Economia
Ray Dalio, scommessa persa contro l'Italia
Ray Dalio: Piazza Affari e la politica italiana mettono ko il numero uno di Bridgewater
Ci sono partite che quando finiscono si sa subito chi ha vinto e chi ha perso. E’ il bello del tennis, lo sport che non ammette pareggi. Nel mondo della grande finanza spesso le cose non sono mai così chiare né così nette: il mondo denaro è infinitamente più complesso del tennis e di un sacco di altre cose che accadono su questa Terra.
Ma a volte, come nelle fiabe che cominciano con un inequivocabile “C’era una volta”, anche la finanza si trasforma e l’esito ci appare netto come match di Wimbledon.
Così cari amici è accaduto al mitico Ray Dalio, con un patrimonio personale di 16 miliardi di dollari è uno degli uomini più ricchi del pianeta, ma è soprattutto il fondatore e numero uno di Bridgewater, l’hedge fund più grande al mondo: 160 miliardi di dollari in gestione.
Pronti con la storia? Incomincia così: c’era una volta Dalio (e per sua fortuna c’è ancora adesso) l’uomo di lontani origini italiane che ha scommesso più di un miliardo di dollari contro il cuore del sistema creditizio nazionale - UniCredit, Intesa e altre blue chip - convinto di sbancare al Casino di San Remo.
1,3 miliardi di dollari per chi ne può schierarne 160 è un bruscolino. Ma per la relativamente piccola Borsa italiana è un’onda d’urto non trascurabile: 713 milioni di dollari contro i titoli azionari finanziari, e altri 600 milioni circa contro il settore energetico del nostro paese. Non male, vero?
Quando il prode Dalio schierò i suoi carrarmati sui tavolo del Risiko ci fu chi disse “no”, perderà anche questa volta (Dalio non è nuovo a imprese simili): quella voce sicura e per certi versi discordante, era quella di Messina, l’AD di Banca Intesa che affermò: “Perderanno significative opportunità di guadagnare con queste buone azioni italiane”. I fatti gli hanno dato ragione, e la Borsa – giudice arbitro inappellabile - ha esclamato la fine del gioco, della partita e dell’incontro.
Un altro che l’aveva vista giusta come spesso gli capita, è Giovanni Tamburi, il numero uno della “Tamburi & Associati”. Intervistato da “Affari Italiani” giusto prima di Sanremo, affermava: “Ray Dalio ha fatto un ragionamento banale: i mercati sono ai massimi, l’Italia ha corso più di altri, e adesso abbiamo anche delle incertissime elezioni alle porte. Cosa di meglio che giocarci contro e fare un po' di can can? A mio avviso, se non si sbriga a chiudere i suoi short, almeno su certe aziende che un po’ credo di conoscere, rischia di bruciarsi le dita".
Insomma, l’insight che ha mosso le scelte di Dalio è la politica, sempre lei, la maledetta politica. Una tentazione più forte persino della casa di marzapane di Hansel e Gretel, che spesso si rivela essere il classico cerino con cui, come profetizzava Tamburi, ci si scotta le dita.
Ray Dalio in un'intervista rilasciata un anno fa a Henry Blodget (ex guru dell'era geologica delle mille bolle blu di internet, oggi Ceo di Business Insider) ha svelato qual è stata la sua chiave di fortuna, ammettendo di aver preso qualche spunto dai grandi personaggi come Warren Buffett, ma più di tutto a guidarlo verso la vetta dei mercati, non sono stati i consigli o lo studio, ma l'esperienza personale, ed in particolare gli errori.
Diceva Niels Bohr "un esperto è uno che ha fatto tutti gli errori possibili nel suo campo", e si sa che sui mercati non esiste un limite o un confine all'esperienza, ogni epoca e ogni ciclo di mercato è capace di creare sorprese che ogni volta strabiliano, anche i veterani, anche i dominatori dell'Universo, categoria di cui Ray Dalio non solo è socio ad honorem ma è uomo di vertice.
Ray Dalio non è solo l'uomo con una potenza di fuoco infinita in termini di denaro, ma è anche un'autorità verbale in grado di dare una direzione alla politica monetaria americana, responsabilità che dovrebbe essere un'esclusiva del board della Federal Reserve, ed è qui che emerge il potere persuasivo del personaggio: un suo giudizio entra in Eccles Building e fa rumore, fa tendenza.
Nel 2015 mise in guardia la Fed avvisando che un aumento dei tassi d'interesse in un momento così delicato, avrebbe prodotto un rischio sull'economia USA paragonabile a quanto accaduto nel 1937, ufficialmente un ammonimento, velatamente una "minaccia", ma capace di persuadere tutto il consiglio che rinviò sine die la stretta monetaria.
Cotanta potenza, carisma e intelligenza contro il nostro paese è finita contro un muro invalicabile, perché non solo Dalio scommise contro l'Italia, ma a inizio 2018 raddoppiò la puntata e alla vigilia delle elezioni politiche addirittura triplicò confidando sul caos legislativo e finanziario.
Ed è andata veramente così, come la strategia di Dalio aveva preventivato, purtroppo per lui, non aveva messo in conto la forza nascente, il potenziale inespresso delle nostre aziende che proprio ora inizia a dispiegarsi e la grande opera di sacrificio e di ristrutturazione messa in opera dalle banche italiane che dall'inizio dell'operazione di Dalio a oggi hanno avuto un recupero medio di settore di quasi il 30%.
Messina l'aveva avvisato "Dalio perderà un sacco di soldi", Tamburi l'aveva avvertito "se non chiude in fretta si brucerà le dita", una volta era il Piave a ad avvertire "non passa lo straniero". Dopo Caporetto ci fu Vittorio Veneto, così per Piazza Affari, la sconfitta del 2011 è servita da lezione, senza dimenticare che oggi c'è un gendarme a nome Mario Draghi che in ogni momento è capace di far scorrere fiumi d'acqua in aiuto, che non hanno la gloria del Piave, ma che sanno bene dove colpire. Il match point questa volta è in mano all'Italia, la politica italiana non può essere paragonata a un tennista di grande livello, ma questa volta può fare l'ace, e guadagnarsi il rispetto della finanza mondiale. La prossima volta, pensateci due volte prima di attaccare.
@paninoelistino