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Emicrania, l’intervista alla presidente Al.Ce. Alessandra Sorrentino: star bene si può
Sorrentino (Al.Ce.): "Quando si impara a chiedere aiuto è il momento in cui si impara anche a parlare del proprio dolore"

Emicrania e sensibilizzazione, l’intervista ad Alessandra Sorrentino Presidente di Al.Ce.: dalla sua esperienza personale alla lotta per i diritti dei pazienti
In occasione della recente diffusione delle campagne di sensibilizzazione sull’emicrania, promosse dagli studenti dell’Università di Bologna del corso “Comunicazione d’Impresa”, Comm To Action ha avuto l’opportunità di intervistare Alessandra Sorrentino, presidente di Alleanza Cefalalgici (Al.Ce.) e figura di spicco nell’ambito della sensibilizzazione su questa patologia. Alessandra non è solo una voce autorevole nel settore, ma anche una paziente emicranica che ha trasformato la propria esperienza personale in un impegno concreto per migliorare la qualità della vita di chi convive con questa condizione. Il suo percorso dimostra come la comunicazione possa diventare uno strumento essenziale per informare e creare consapevolezza.
Ripercorrendo la sua storia, Alessandra racconta di soffrire di emicrania fin dall’infanzia: “Soffro di emicrania da quando avevo 4 anni. Ricordo i pomeriggi nella casa al mare, giù in Campania. Mio fratello era fuori a giocare, io ero in una stanza al letto, al buio, e la sola luce che filtrava tra le tapparelle per me era accecante. Ricordo perfettamente due cose di quelle giornate: il dolore sugli occhi che durava ore ed ore e a cui non potevo dare rimedio, e il senso di sollievo quando andava via”. Nonostante le difficoltà, la diagnosi tardava ad arrivare e i primi tentativi di cura si concentrarono su problemi di vista, rivelatisi poi non pertinenti.
L’adolescenza è stata particolarmente complessa, tra fraintendimenti e isolamento sociale: “A scuola ero spesso fraintesa, considerata la 'sfigata' di turno. Tutti pensavano che i miei attacchi di emicrania fossero solo delle scuse per non studiare o non presentarsi alle interrogazioni”. Con il passare del tempo, i sintomi si sono aggravati fino all’emicrania con aura, che l’ha accompagnata fino ai 25 anni, manifestandosi in diverse forme, tra cui quella afasica, che rende impossibile esprimersi verbalmente per alcuni minuti.
L’aggravarsi della malattia ha avuto un punto di svolta nel 2020, un anno segnato da un lutto significativo che ha contribuito alla cronicizzazione della patologia: “Avevo attacchi 20-25 giorni al mese. Voleva dire non vivere più. Sono arrivata a ingerire antidolorifici di qualsiasi genere, senza distinzioni e senza ricordarmene più il numero. Fin quando non sono stata ricoverata nel gennaio 2021”. Durante il ricovero ha affrontato un percorso di disintossicazione dai farmaci, comprendendo finalmente la natura neurologica della sua malattia e la necessità di un trattamento personalizzato.
Da questa esperienza è nato il suo blog, Le parole dell’emicrania, con l’intento di fornire informazioni e supporto a chi si trovava nella sua stessa situazione: “Mi accorsi subito che mancava l’esperienza diretta del paziente, e allora pensai… Soffro di emicrania da quando avevo 4 anni, di mestiere faccio la copywriter: apro un blog”. Il successo di questa iniziativa ha segnato l’inizio di un impegno più ampio, che l’ha portata a entrare in Alleanza Cefalalgici come volontaria fino a diventarne presidente.
Il ruolo di guida dell’associazione è per lei un compito di grande responsabilità, ma anche una fonte di soddisfazione personale: “Per me è una grande responsabilità, ma è soprattutto un regalo meraviglioso che la vita mi ha fatto. Non mi sarei mai aspettata che da un blog la mia persona potesse diventare uno strumento di comunicazione capace di aiutare qualcun altro e capace di abbattere le barriere dello stigma”.
Al.Ce. opera su più fronti per sostenere i pazienti, dai gruppi di auto-mutuo aiuto, dove le persone possono condividere la propria esperienza senza timore di giudizi, all’advocacy politica per garantire un miglior accesso alle cure. L’associazione lavora anche alla promozione del Migraine Friendly Workplace, una certificazione rivolta alle aziende che adottano misure per rendere l’ambiente lavorativo più inclusivo per chi soffre di emicrania. “Nel nostro paese possiamo richiedere il riconoscimento dell’invalidità civile, ma se manca una cultura della malattia in azienda quel foglio di carta non basterà a tutelarci”.
Sorrentino sottolinea l’importanza della comunicazione nella lotta contro lo stigma, evidenziando il valore delle campagne universitarie: “Trovo sia eccezionale che un’istituzione come l’università si sia fatta carico di questa iniziativa. Stiamo lavorando per creare diversi progetti rivolti a bambini e adolescenti, ma il fatto che la comunicazione parta proprio da loro, come accade per il vostro lavoro, è un cambio di prospettiva incredibile”. Tra gli aspetti che più l’hanno colpita, il ricorso all’ironia: “L’ironia mi ha salvata, anche nei momenti peggiori. L’ironia colpisce e arriva anche a quella persona che i clichè li usa davvero!”.
Oggi, la sua condizione è sotto controllo grazie a un trattamento efficace, che le ha permesso di recuperare la qualità della vita: “Continuo ad avere degli attacchi, certo, ma adesso è lontano il periodo in cui il mal di testa era il mio incubo. È lontano il momento in cui vivevo con l’ansia di dover uscire con le pastiglie in tasca”. Per lei, il percorso di accettazione e gestione della malattia è una rivalsa: “Il mio cervello è fatto così. Io sono fatta così, e lo sono anche grazie alla mia malattia”.
Infine, rivolge un messaggio di speranza a tutti coloro che convivono con l’emicrania: “Il messaggio che lascio sempre, e che spero arrivi sempre a tutte le persone che soffrono di questa patologia, è che star bene si può. È difficile, è un percorso tortuoso, però star bene si può. Non ci si deve abituare al dolore, non si deve avere paura, e laddove la paura vince, è fondamentale chiedere aiuto. Quando si impara a chiedere aiuto è il momento in cui si impara anche a parlare del proprio dolore. Che il percorso per stare bene delle generazioni future sia più breve rispetto al mio”.