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Economia
Privatizzazioni, il piano del governo su Mps, Enav, Ferrovie, Poste e porti

Privatizzazioni, il piano del governo

È essenziale continuare con le privatizzazioni per ottenere risorse finanziarie. La situazione economica è difficile, con un debito pubblico elevato e poche risorse a disposizione. Il governo Meloni, impegnato nella preparazione della nuova Legge di bilancio per il 2025, e pressato dalla scadenza del 20 settembre, data entro la quale dovrà presentare alla Commissione europea il Piano strutturale di bilancio di medio termine – il piano di rientro dal deficit eccessivo previsto dal nuovo Patto di stabilità e crescita – sta valutando ogni possibile strategia per raccogliere miliardi di euro. Lo scrive Finanza On Line.

Tra le strategie, figura quella già annunciata delle privatizzazioni, ossia la vendita di ulteriori quote statali in alcune aziende partecipate. I nomi sono quelli noti: Mps, Eni, Poste Italiane, Ferrovie dello Stato. Secondo quanto riportato dal quotidiano Il Messaggero, il governo Meloni intende ora accelerare il processo, puntando a raccogliere tra 5 e 6 miliardi di euro dalle privatizzazioni nel 2025.

Un altro obiettivo è mantenere comunque il controllo statale nelle società coinvolte. Finora, il governo ha incassato 3 miliardi di euro dalla vendita di partecipazioni in Mps e Eni. Nel caso di Mps, ancora sotto il controllo del Tesoro come azionista principale, il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha venduto una prima quota del 25% alla fine dello scorso anno, incassando circa 920 milioni di euro, attraverso una procedura accelerata di raccolta ordini ("Accelerated Book Building – ABB"), seguita da un'ulteriore vendita del 12,5% all'inizio di quest'anno, che ha portato altri 650 milioni nelle casse dello Stato.

Si attende ancora una terza mossa del governo Meloni riguardo Mps, che finora non è stata concretizzata, scrive Finanza On Line. A tal proposito, Equita SIM ha ricordato che lo Stato dovrebbe ridurre la sua partecipazione in Mps, che è scesa dal 64% circa al 26,7% dopo i due smobilizzi, al di sotto del 20% entro la fine del 2024, come stabilito negli accordi con Bruxelles.

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La SIM ritiene che ci sia la possibilità di negoziare un posticipo della scadenza, considerando che, secondo le indiscrezioni riportate da Il Messaggero, il governo Meloni sta facendo valutazioni strategiche. L'obiettivo è evitare che il Monte dei Paschi di Siena (Mps) sia vulnerabile a un'OPA da parte di un investitore straniero e sta considerando l'opzione di trovare un partner industriale (nelle scorse settimane si era parlato di Unipol come possibile nuovo partner nel settore assicurativo).

Resta comunque da capire se il governo Meloni abbia davvero l'intenzione di abbandonare del tutto l'istituto senese. Secondo Equita, è ancora incerta la reale volontà politica di uscire completamente dal capitale della banca. Per ora, le indiscrezioni indicano che Mps rimane uno degli asset su cui l'esecutivo intende agire per dare nuovo impulso al processo di privatizzazione, con la possibilità di vendere un'ulteriore quota, magari entro la fine dell'anno.

A metà maggio, un altro passo del piano di privatizzazioni del governo Meloni ha riguardato Eni: sono state vendute 91.965.735 azioni ordinarie del colosso energetico guidato dall'amministratore delegato Claudio Descalzi, pari a circa il 2,8% del capitale sociale. Anche questa operazione è avvenuta attraverso un ‘Accelerated Book Building – ABB’, riservato agli investitori qualificati in Italia e agli investitori istituzionali esteri, con un ricavato di 1,4 miliardi di euro.

In totale, tra Mps ed Eni, lo Stato ha incassato 3 miliardi di euro, nell'ambito di un piano triennale di privatizzazioni che punta a raccogliere 20 miliardi di euro, con l'obiettivo di arginare il deterioramento dei conti pubblici. I tecnici stanno considerando la possibilità di replicare il modello degli aeroporti anche con i porti, aprendo ai privati la gestione dei porti e permettendo l’ingresso di fondi di investimento, visto che il business portuale e della logistica ha costi e ricavi relativamente stabili.

Non è ancora chiaro se questa apertura ai privati riguarderà ogni singolo porto o se si potrebbe creare una super Autorità portuale. In ogni caso, nel nuovo polo, lo Stato manterrebbe comunque una quota di maggioranza o di controllo, poiché si tratta di infrastrutture strategiche per il Paese.

A partire dal 2025, potrebbero essere prese in considerazione altre privatizzazioni, coinvolgendo Ferrovie dello Stato e Trenitalia. Secondo Equita, le intenzioni del governo Meloni non si fermerebbero qui: è in discussione anche la creazione di un fondo ad hoc in cui conferire una parte dell’enorme patrimonio immobiliare pubblico (stimato in 1,8 trilioni di euro), dove, secondo il Mef, il valore degli immobili "cedibili" sarebbe di circa 300 miliardi di euro.

Per quanto riguarda Enav, si ipotizza la vendita di un 20% del capitale, da cui lo Stato potrebbe ricavare 400 milioni di euro. Secondo il quotidiano, il gruppo guidato da Matteo Del Fante rimane "uno dei più appetibili sul mercato", e già "dall'inizio dell'estate" si discute della possibile mossa del Tesoro su Poste Italiane.

Equita SIM ha ricordato che "lo Stato possiede complessivamente il 64,3% di Poste, di cui il 29,3% è detenuto dal MEF e il 35% attraverso CDP". Riguardo a una possibile iniziativa del governo Meloni sul gruppo quotato al Ftse Mib di Piazza Affari, Equita SIM ha sottolineato che "Poste Italiane rappresenta un'opzione concreta per lo Stato per raccogliere nuove risorse".

"Sulla base degli accordi con i sindacati, il Governo si è impegnato a mantenere una quota di almeno il 50% in Poste, anche se il decreto approvato dal Consiglio dei Ministri a gennaio (che non è stato formalizzato dopo il parere favorevole delle commissioni parlamentari) consentirebbe di scendere fino al 35%," ricorda la SIM, riportando le indiscrezioni del quotidiano. La vendita del 15% di Poste Italiane potrebbe portare allo Stato circa 2,4 miliardi di euro ai prezzi attuali," ha aggiunto Equita.






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