Economia

Pil, col vaccino normalità a giugno. Ma livelli pre-Covid solo nel 2023

Le previsioni di BlackRock e del governatore di BankItalia Ignazio Visco

Con il vaccino Pfizer-BioNTech su cui l’Europa sta accelerando con il disco verde del 21 dicembre da parte dell’Agenzia europea dei medicina (Ema), l’economia tornerà a normalizzarsi nel secondo semestre del 2021. Parola di BlackRock, il più grande asset manager del mondo con oltre 7.429 miliardi di dollari di masse gestite, secondo cui anche se le ricadute del Covid-19 sono state forti, l'economia dovrebbe recuperare abbastanza rapidamente terreno, anche grazie all'arrivo dei vaccini.

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"Ci aspettiamo che i vaccini porteranno a una quasi completa normalizzazione dell'attività economica dalla seconda metà del 2021”, ha spiegato infatti Bruno Rovelli, chief investment strategist di BlackRock Italia, presentando il Global Outlook per il 2021, spiegando che, guardando allo scenario per il prossimo anno e per i prossimi 12-24 mesi, ci sono tre elementi fondamentali da tenere in considerazione, ovvero il nuovo equilibrio per i tassi nominali, la riconfigurazione della globalizzazione e l'accelerazione dei trend strutturali. In un contesto di questo tipo “solitamente i tassi cominciano a salire, ma non crediamo che sia questa la modalità che vedremo nei prossimi 12-24 mesi, perchè le banche centrali sono entrate in nuova modalità quindi ci aspettiamo che i tassi restino sostanzialmente fermi nei prossimi anni, certo ci sarà una pressione al rialzo, ma modesta”, ha aggiunto Rovelli, sottolineando che "aspettative di inflazione più elevate non implicano un forte rialzo dei tassi”.

Per quanto riguarda l’economia italiana, il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, ha spiegato che per tornare ai livelli di Pil che avevamo prima della pandemia ci vorrà almeno un anno e mezzo, nella metà del 2023, mentre per tornare sui livelli di prodotto prima del 2007 servirà più tempo. Nel frattempo l'Italia avrà vissuto circa un ventennio di ristagno, dopo un lungo periodo di crescita debole.

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Per comprendere le ragioni del "deludente andamento" dell'economia italiana - ha sottolineato il governatore durante la lectio magistralis in occasione della cerimonia online di inaugurazione dell'anno accademico 2020-2021 del Gran Sasso Science Institute dell’Aquila - è necessario riflettere sulle determinanti della produttività delle imprese e sulle conseguenze dei grandi cambiamenti avvenuti a partire dagli anni Novanta dello scorso secolo, in particolare l'accelerazione del progresso tecnologico, con lo sviluppo delle nuove tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni, e il processo di integrazione internazionale dei mercati. A questi cambiamenti "il Paese non ha saputo far fronte, accumulando gravi ritardi, in particolare nell'ambito della ricerca e dell'innovazione, della digitalizzazione e in ultima istanza nella quantità e nella qualità del capitale umano".

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Il governatore ha poi messo in evidenza che "se le imprese italiane avessero la stessa struttura dimensionale di quelle tedesche, la produttività media del lavoro nell'industria e nei servizi di mercato sarebbe superiore di oltre il 20%, superando anche il livello della Germania". Per questo motivo, ha spiegato il numero uno di Via Nazionale, "è essenziale attuare riforme volte a creare condizioni più favorevoli alla crescita delle imprese, ridurre gli oneri amministrativi e burocratici che ne ostacolano gli investimenti, aumentare la qualità e l'efficienza dei servizi pubblici". In questi anni, la capacità di adattamento della pubblica amministrazione alle nuove esigenze del mondo produttivo "e' stata particolarmente limitata". Ai ritardi nell'ammodernamento delle infrastrutture, materiali e immateriali, si e' affiancato "l'insufficiente utilizzo delle potenzialità delle nuove tecnologie nei processi amministrativi con oneri cospicui a carico delle imprese e dell'intera societa'".

Le imprese italiane, anche a causa delle loro ridotte dimensioni, non sembrano essere in grado di trarre "pienamente" vantaggio dall'adozione delle tecnologie digitali, che richiedono il possesso di adeguate competenze e capacità gestionali. Di conseguenza, ha continuato Visco, non solo la produzione di beni e servizi digitali risulta bassa, ma anche il loro utilizzo da parte delle imprese e delle famiglie è modesto. A proposito del sistema della ricerca in Italia, "per quantità di risorse impiegate, è chiaramente sottodimensionato rispetto al peso economico del nostro Paese". Eppure, ha aggiunto, "più di quanto a volte riconosciuto nel dibattito pubblico, l'Italia può vantare un sistema della ricerca di qualità in complesso elevata, comparabile a quella dei maggiori paesi europei. Se valorizzati con investimenti adeguati, questi risultati - ha sottolineato il governatore - permetterebbero all'Italia di partecipare al sistema della ricerca europea su un piano almeno paritario e di attingere alle ingenti risorse che l'Europa destina ai progetti di ricerca in misura ben più elevata di quanto oggi sia in grado di fare".

Questo potrebbe costituire una "leva fondamentale per lo sviluppo economico". Un maggiore impegno finanziario, sia pubblico sia privato, andrebbe corredato con una più chiara strategia di lungo termine, ha affermato Visco. Con una popolazione calante, "continuare a migliorare gli standard di vita e riportare la dinamica del Pil intorno all'1,5% (il valore medio annuo registrato nei dieci anni precedenti la crisi finanziaria globale) richiederà un incremento medio della produttività del lavoro di poco meno di un punto percentuale all'anno. E' un obiettivo alla nostra portata ma che, per essere conseguito, necessita un netto recupero nei campi della ricerca, della digitalizzazione e dell'istruzione", ha spiegato il governatore.

Uno "straordinario sostegno" per colmare i ritardi nella ricerca, nella digitalizzazione e nella trasformazione in una economia a basse emissioni inquinanti, può provenire dalle risorse del programma Next Generation Eu, ha continuato Visco sottolineando come "il piano, che entra ora nella fase cruciale della definizione e dell'attuazione degli interventi, deve favorire un rafforzamento del tessuto produttivo e della capacità di azione delle nostre amministrazioni pubbliche; può svolgere un ruolo cruciale nel cambiare il contesto in cui operano le imprese, mettendole in grado di rispondere in modo efficace non solo alle sfide del progresso tecnologico e della globalizzazione, ma anche a quelle che saranno poste dall'eredita' della crisi pandemica, a partire dai possibili mutamenti delle abitudini di consumo, delle modalita' di interazione sociale, dell'organizzazione dell'attivita' produttiva".

"Il rafforzamento dell'istruzione deve avere un ruolo centrale - ha concluso - l'esiguità dell'investimento in conoscenza e un insufficiente riconoscimento della sua fondamentale importanza da parte della societa' e' una delle principali ragioni del nostro progressivo declino. La conoscenza va intesa in senso ampio, rimuovendo steccati tra i saperi che limitano la crescita culturale”.