Economia
Sanità, allarme Upb: "Servono più risorse, carenza cronica di personale"
Va bene investire i soldi del Pnrr in nuove strutture, ma poi è necessaria spesa corrente per mantenere a regime i presidi
Sanità, l'allarme dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio: "Serve più spesa corrente"
Un monito indiretto, ma nemmeno tanto, sulla riforma dell’autonomia differenziata e una serie di perplessità sull’attuazione del Pnrr nella parte che riguarda il riassetto dell’assistenza sanitaria territoriale. L’Ufficio parlamentare di bilancio, ossia l’organismo indipendente che vigila sui nostri conti pubblici, verga un focus che riguarda proprio il riordino delle cure di prossimità e in un passaggio avverte: “Per equiparare la quantità e la qualità dei servizi nel Paese è necessario operare uno sforzo collettivo volto a garantire più risorse alle aree più deboli”. Un avviso ai naviganti che non ha bisogno di interpretazioni. Il riferimento concreto, infatti, è ai servizi sanitari, ma è chiaro che il discorso può essere tranquillamente esteso a tutti i Lep (Livelli essenziali delle prestazioni).
Per il resto, l’Upb rinnova circa il sistema sanitario una perplessità che in verità serpeggia su molti aspetti del Piano di ripresa e resilienza: se pure si raggiungono gli obiettivi e si realizzano gli investimenti previsti, poi ne scaturiscono strutture e presidi che necessitano di spesa corrente per essere mantenuti a regime oltre il termine naturale del Recovery (2026). Ed è lì che si nascondono spesso le insidie maggiori, legate alla persistente logica dei tagli ai servizi primari.
Il focus dei guardiani dei conti pubblici infatti riflette: “Rimangono alcuni dubbi sulla valutazione delle risorse correnti necessarie a rendere operative le nuove strutture di assistenza sanitaria territoriale”. Non a caso, servirà a regime “più di un miliardo per dare continuità ai servizi di assistenza domiciliare e quando gli Ospedali di comunità saranno disponibili si dovranno reperire 239 milioni per il relativo personale”.
La questione della carenza di organico nel Ssn, la difficoltà a reperirlo e la perdita di attrattività del lavoro in sanità “stanno diventando un’emergenza” e “peraltro, la programmazione finanziaria per il triennio iniziato nel 2023 implica un ridimensionamento della quota del prodotto allocata alla sanità pubblica, che renderebbe difficile potenziarne i servizi, anche in presenza di una riorganizzazione degli stessi”, aggiunge l’Ufficio parlamentare di bilancio.
I numeri ci raccontano in modo ricorrente che all’appello mancano almeno 20mila camici bianchi e 60-70mila infermieri, con un deficit molto forte in particolare per i medici di base. Insomma, i traguardi del Pnrr saranno pure giusti e decisivi per la crescita del Paese, ma la vera sfida inizierà dopo averli (eventualmente) raggiunti. Inoltre, malgrado la missione sia anche quella di ridurre i gap tra le varie aree del Paese, l’Upb osserva come “potranno rimanere significativi squilibri territoriali nella disponibilità di Case della comunità e Ospedali di comunità e, per quanto riguarda l’assistenza domiciliare, le Regioni più avanzate hanno preteso una compensazione a fronte di un riparto volto a uniformare i punti di arrivo”.
Proprio su quest’ultimo punto, infine, va detto che si è cercato di rispettare il vincolo del 40% delle risorse da destinare al Sud, ma dalle tabelle del focus si evince che l’obiettivo non risulta raggiunto in particolare sulle nasciture Centrali operative territoriali (Cot), per cui la quota al Mezzogiorno si ferma al 34% in nome di una flessibilità legata ad altri parametri (una Cot ogni 100mila abitanti). Tirando le somme, il Pnrr è un po’ come una dieta: non basta raggiungere il peso forma, poi si tratta di mantenerlo nel tempo.