Economia
Mps, ruolo di Sace sui rischi legali. M&A, rinvio senza copertura politica
La privatizzazione della banca senese, fra mancanza di compratori e caos politico
Se il sistema delle deferred tax asset, ovvero la dote fiscale da due miliardi pronta per il compratore di Mps, è stata messa al sicuro con l’approvazione della legge di Bilancio (resta l’incognita della discussione parlamentare per la presentazione dell’operazione di risiko), come anche l’eventuale coinvolgimento della pubblica Amco per invogliare l’UniCredit di Andrea Orcel a sgravare il proprio bilancio di una parte dei propri crediti problematici, a Siena, caos politico, sospensione della moratoria e decisione finale del nuovo inquilino di Piazza Gae Aulenti a parte, resta la grande incognita dei rischi legali da oltre 10 miliardi. Una grana di contenziosi così classificata: 6,6 miliardi a soccombenza “probabile”, 2,2 a soccombenza “possibile” e 1,4 miliardi per i “remoti”. Valore complessivo monstre che tiene lontani dalla data room aperta su Rocca Salimbeni da Mediobanca e dal Credit Suisse ogni concorrente bancario potenzialmente interessato. Soggetti che servono al socio pubblico per completare l'uscita dal capitale di Siena entro fine 2021.
Accantonato un doppio ruolo della banca pubblica che gestisce gli Npl guidata da Marina Natale anche come risk taker, sulla mole dei conteziosi legali la soluzione individuata dal Tesoro si concentra su un doppio ruolo di Sace e Fintecna, entrambe controllate da Cassa Depositi e Prestiti. Secondo quanto rivelato dalla Reuters, i tecnici del Tesoro, che nel Monte è il primo socio con il 64,2%, si stanno muovendo su tre fronti.
Da una parte stanno tentando di ridurre considerevolmente, e secondo alcune fonti addirittura di dimezzare, attraverso accordi transattivi i 10 miliardi di cause e richieste stragiudiziali che incombono sul bilancio del Montepaschi.
Il direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera
Di queste, 3,8 miliardi di euro arrivano direttamente dalla Fondazione Mps, ex azionista di controllo che ha visto andare in fumo il proprio patrimonio nelle vicende della banca e con cui Via XX Settembre sta cercando di raggiungere una transazione. Rifiutata una prima offerta di 70 milioni di euro messa informalmente sul tavolo della trattativa, fonti rivelano alla Reuters che per convincere la controparte dall’istituto sia stata avanzata anche l’ipotesi di un’integrazione del cash con la carta, attingendo dalle azioni proprie del gruppo detenute a bilancio.
Sempre al capitolo rischi legali, le altre due direttive di lavoro sono quella nota dello spin-off di una parte del valore ad una società della galassia pubblica, che non necessariamente deve essere per forza Fintecna e della restante parte da coprire invece con un sistema di garanzie principalmente in capo a Sace. Questo schema misto verrebbe adottato risultasse troppo difficile realizzare uno schema che si basa su una co-gestione dei rischi fra Sace e alcune compagnie private, coinvolgendo Fintecna per la parte tecnica.
Intanto, dopo essersi visto completamente stravolgere i piani sul futuro di Monte nelle braccia di UniCredit dall'uscita di Jean Pierre Mustier e dallo scoppio della crisi politica, il direttore generale di Via XX Settembre Alessandro Rivera (intenzionato prima a chiudere il dossier Mps a gennaio) starebbe anche valutando, secondo alcune indiscrezioni, l'opzione di un ulteriore rinvio (di un anno) per la privatizzazione della banca toscana. Strada che richiederebbe la riapertura della discussione con Bruxelles, impraticabile però senza la necessaria copertura politica al Tesoro.
@andreadeugeni