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Economia
Mps,Bce: niente proroga.Decreto in arrivo nel weekend.Non sarà omnibus. Rumors

di Andrea Deugeni
Luca Spoldi 


Niet della Bce a Marco Morelli, Ceo di Mps. Il Monte crolla in Borsa (sono tornate insistenti anche le vendite sui bond retail), dopo la notizia che la Vigilanza europea ha respinto la richiesta di concedere più tempo per l'aumento di capitale. L'istituto senese aveva chiesto 20 giorni in più visto il mutato contesto per l'esito del referendum per portare a compimento il piano di rafforzamento patrimoniale da 5 miliardi di euro. Il titolo aveva avviato le contrattazioni in rialzo per poi girare in negativo in attesa della decisione della Bce. Sospese al ribasso allo stop da parte di Francoforte e riammesse alle contrattazioni, le azioni  del gruppo senese al giro di boa cedono oltre il 15%, con scambi che hanno riguardato oltre il 10% del capitale. 
 
La proroga chiesta da Mps serviva per verificare la tenuta del piano di ricapitalizzazione privata messo a punto da Mediobanca e Jp Morgan e consentire al nuovo governo di insediarsi, elemento centrale per l'intervento del Qatar Investment Authority (fondo sovrano del Qatar che ha già in portafoglio partecipazioni in Deutsche Bank, Barclays e Credit Suisse), che si sarebbe sfilato proprio a causa dell'instabilità politica, così come alcuni hedge fund americani.
 
Con il responso negativo dell'Eurotower, ora per Mps i tempi sono davvero stretti: la ricapitalizzazione (passando totalmente per il mercato) avrebbe dovuto avvenire infatti entro il prossimo 31 dicembre. Timing che fa sì che la strada obbligata ora sia quella dell'intervento pubblico (da affiancare comunque a una richiesta di risorse agli investitori privati), previsto da un decreto, da varare per ragioni di urgenza nel weekend, che si concentrerà su Mps.
 
Inizialmente, secondo le indiscrezioni circolate nei giorni scorsi, il decreto salva-banche due avrebbe dovuto essere omnibus e cioè con misure riguardanti tutto il settore bancario (riscrittura della riforma sulle Popolari, stroncata dal Consiglio di Stato, sistemazione dei crediti fiscali differiti che penalizza alcuni istituti e complica la ricapitalizzazione di Mps e di Unicredit e rateizzazione dei 2 miliardi da versare al Fondo di risoluzione). Fonti del Tesoro contattate da Affaritaliani.it, spiegano invece che il decreto che arriverà prima della campanella di Borsa di lunedì e sarà dedicato in primis alla risoluzione della situazione senese

E' in corso intanto un Cda di Mps, già fissato in agenda, riunione che deve prendere atto della decadenza del piano di ricapitalizzazione messo a punto dalla banca, compreso l'acquisto dei bond subordinati realizzato la scorsa settimana e che dovrà valutare le prossime mosse. "Non siamo assolutamente preoccupati", ha detto il presidente Alessandro Falciai entrando nella sede milanese di Mps. In mattinata, si è tenuta anche una riunione al Tesoro fra Morelli, il ministro Pier Carlo Padoan e gli advisor Mediobanca e Jp Morgan sul da farsi post-bocciatura Bce.   

Finora dei 5 miliardi richiesti solo poco più di un miliardo è stato raccolto tramite l’offerta volontaria di conversione di bond subordinati in azioni di nuova emissione. Di questi 400 milioni dovrebbero essere convertiti da Generali, che così a fine aumento si ritroverebbe in portafoglio una partecipazione dell’8% circa della banca e potrebbe intavolare una trattativa con Axa (socia al 3,17% dell’istituto senese col quale ha appena rinnovato un accordo distributivo di bancassurance) per arrivare, un domani, ad una partneship molto stretta. Almeno un altro miliardo deve arrivare da “anchor investor”, ma se finora si pensava che potesse essere il Qatar a fare la parte del leone, ormai si dà per scontato che gli arabi si siano sfilati, o comunque abbiano accettato di partecipare per una quota molto inferiore alla previsione iniziale, e che a sottoscrivere tranche da non meno di 300 milioni di euro a testa saranno gestori di fondi hedge come George Soros e John Paulson, ma forse anche Bob Diamond.

Resterebbero 3 miliardi: ancora troppo per sperare che se ne faccia carico il mercato, ossia il consorzio di banche incaricato di gestire l’operazione. Serve pertanto il decreto che consenta al Tesoro di acquistare uno o due miliardi di euro di bond subordinati, accettare (come tutti gli obbligazionisti che non hanno aderito all’offerta volontaria) un “haircut”, ossia un rapporto di conversione meno favorevole, e procedere alla conversione in azioni per 1-1,5 miliardi. A quel punto gestire 1,5-2 miliardi al massimo di aumento da lanciare sul mercato sembrerebbe possibile e le banche non si tirerebbero indietro, anche per non perdere le cospicue commissioni previste. Peraltro per evitare polemiche e rischi collegati alla non trasformazione del decreto in un successivo provvedimento legislativo (che potrebbe anche riguardare la richiesta al fondo europeo Esm di un prestito di alcuni miliardi per accelerare la ricapitalizzazione e pulizia di bilancio di altre banche in difficoltà come Banca Carige, le due popolari venete BpVi e Veneto Banca e le quatto “good bank” tre delle quali dovrebbero essere poi acquistate da Ubi Banca) occorrerebbe un governo nel pieno delle sue funzioni.

Così se Pier Carlo Padoan varasse il decreto di cui si parla in queste ore a Piazza Affari potrebbe essere la conferma che proprio sul nome dell’attuale ministro dell’Economia stanno convergendo i placet delle principali forze politiche, dato che Padoan è una figura di garanzia in primis per i mercati, essendo un tecnocrate (e dunque attento ai conti) ma anche in grado di mentire (come hanno imparato a fare tutti i politici italiani, data l’insofferenza dell’elettorato italico ad accettare la verità) e far passare una ricapitalizzazione preventiva come una misura alternativa al bail-in, quando di fatto è una sorta di bail-in volontario (per quanto almeno in parte “obtorto collo”) fatto per evitare lo scattare di un bail-in vero e proprio e di più ampia portata. Ma la way-out è prevista proprio dalla direttiva europea sul tema

Che questo potesse essere l’esito della partita Mps era apparso chiaro fin dallo scorso dicembre, quando Banca Marche, Banca Etruria, CariFerrara e CariChieti erano state risolte e scisse in good e bad bank. Per l’istituto senese si cercherà in tutti i modi di arrivare a questa situazione, ma che potesse bastare lo sforzo degli investitori privati (ossia del fondo Atlante) era apparso chiaramente illusorio visto che i capitali effettivamente raccolti erano di gran lunga inferiori al necessario anche solo per mettere in sicurezza le due popolari venete e occuparsi di una sola delle tranche della cartolarizzazione di Mps.
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