Corporate - Il giornale delle imprese

Nutrizione e integrazione sportiva: il Dottor Atanasio De Meo analizza sfide e strategie per ottimizzare la performance nel calcio professionistico

Dottor De Meo: “Si cerca sempre più di personalizzare il piano alimentare del calciatore evitando diete standardizzate e comprendendo le necessità individuali”

di Redazione Corporate

Un approfondimento con il Dottor Atanasio De Meo sull'importanza della corretta alimentazione, dell’integrazione e della gestione della performance sportiva nel calcio

La nuova intervista al Dottor Atanasio De Meo approfondisce il tema della nutrizione e dell’integrazione sportiva, analizzando sfide e strategie che caratterizzano questo ambito in continua evoluzione.

Il Dottor De Meo, laureato in Farmacia e in Scienze della Nutrizione, ha sviluppato una carriera multidisciplinare che lo ha reso un punto di riferimento nel campo della nutrizione applicata allo sport. Con oltre un decennio di esperienza nel settore farmaceutico, ha ampliato le sue competenze conseguendo una laurea in Scienze e Tecnologie del Fitness e specializzandosi attraverso diversi master universitari in ambiti quali la nutrizione clinica e sportiva.

Grazie alla sua profonda conoscenza del rapporto tra alimentazione, integrazione e prestazione atletica, ha maturato un'importante esperienza nel mondo dello sport, con un focus particolare sul calcio professionistico. Ha ricoperto ruoli di responsabilità come nutrizionista per club di rilievo, tra cui l’U.S. Lecce, il Foggia Calcio, Juve Stabia e Como Calcio, contribuendo a ottimizzare la preparazione fisica e il recupero degli atleti attraverso strategie nutrizionali personalizzate. La sua competenza e il suo approccio basato su evidenze scientifiche lo hanno reso una figura chiave per la gestione della performance sportiva, affermandolo come uno dei maggiori esperti nella nutrizione applicata al calcio.

Oggi il calciatore, soprattutto a livello d’élite, è considerato un atleta a tutto tondo e, di conseguenza, viene trattato come tale. In questo contesto, l’alimentazione riveste un ruolo fondamentale. Il calciatore utilizza il proprio corpo come strumento di lavoro ed è naturale pensare che il carburante che assume sia determinante per mantenere un buono stato di salute e garantire una performance ottimale” ha dichiarato il Dottor De Meo.

Il Dottore, ha spiegato che rispetto al passato, vi è una maggiore attenzione alla valutazione degli aspetti legati alla performance. “Si cerca sempre più di personalizzare il piano alimentare, evitando di fornire diete standardizzate e cercando invece di comprendere le necessità individuali, i gusti personali e le eventuali criticità legate a intolleranze o allergie alimentari”. Spesso ci si trova di fronte a calciatori provenienti da contesti culturali diversi, con abitudini alimentari differenti, motivo per cui l’alimentazione non può essere generalizzata.

Fino a qualche anno fa” ha proseguito il Dottor De Meo, “il regime alimentare di un calciatore era piuttosto standardizzato: pasta al pomodoro, prosciutto crudo e grana prima della partita. Oggi, invece, c’è molta più attenzione a questi aspetti. Il calciatore è più consapevole e riesce a percepire eventuali problemi digestivi legati a determinati alimenti, evitando che il pasto pre-gara possa influenzare negativamente la prestazione”.

Il Dottore ha affermato che la performance sportiva è il risultato di un complesso di interazioni tra lo sforzo muscolare e lo stress psicofisico. Un’alimentazione scorretta può causare disturbi gastrointestinali, compromettendo così il rendimento dell’atleta.

Uno degli errori più comuni commessi dagli atleti è modificare il proprio regime alimentare il giorno della gara, nella convinzione che quanto fatto durante la settimana non sia sufficiente. In realtà, è esattamente il contrario: l’intestino andrebbe allenato esattamente come i muscoli, attraverso quello che viene definito ‘gut training’. Questo significa abituare il corpo ad assorbire e digerire gli alimenti che verranno introdotti nei giorni di gara, affinché siano riconosciuti e metabolizzati correttamente, riducendo il rischio di disturbi gastrointestinali come reflusso, acidità, meteorismo o dissenteria”, ha affermato il Dottor De Meo.

