Economia

"Usa in recessione? Falso allarme. Ma i dazi di Trump peseranno sulla crescita economica almeno fino al 2027"

L'economia americana scricchiola, i mercati crollano. La Trumpeconomics non ha avuto l'efficacia sperata? L'intervista ad Antonio Tognoli, analista finanziario e CFO di Sim

di Rosa Nasti

Economia americana ferma, ma non in recessione. Trump e i suoi dazi rallentano la crescita degli Usa

Negli ultimi mesi, gli indizi di una possibile recessione negli Stati Uniti si sono moltiplicati: Wall Street in rosso, i dati stagnanti sull’occupazione, le mosse contraddittorie sui dazi, l’impatto negativo dei tagli al settore pubblico annunciati da Musk.

A sei settimane dal ritorno di Trump alla Casa Bianca, il motore produttivo più potente del mondo sembra incepparsi. Lo stesso tycoon non nega il rischio di una contrazione dell'economia, liquidando però la questione con un secco: "Odio fare previsioni del genere". Ma la recessione è davvero alle porte? La Trumpeconomics sta già tradendo le aspettative? Affaritaliani.it ne ha parlato con Antonio Tognoli, analista finanziario e CFO di Sim.

"Al momento, non credo si possa parlare di recessione. Sono passate sei settimane, e con un'economia che cresce intorno al 2-3%, è difficile aspettarsi una contrazione immediata, anche se vedremo. La maggior parte dei dazi sono stati annunciati, ma non sono ancora entrati in vigore, ed è un aspetto importante da considerare", spiega l'esperto.

Aggiunge poi: "Un altro fattore da tenere in conto riguarda l'indicatore GDP della Fed di Atlanta, che è un dato predittivo del PIL del trimestre in corso. Questo è passato da +3 a -2,5. Va sottolineato che si tratta di un dato volatile, non assoluto, ma di tendenza. Quindi, se l'indicatore scende da +2,5 a -2,5, non significa che il PIL scenderà effettivamente di quel valore nel primo trimestre. Significa piuttosto che la tendenza è al ribasso, ma questo era prevedibile, dato che la politica monetaria rimane restrittiva", sottolinea.

E qual è, quindi, il problema? "Non si sta considerando un aspetto fondamentale", spiega Tognoli. "I consumatori stanno diventando più cauti negli acquisti, e questo potrebbe portare a una riduzione del tasso di crescita del PIL. Quindi, non parliamo di un prodotto interno lordo negativo, ma di un suo raffreddamento. E cosa significa questo? Siamo di fronte a un rallentamento e non a una recessione". 

Tognoli spiega che "l’economia americana è per oltre il 70% guidata dai consumi, quindi i consumatori sono il cuore delle aspettative di crescita". Ed è proprio qui che entra in gioco Trump. "Dopo l'annuncio dei dazi", aggiunge l'esperto, "i consumatori hanno cambiato le proprie previsioni, anticipando un'inflazione più alta nel 2025 rispetto a tre mesi fa. Non solo: hanno anche modificato le loro aspettative riguardo al mercato del lavoro. In pratica, significa che le prospettive di ulteriori aumenti di reddito, che spingerebbero i consumi, si sono ridotte."

Così arriviamo al "lunedì nero" dei mercati, dove tutti e tre i principali indici azionari statunitensi hanno registrato cali significativi: l’S&P 500 ha perso il 2,7%, mentre il Nasdaq Composite è sceso del 4%.  "Fino ad ora, due fattori principali avevano sostenuto la crescita dei mercati", continua Tognoli. "Il primo era l'espansione del mercato oltre le Magnifiche 7. In secondo luogo, c'è il fatto che, come abbiamo visto il PIL sta rallentando. E chi influisce sul PIL? Le imprese." Che cosa significa? "Che se i consumatori riducono le spese, il tasso di crescita del Pil diminuisce, e di conseguenza anche gli utili delle imprese. Questo rende difficile mantenere i valori a cui sono arrivati i mercati, perché il tasso di crescita degli utili sarà probabilmente rivisto al ribasso", spiega l'analista.

Ma quindi questa Trumpeconomics si è rivelata deludente? "Per il momento sì", conclude Tognoli. "Lo slogan 'Make America Great Again' è valido in linea generale, ma bisogna capire da quale punto più basso partire per far sì che l'America possa davvero tornare grande. In altre parole, è giusto voler riportare in patria una parte della produzione che oggi si trova all'estero, soprattutto in Europa, per dare un respiro all'economia americana. Ma non si può fare con uno schiocco di dita. Se metti i dazi, l'effetto è immediato, mentre per riportare la produzione all'interno del paese ci vorranno almeno due anni, se tutto va bene. Quindi, se per ora questa è la sua politica, almeno per altri due anni il Paese soffrirà."

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