Economia

Oro, effetto Trump sui prezzi e rischio Le Pen. Metallo giallo al top

Rischio politico in Europa ed effetto Trump sui prezzi: l'oro sale in funzione reflattiva e bene rifugio

I prezzi dell'oro hanno ripreso a salire, attestandosi sui massimi da tre mesi, dopo che le attese degli investitori su un imminente rialzo dei tassi d'interesse da parte della Federal Reserve si sono ridotte. Nel dettaglio il metallo prezioso ha registrato un massimo intraday a quota 1.259,83 dollari l'oncia. Dalle minute del Fomc è emerso che un rialzo dei tassi di interesse è previsto "abbastanza presto", ma la poca chiarezza sulle tempistiche della prossima mossa e' stata interpretata dagli investitori come un segnale del fatto che la Fed non agirà il mese prossimo.

L'oro è in rally dall'inizio di quest'anno, dato l'incremento della domanda di beni rifugio dovuto all'incertezza politica negli Stati Uniti e in Europa, nonostante il calo degli acquisti da parte della Cina e dell'India, due Paesi che tradizionalmente costituiscono la metà della domanda globale del metallo giallo. Inoltre, l'oro viene acquistato anche perché se le politiche espansive promesse da Donald Trump si tramuteranno come atteso in un aumento dell'inflazione globale, il metallo giallo potrebbe tornare a svolgere la sua funzione protettiva in caso di reflazione. Una scelta fatta da molti fondi internazionali alla ricerca di rendimenti che spostani i capitali dall'obbligazionario verso Wall Street, gli Emerging e le commodity

Sempre per quanto riguarda il comparto delle commodity, i Paesi Opec e non hanno effettuato l'86% dei tagli alla produzione di greggio previsti dall'accordo di novembre, secondo quanto riferisce l'agenzia di Stato del Kuwait, Kuna. Dato che, in base a quanto gia' annunciato, i Paesi membri hanno ridotto l'output del 94%, gli ultimi dati indicano che gli Stati non appartenenti al cartello hanno tagliato la loro produzione in misura inferiore.

Quella della Russia, ad esempio, è scesa di soli 100.000 barili al giorno a gennaio, ossia di un terzo rispetto a quanto stabilito. Il 30 novembre scorso i 13 Paesi dell'Opec hanno concordato di ridurre nettamente la produzione di petrolio di 1,2 milioni di barili al giorno, al fine di abbassare l'offerta e spingere cosi' al rialzo i prezzi dell'oro nero. A dicembre inoltre, il gruppo di 11 Paesi non appartenenti all'Organizzazione, inclusa la Russia, ha deciso di tagliare l'output di greggio di 558.000 barili al giorno.