Petrolio/ Morando (Economia): preoccupa il rischio deflazione
Di Alberto Maggi (@AlbertoMaggi74)
"Essendo l'Italia un paese manifatturiero e che ha bisogno di molta energia, non essendo un paese produttore di petrolio, se non per quote piccole rispetto al fabbisogno, il calo del prezzo del petrolio è un aspetto che ci avvantaggia, se visto in una visione limitata al tema del costo dell'energia che dobbiamo importare". Il vice-ministro dell'Economia Enrico Morando, intervistato da Affaritaliani.it, commenta il nuovo calo del prezzo del petrolio sui mercati internazionali. "Però - spiega il numero due del ministero dell'Economia - il calo del prezzo del petrolio così violento e tale per cui si ipotizza possa durare a lungo, alimenta un rischio, molto grave per l'economia mondiale, che è quello della deflazione. La preoccupazione quindi c'è, nel senso che i governi e le banche centrali hanno imparato nella storia del capitalismo a misurarsi con efficacia con il problema della iper-inflazione, ma le esperienze dicono che è molto più difficile governare, nel senso di risolvere, il problema della deflazione, come dimostra molto bene il caso del Giappone. In questo senso, la caduta sistematica del prezzo del petrolio fino a questi livelli mai visti prima è certamente fonte di preoccupazione per il nesso che ha con il tema del rischio della deflazione".
E' possibile una revisione delle stime di crescita del Pil italiano visto anche il brutto dato della produzione industriale a novembre? "Sul tema della produzione industriale, se non valgono le previsioni del governo valgano almeno quelle del Bollettino di Bankitalia. E basta leggerlo per vedere che anno su anno la situazione sta migliorando. Il Bollettino di Bankitalia attesta che il miglioramento degli indici italiani è dovuto a fattori internazionali ma anche ai risultati della politica economica del governo. Gli indicatori fondamentali dell'economia italiana volgono finalmente in modo coerente verso il segno positivo, quindi non c'è nessuna ragione per rivedere gli obiettivi di crescita che abbiamo previsto e che consideriamo realistici. Fattori al di fuori del nostro controllo, come il prezzo del petrolio che si è ridotto molto al di là delle previsioni generando il rischio deflazione, sono stati indicati come rischi nei documenti di bilancio per la realizzazione dei nostri obiettivi. E assieme al petrolio c'è anche l'andamento delle economie emergenti".
"I paesi emergenti - spiega Morando - non daranno più nel 2016 e si presume anche nel 2017 il contributo alla crescita che invece hanno dato in questi ultimi anni. Alcuni sono in una vera fase di recessione, penso al Brasile e per certi aspetti alla Russia, mentre altri che crescono, come la Cina, non cresceranno più ai ritmi di prima. Ci sono dei fattori di incertezza che sono stati indicati fin dall'inizio come tali, e la nostra previsione è stata fatta scontando che il contributo maggiore possa venire dai consumi interni e dagli investimenti e non dalle esportazioni, che, proprio a causa di ciò che abbiamo detto finora, potrebbero stabilizzarsi o addirittura dare un contributo minore alla crescita. C'è quindi una conferma delle previsione, assieme alla consapevolezza che i fattori di rischio - deflazione e paesi emergenti - che erano stati indicati sono effettivi, reali e potrebbero determinare conseguenze. Ma sono fattori che non sono sotto il nostro controllo".
Quanto ha perso lo Stato italiano con il calo del prezzo della benzina? "E' possibile fare un confronto anno su anno, ma non conosco questo dato. Non c'è dubbio che la riduzione del prezzo del petrolio determini una riduzione degli incassi per lo Stato. Certamente, però, se fosse solo questo, e cioè se non ci fosse quell'effetto di carattere generale circa il rischio deflazione, il sacrificio in termini fiscali e di gettito che ci viene imposto dalla riduzione del prezzo del petrolio sarebbe più che compensato dal vantaggio che l'economia italiana ha ad avere un costo dell'energia così basso. La preoccupazione nasce quando il prezzo delle materie prime, petrolio in testa, è così basso che rischia di favorire l'istaurarsi di una situazione di deflazione, che poi è difficilissima da risolvere".