Economia

Mps, il 25% "a ruba" sul mercato: ecco chi ha comprato. E sul risiko...

di Redazione Economia

Il Tesoro riduce la propria quota al 39,23% dal 64,23% e incassa 920 milioni di euro

Mps, il 25% a ruba sul mercato. Il Mef incassa 920 milioni

Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, da tempo annunciava ai suoi interlocutori con sicurezza: «La fila di investitori interessati al Monte dei Paschi è lunga...», come riferisce La Stampa. L'accelerazione nella collocazione di lunedì sera ha confermato le sue parole: l'offerta è stata sottoscritta in pochi minuti e la domanda ha superato di oltre 5 volte l'importo iniziale proposto. Quindi, un'operazione che mirava a collocare il 20% si è estesa fino al 25% del capitale. Il Tesoro riduce la propria quota al 39,23% dal 64,23% raggiunto nel 2017 durante il salvataggio della banca, inviando un segnale alla Commissione Ue, con cui ha concordato l'uscita dal Monte entro il 2024, e incassa 920 milioni di euro.

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Numerosi fondi hanno partecipato all'acquisto. Tra di essi, spiccano nomi italiani noti, come Anima, già coinvolta nell'ultimo aumento di capitale e partner industriale di Siena, e Algebris di Davide Serra. Altri partecipanti includono Fideuram, Eurizon, Banca Mediolanum, Azimut, Kairos, e un forte interesse internazionale con marchi quali Fidelity, Columbia Threadneedle, Wellington, Norges, Toscafund, Melqart. Nuovi e vecchi attori dimostrano un cambiamento nella percezione del Monte, che non è più considerato l'animale ferito di un anno fa. L'istituto guidato da Luigi Lovaglio sta tornando alla redditività, con un aumento del valore e una diminuzione dei rischi.

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Il Tesoro prenderà ora una pausa di tre mesi, impegnandosi a non emettere ulteriori titoli sul mercato. Tuttavia, il futuro rimane incerto. Non è chiaro se questa mossa servirà, come suggerisce Intermonte, a ottenere più tempo da Bruxelles. L'opzione di vendita senza uscire potrebbe essere presa in considerazione, con Unicredit che rimane il principale potenziale acquirente secondo gli esperti di Piazzetta Cuccia. Tuttavia, fusioni con Banco BPM o BPER, che al momento sembrano poco propense, potrebbero presentare problemi di bilanciamento. Ridurre la quota governativa potrebbe facilitare fusioni con operatori di dimensioni simili, puntando al famoso terzo polo, specialmente presso Banco BPM, nonostante la necessità di convincere un Giuseppe Castagna scettico.

Il taglio quasi a metà della quota del socio pubblico dal 64% apre nuove possibilità nel dossier e offre al Tesoro diverse opzioni. L'unico vincolo con l'UE è quello di riprivatizzare entro giugno 2024, ma questo sembra ormai superato, dato che non ci sono compratori in vista da mesi. Il Tesoro ha scelto una via intermedia, cedendo il 25% come "prima fase di un processo più ampio per valorizzare pienamente Mps". La quota pubblica è ora al 39,2%, e potrebbe essere ridotta ulteriormente l'anno prossimo in una seconda collocazione fino al 10%. Nonostante l'impegno a non vendere ulteriori azioni Mps per 90 giorni, il Tesoro potrebbe riesaminare la situazione in base alle condizioni e ai risultati del bilancio 2023, con la possibilità di contattare nuovamente gli investitori che hanno manifestato un forte interesse.

La giustizia potrebbe dare una mano al dossier con la sentenza d'appello prevista per lunedì prossimo sul filone che ha coinvolto gli ex manager Profumo e Viola. Dopo l'assoluzione in Cassazione dei predecessori Mussari e Vigni a ottobre, c'è una buona possibilità che vengano assolti, con un impatto significativo sui rischi legali di Mps. Nel bilancio Mps ci sono richieste di danni per 160 milioni direttamente legate al processo Profumo-Viola, ma un'assoluzione definitiva potrebbe consentire a Mps di imputare fino a 600 milioni di riserve su rischi legali al capitale primario (CET1), portandolo al 17,2%, uno dei livelli più alti in Europa, come racconta La Repubblica.

Per Mediobanca, l'alto patrimonio è fondamentale affinché il Tesoro possa cedere Mps senza richiedere fondi pubblici. La banca ha simulato tre scenari di fusione, suggerendo che Unicredit potrebbe pagare in contanti e azzerare la presenza del Tesoro nel nuovo polo, mentre Banco BPM e BPER potrebbero pagare con azioni, diluendo la quota del Tesoro nel "terzo polo italiano" al 13%. Anche se le tre banche negano attualmente ogni interesse, la possibilità di fusioni non sembra così remota come due anni fa.