Gli alimenti pro-infiammatori e quelli ricchi di conservanti, coloranti e additivi, classificati come ultra-processati, dovrebbero essere evitati, ha raccomandato il Dottore. Il calciatore è sottoposto a un continuo stress fisico, che genera micro-infiammazioni. Se questi processi infiammatori vengono accentuati da un’alimentazione scorretta, il recupero post-esercizio può risultare compromesso.

Il Dottor De Meo, ha sottolineato come prodotti preconfezionati come biscotti, merendine e snack dolci ad alto contenuto di zuccheri semplici, bevande zuccherate e gassate, salumi e insaccati come pancetta, speck, mortadella e salame, sono tutti alimenti con un alto potere calorico ma scarso valore nutrizionale, che possono influire negativamente sul recupero e sulla performance.

Un intestino in equilibrio è fondamentale per la performance atletica. Esistono numerosi casi di alterazioni della flora intestinale dovute a infezioni batteriche, scarsa qualità del cibo o contaminazioni alimentari. Questi squilibri possono causare gonfiore addominale, stitichezza, meteorismo e altri disturbi, ma anche sintomi extra-gastrointestinali che compromettono l’efficienza del metabolismo energetico e il recupero post-gara” ha dichiarato il Dottor De Meo.

Il numero di pasti giornalieri per un calciatore professionista varia in base alle esigenze individuali. Alcuni atleti preferiscono pasti frequenti e leggeri, mentre altri gestiscono meglio la loro energia con intervalli più lunghi tra un pasto e l’altro. Il Dottor De Meo ha affermato che è fondamentale ascoltare il feedback del calciatore e personalizzare l’alimentazione in base alle sue necessità, evitando il falso mito secondo cui mangiare di più migliora la prestazione. In realtà, è la qualità degli alimenti introdotti a fare la differenza.

Un altro aspetto da considerare è che il processo digestivo è complesso: inizia con la masticazione e termina con l’evacuazione. Se il corpo deve dedicare gran parte delle sue risorse alla performance sportiva, non può contemporaneamente gestire una digestione impegnativa. Per questo motivo, negli sport con forte impatto fisico come il calcio, è preferibile evitare pasti troppo abbondanti prima della gara, per non compromettere la prestazione” ha consigliato De Meo.

Un tema molto importante è l’utilizzo improprio di farmaci e integratori da parte dei calciatori. Spesso gli atleti assumono farmaci come se fossero integratori e viceversa. Come ha spiegato il Dottore, un uso smodato di antinfiammatori, gastroprotettori o cortisone per ridurre il dolore e la fatica può avere effetti dannosi a lungo termine su reni, fegato e sistema cardiovascolare.

Secondo quanto riportato dal Dottor De Meo, c’è ancora molta diffidenza nei confronti di integratori sicuri e di qualità, come amminoacidi, proteine in polvere, creatina o omega-3. Molti atleti temono che possano causare danni alla salute, mentre invece potrebbero apportare benefici significativi se utilizzati correttamente. Una buona integrazione, basata su sostanze di qualità, può aiutare il recupero e la performance, evitando il ricorso frequente a farmaci dannosi.

Un problema culturale diffuso è che spesso un calciatore assume con leggerezza un antidolorifico, ma rifiuta un integratore per paura degli effetti collaterali. Questo deriva da una scarsa informazione e da una gestione superficiale della farmacologia nel mondo dello sport.

Nel calcio esiste ancora una forte influenza della scaramanzia e di abitudini basate sui risultati. Se un giocatore assume un antidolorifico e segna due gol, continuerà a prenderlo ogni domenica, anche se gli viene spiegato che non è la scelta migliore. Questo tipo di mentalità va contrastato con un approccio scientifico e basato su dati oggettivi” ha affermato il Dottor De Meo.

È fondamentale diffondere una corretta educazione alimentare e medica, non solo tra gli atleti ma anche tra i professionisti che li seguono. Spesso, all’interno di un team di specialisti, vi sono visioni contrastanti, e il calciatore si ritrova in mezzo a pareri discordanti. Servirebbe un maggiore allineamento tra i componenti degli staff sanitari e tecnici nelle squadre per garantire agli atleti scelte consapevoli e informate.

La gestione della performance” ha concluso il Dottor De Meo, “non si limita solo all’alimentazione, ma coinvolge anche il sonno, il recupero e la gestione dello stress. Troppo spesso manca un’educazione sanitaria adeguata su questi aspetti, e il nostro compito è quello di lavorare affinché le nuove generazioni di atleti possano avere una preparazione più solida e consapevole”.