Corporate - Il giornale delle imprese
Non solo ristori per il comparto orafo, ma più solida struttura aziendale
Lepre: "Il comparto può vincere la sfida, ma senza vie di mezzo". Con il Recovery Plan possibile un'inversione di tendenza e maggiori possibilità per le aziende
Come sarà il mercato dei preziosi in Italia post Covid? L’oreficeria è uno dei comparti maggiormente colpiti dagli effetti della pandemia con una perdita di oltre 2 miliardi di euro. Un’autentica mazzata anche per un comparto concentrato nei principali poli di Arezzo, Vicenza, Valenza Po e Napoli-Caserta e che occupa un ruolo importante all’interno del fashion. Per Gianni Lepre, docente alla Lum e opinionista del Tg2, l’oreficeria è un mondo a parte. “Il comparto può vincere la sfida, ma senza vie di mezzo. O si fa un salto di qualità o si declina”.
E’ una critica alle istituzioni ed alle misure di ristoro? Sono convinto che alle imprese in genere, non solo a quelle dell’oreficeria, servano più le infrastrutture e i servizi che incentivi o prebende. Nel caso del Covid, non si può peraltro ignorare lo stato di necessità. Non si tratta di misure per sostenere aziende decotte, ma di linfa vitale per consentire a chi non può svolgere la propria attività, se non in forma ridotta, di superare la fase emergenziale.
Le risorse sono state erogate, anche se con importi relativamente contenuti e con tempistiche inadeguate. Non mi riferisco all’esiguità di certe erogazioni, almeno sul piano generale. L’aspetto che non condivido, nell’approccio del governo precedente e di quello attuale, è la scarsa attenzione a settori particolarmente colpiti dalla pandemia, come quello dei preziosi, che ha un altro fattore di criticità: la piccola e frammentata dimensione media delle imprese.
Cosa avrebbe dovuto fare il governo? Misure fiscali peculiari, come l’azzeramento delle contribuzioni per un lungo lasso di tempo, ed incentivi per la formazione dei nuovi quadri in un contesto in cui purtroppo si fa fatica a trovare apprendisti in grado di subentrare agli antichi maestri della professione.
Le cose però non sono andate come lei auspicava. Cosa fare allora? Chiudere baracca e burattini? Non escludo, purtroppo, che qualche ridimensionamento ulteriore ci potrà essere, anche nei prossimi mesi. Ma, guardando avanti, resto fiducioso. Siamo alla vigilia di una inversione di tendenza, con il Recovery Plan le aziende del settore avranno l’opportunità di riposizionarsi su standard di mercato e giro d’affari più consoni alle proprie potenzialità. Gli imprenditori stanno facendo la loro parte, spetta adesso alle istituzioni creare le condizioni di ripartenza del settore.
Quale sarà il nuovo scenario? Non ho la presunzione di avere ricette magiche. E’ peraltro evidente che l’esperienza Covid ha determinato una accelerazione dell’innovazione digitale. Sul piano della commercializzazione, il business on line è diventato ancora più strategico. Ed è in questa direzione, soprattutto, che le imprese orafe possono e devono sviluppare nuove strategie. Specie quelle di Napoli e Caserta, dove si concentra gran parte dell’oreficeria meridionale. Per queste imprese, di piccole dimensioni e frammentate in laboratori artigianali, è venuto il momento di attrezzarsi in maniera strutturale per aumentare la presenza sui mercati internazionali.
Digitalizzazione per la globalizzazione? Chi non si adeguerà rischierà seriamente di essere tagliato fuori. La sostenibilità è il parametro di un nuovo modello di sviluppo. Ma si tratta di rivedere, anche radicalmente, i processi produttivi e commerciali, coniugando l’ecosostenibilità con il mercato globale, non certo tornando a rinserrarsi nell’ambito dei propri confini. Solo così può ripartire.