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Dalla "Guida Michelin" a "Scaglie": a ogni azienda serve un corporate media

Di Lorenzo Zacchetti

Il successo del progetto editoriale del Consorzio Parmigiano Reggiano conferma la necessità di un'efficace brand journalism, per imprese di ogni settore

I primi due anni del progetto di Parmigiano Reggiano

A due anni dal suo lancio, “Scaglie”, il progetto editoriale di Parmigiano Reggiano, raggiunge 10 milioni di utenti. Un traguardo festeggiato con un restyling grafico e una riorganizzazione dei contenuti, presentati con immagini firmate da illustratori di fama, e un maggior spazio al multimediale. “Scaglie” si avvale della direzione strategica e creativa di Paolo Iabichino, con l’apporto dell’agenzia di content marketing LUZ. Il suo scopo consiste nel fare storytelling rispetto al territorio in cui viene prodotto il famoso formaggio, apprezzato in tutto il mondo: il 55% della produzione è destinato al mercato Italia, mentre il 45% viene esportato.

Brand Journalism: una via obbligata per ogni azienda

“Scaglie” è un esempio virtuoso di brand journalism, il giornalismo di impresa che non punta direttamente a promuovere l’acquisto del prodotto, ma che ne mette in risalto gli aspetti valori, con il rigore e l’affidabilità che è tipica del mestiere giornalistico. In questo caso, si tratta appunto del territorio, che rappresenta un vero e proprio asset in termini di garanzia di qualità e di rispetto della natura. Un’attitudine che consente alla narrazione di spostarsi agevolmente e senza forzature anche in altri territori, come ad esempio nell’articolo che vediamo nella foto di apertura di questo pezzo: quello dedicato a Mauro, che ha vissuto per decenni da eremita sulla spiaggia sarda di Budelli, facendo parlare di se’ in tutto il mondo, soprattutto dopo essere stato costretto a lasciare quel paradiso terrestre, controvoglia. 

Corporate media: storia e ultime evoluzioni

Con “Scaglie”, il Consorzio Parmigiano Reggiano ha fatto una scelta che anche diverse aziende stanno seguendo: editare un proprio corporate media, nella consapevolezza che nella comunicazione moderna “every company is a media company” (come da citazione del celebre Tom Foremski). Ogni azienda è quindi diventata un’azienda editoriale, che produca pneumatici o generi alimentari non fa alcuna differenza. Per questo, gestire il proprio news-flow nel caos dell’infodemia richiede un controllo diretto sul media. Averne uno di proprietà, gestito da giornalisti specializzati, è la via maestra: altri casi famosi in Italia sono “Fine Dining Lovers” di Sanpellegrino e Acqua Panna (gruppo Nestlè) e “Ocean Words” di Rio Mare (anch'essi firmati da Iabichino), mentre all’estero spiccano “The Cleanest Line” di Patagonia e “The Red Bulletin” di Red Bull. La storia dei corporate media affonda le radici nel 1895 quando John Deere, leader nella produzione delle macchine agricole, pubblicò il primo numero di “The Furrow”, un magazine tuttora in circolazione. Ancora più clamoroso è il caso della “Guida Michelin”, lanciata nel 1889, in corrispondenza con la nascita del brand di gomme per veicoli: magnificando le destinazioni turistiche, le vendite decollarono, senza nemmeno bisogno di una propaganda diretta. Oggi, nell’era della disintermediazione, questa esigenza è sempre più pressante: i prodotti si affermano se comunicano un valore che vada oltre la loro qualità e solo un’efficace brand journalism riesce a creare nel pubblico l’engagement necessario.
 

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