per le opere malfatte
Colpo di spugna su debiti e contenziosi originati dai lavori del Mose. Ma anche un tentativo di superare il Consorzio Venezia Nuova, a cui spetta la gestione della fase finale di realizzazione delle dighe mobili che dovrebbero salvare Venezia dalle acque alte, la struttura un tempo controllata dalle grandi imprese responsabili del malaffare, poi commissariata dal governo e dall’Autorità Anticorruzione.
Ma può anche apparire come un primo passo per costruire la struttura statale che dovrà gestire il Mose, con un costo di manutenzione di decine di milioni di euro all’anno. Una torta appetitosa. Tutto questo, secondo il Fatto, a seconda delle letture, è contenuto nella proposta del Settimo atto aggiuntivo, l’atto finale di una vicenda iniziata trent’anni fa e poi con la posa nel 2003 della prima pietra per lavori che non si sono ancora conclusi.
Qualche giorno fa, il provveditore alle opere pubbliche del Triveneto, Cinzia Zincone, ha scritto agli amministratori straordinari del Consorzio, Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola, nonché al commissario straordinario per il Mose Elisabetta Spitz (nominata a novembre) per sottoporre la bozza del “VII Atto Aggiuntivo” della convenzione che dal 1991 regola i rapporti tra lo Stato e i Consorzio. Della bozza ne hanno già discusso il 3 marzo scorso.
“Tale atto rappresenta l’unica possibilità di rimodulazione della somma di 5 miliardi e 493 milioni di euro indicata nel VI atto aggiuntivo – scrive il provveditore – per scorporare gli interventi non indispensabili alla messa in funzione delle paratoie e ottimizzarne la conclusione”. L’atto avrebbe un “carattere transattivo che eliminerebbe ogni contenzioso, garantendo così il futuro dell’opera e dell’intera città”. E questo è uno dei punti dolenti. In pratica è la proposta di uno “spezzatino”.