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Slot e VLT: giochi di serie B? Ecco come lo Stato si danneggia da solo
In Italia le slot machine e le videolottery subiscono misure più restrittive degli altri giochi, che configurano un trattamento discriminatorio denunciato spesso dagli operatori

Gioco, Slot e VLT: un trattamento iniquo che danneggia lo Stato
In Italia le slot machine e le videolottery subiscono misure più restrittive degli altri giochi. Distanze obbligatorie, orari limitati, percentuali delle vincite ridotte e tasse elevate che configurano un trattamento discriminatorio denunciato spesso dagli operatori. Tutte condizioni che danneggiano gettito erariale, occupazione ed efficiente organizzazione del mercato.
Solo le slot nei bar e le sale con slot/VLT sono soggette, nelle varie - e differenti tra loro - leggi regionali al distanziometro (distanza minima da luoghi sensibili), mentre pressoché ovunque scommesse, Gratta e Vinci e ovviamente, giochi online ne sono esenti. Analogamente, molti Comuni impongono limiti orari alle slot/VLT, ma non prevedono riduzioni per gli altri giochi.
Vi sono divari marcati anche sul piano economico. La tassazione su slot e VLT è la più alta: il PREU preleva il 24% delle giocate sulle AWP (8,6% sulle VLT) – circa il 70% del margine dopo il pagamento delle vincite – contro imposte minori sulle scommesse (20% del margine); sul gioco online ancora il prelievo è intorno al 25%.
A causa della intensa pressione fiscale cresciuta nel tempo, le slot possono restituire in vincite una quota molto più bassa (65% delle Giocate per le AWP, le classiche slot a monetine, 84% per VLT) rispetto agli altri giochi, che in media restituiscono in vincite al giocatore tra il 75% e il 95% degli importi giocati.
Al contempo Inoltre le vincite di oltre 500 € alle VLT subiscono una ritenuta extra del 20%, anche in questo caso la più alta tra i prodotti di gioco. Questa situazione “paradossale” configura squilibri concorrenziali che favoriscono i segmenti meno tassati e regolati.
Le disparità attuali producono effetti opposti a quelli sperati. Anziché ridurre il gioco, le restrizioni spostano la spesa verso canali e prodotti alternativi: il gioco online (senza vincoli di orario) ha triplicato i volumi e molti giocatori – a partire dai giocatori patologici – si sono reimmersi nell’illegale. Chi resta fedele alle slot, invece, finisce per essere più scontento spendendo di più: con payout più bassi aumenta il “costo” del gioco e si riducono le vincite, che costituiscono la principale dinamica di intrattenimento di questo prodotto.
Per l’Erario c’è soprattutto un mancato gettito. Se il volume di giocate su AWP/VLT è calato nel tempo di circa il 23%; grazie agli aumenti di aliquota impositiva il gettito fiscale è sceso solo del 16%, ma si tratta di un minor gettito ampiamente superiore al miliardo di euro. In sostanza, tassare di più un settore in crisi ha spinto i giocatori verso giochi meno tassati o non tassati per niente, perché illegali. Intanto molti operatori del comparto slot hanno chiuso, e migliaia di redditi da lavoro nelle nostre città sono andati persi, direttamente nel settore del gioco e indirettamente negli esercizi pubblici.
Meno punti di gioco legale significano meno presidio territoriale e più gioco d’azzardo illegale, con un costo ulteriore stimato in almeno 500 milioni di euro l’anno di ulteriore minor gettito complessivo (entrate tributarie di tutti i tipi perdute per ogni 10 mila esercizi chiusi).
Alla vigilia di una riforma del gioco pubblico attesa in Parlamento, queste evidenze indicano l’urgenza di un riequilibrio. Riequilibrare regole e prelievi tra i vari giochi consentirebbe di eliminare disparità; un approccio più equo tutelerebbe i giocatori senza penalizzare un solo segmento a vantaggio di altri, salvaguardando sia le entrate erariali che l’occupazione, contrastando inoltre meglio il gioco patologico grazie al consolidamento economico dell’offerta legale.
La disparità di trattamento regolatorio non è solo ingiusta, ma si sta confermando controproducente: il gettito da giochi risulta in calo (ulteriori 200 milioni in meno nel 2024 sul 2023), nonostante i giocatori giochino più di prima.
I numeri del 2024 confermano il paradosso: la raccolta totale (le puntate dei giocatori) è salita a circa 157 miliardi di euro (+6,7% sul 2023). Anche la spesa netta dei giocatori (le perdite al netto delle vincite) è aumentata (+0,5% sul 2023 e ben +12% sul 2018%). Eppure, per la prima volta, il gettito per lo Stato è diminuito.
In un mercato in espansione è un segnale allarmante: significa che una quota crescente di giocate sfugge alla tassazione (e probabilmente anche alla corretta regolamentazione). La causa principale è proprio lo spostamento dei giocatori verso prodotti meno tassati e più accessibili. Il boom del gioco online, gestito con aliquote molto inferiori al gioco fisico, ha fatto crescere i suoi volumi senza un analogo aumento di entrate. In altre parole, i cittadini spendono di più, ma scelgono giochi su cui l’Erario incassa meno in quanto spinti in quella direzione proprio dalle regole volute dallo Stato stesso. Un paradosso senza spiegazioni razionali, di uno Stato distonico e persino autolesionista per i suoi conti e i suoi cittadini, a partire dai più deboli.
Le slot e VLT hanno storicamente garantito allo Stato il maggior gettito: fino al 2019 fornivano circa i tre quindi delle entrate da giochi grazie ai volumi giocati e a un fisco già allora elevatissimo. Ancora oggi contribuiscono per circa 5,4 miliardi di euro l’anno – la metà del gettito di tutto il settore – quota superiore a qualsiasi altro singolo gioco pubblico e chiaramente da consolidare e ristrutturare in vista delle future concessioni, per definirne il corretto quadro economico e finanziario.
In definitiva, colpire in modo squilibrato slot e VLT equivale a un autogol per lo Stato. Si penalizza il segmento più redditizio e controllato da sistemi tecnologici, spingendo i giocatori verso forme di gioco meno remunerative per l’Erario e meno tracciabili.
Per tutelare le entrate pubbliche e la sostenibilità del settore (occupazione e gioco responsabile), serve inderogabilmente un riequilibrio normativo: regole e prelievi più uniformi e sostenibili su tutti i giochi, evitando disparità che incentivano la fuga verso il “far west” del gioco irregolare o, peggio, di quello illegale che passa per i canali online. Solo così lo Stato eviterà di danneggiare sé stesso e la collettività favorendo, sia pure inconsciamente, i prodotti meno redditizi e talvolta anche meno controllabili.