Economia

Pechino gioca con la moneta. Quella guerra valutaria mai finita...

Quali saranno dunque le conseguenze pratiche per un investitore in euro di questa “guerra non dichiarata” delle valute? Un ulteriore aumento della volatilità sui mercati emergenti, che dunque per il momento restano da guardare da lontano senza farsi prendere dalla tentazione di comprare a tutti i costi, ma non eccessivi ulteriori smottamenti sul mercato dei cambi o su quello dei tassi. A breve l’avversione per il rischio è comunque destinata a rimanere elevata e questo potrà rendere fragili anche Wall Street (alle prese con la stagione delle trimestrali) e le borse europee (che prestano il fianco a episodi come quelli che hanno colpito Renault e Fiat Chrysler Automobiles in settimana). Visto che i tassi a breve restano negativi e quelli sui bond a medio termine vicini a zero, se siete liquidi, restate tali ancora qualche giorno o settimana, perché occasioni per investire a prezzi anche più bassi non dovrebbero mancare.

Se invece volete provare ad approfittare di qualche giornata particolarmente negativa, iniziate gradualmente a riscoprire titoli ciclici come Fiat Chrysler Automobiles, Telecom Italia, Mediaset o anche Eni, magari con un occhio a chi nel settore finanziario sta per fare annunci straordinari come Bpm, contesa da Banco Popolare (dato per favorito) e Ubi Banca e che già a fine mese o a metà febbraio potrebbe fare la sua scelta, in base all’offerta migliore (e al peso in termini di poltrone che si avrà nelle due ipotesi).

Per chi infine vuole giocare fuori casa, il dollaro non si dovrebbe apprezzare ulteriormente ma non cadrà di sicuro e Wall Street resta un mercato da cui non si dovrebbe essere mai completamente assenti. Meglio in questo caso puntare su un fondo azionario (o bilanciato, ma non obbligazionario visto che la Federal Reserve sembra voler proseguire con la politica dei piccoli passi e lascia già intendere che nel 2016 ci saranno altri 4 rialzi da un quarto di punto l’uno) o anche su un Etf che replichi l’indice S&P500 così da evitare rischi specifici legati alla selezione dei titoli o alla maggiore volatilità delle “small cap”.

Luca Spoldi