Economia
Scatta il risiko dei supermercati. Investimenti, fusioni e acquisizioni
Le mosse di Upim, Esselunga, Vegè, Bennet, Conad-Auchan...
Segnali moderatamente positivi per la grande distribuzione (Gdo) italiana: secondo i numeri dei primi nove mesi il mercato riesce a tenere, quando non a crescere (soprattutto al Centro-Sud, mentre al Nord le vendite faticano maggiormente), senza dover far ricorso in modo preponderante ad attività promozionali, semmai sfruttando le nuove aperture, come nel caso di Aldi, multinazionale che in meno di due anni dal suo sbarco in Italia è ormai arrivata a 70 punti vendita in sei regioni del Nord Italia (18 store solo nel Veneto). Accanto ai nomi emergenti, qual’è la situazione delle catene storiche?
In casa Coin-Oviesse, dallo scorso anno nell’orbita di Tamburi Investemt Partners (primo socio col 22,7% del capitale) l’amministratore delegato Stefano Beraldo punta molto sul rilancio del brand Upim, al centro di una nuova campagna pubblicitaria in onda sulle reti nazionali, ma anche su Blukids e Croff. Dopo il lancio dell’e-commerce a marzo, il nuovo flagship store Upim è stato inaugurato di recente a Milano, in via Marghera, mentre la rete di punti vendita ha raggiunto i 450 negozi di cui un centinaio di grandi dimensioni (240 sono a marchio Upim, 200 Bluekids mentre 8 sono Croff ma nuove aperture sono previste l’anno venturo).
Per consolidare i risultati, che hanno già visto l’Ebitda di Upim passare da un rosso di 7 milioni nel 2010 (quando Coin lo rilevò) a 25 milioni in positivo lo scorso anno (e quest’anno ci si dovrebbe avvicinare a quota 30 milioni) si punta molto sul fattore umano, ossia sul concetto di negozio come luogo non solo di acquisto ma anche di relax, oltre che a sfruttare le partnership siglate con Pan Panorama e Finiper che ha già portato all’apertura di nove negozi all’interno delle piastre commerciali delle due catene. Tra coloro che continuano a puntare molto sulle attività promozionali vi è invece il leader di settore, Esselunga (150 supermercati e ipermercati in gran parte concentrati in quattro regioni: Lombardia, Piemonte, Toscana ed Emilia Romagna) e i risultati per ora le danno ragione.
Nel primo semestre dell’anno le vendite hanno superato i 4 miliardi, con una crescita del 2,9% sullo stesso periodo del 2018. Salvo colpi di scena, la catena fondata da Bernardo Caprotti a fine anno vedrà il direttore generale Sami Kahale succedere a Carlo Salza (prossimo presidente) sulla poltrona di amministratore delegato. Nel nuovo ruolo Kahale potrà rafforzare ulteriormente la svolta che ha visto il gruppo espandersi dalla semplice distribuzione alla produzione diretta di gastronomia e piatti pronti di qualità, facendo leva sui quattro poli industriali che producono oltre 50 mila tonnellate all’anno di specialità e piatti pronti. Diretti concorrenti di Esselunga, Bennet e Vegé hanno appena annunciato il matrimonio dell’anno venturo.
Dal prossimo primo gennaio Bennet, leader nel settore degli ipermercati e dei centri commerciali nel Nord Italia, ma rafforzatosi anche nell’ecommerce, apporterà la sua rete di 63 punti vendita, in cui lavorano circa 7 mila dipendenti per un giro d’affari di 1,6 miliardi l’anno, al gruppo Vegé, tra i gruppi cresciuti maggiormente in questi ultimi anni arrivando a contare 32 imprese, oltre 3.400 punti vendita concentrati in Campania, Basilicata e Sicilia, e un giro d’affari di 7,5 miliardi l’anno. Per un matrimonio in direttura d’arrivo, un’altro appena celebrato desta già molti timori: da ottobre ha infatti avuto inizio il passaggio di centinaia di negozi a marchio Auchemm Sma e Sgd a Conad, un’operazione che coinvolge ben 272 punti vendita e quasi 18 mila dipendenti (altri 33 negozi di dimensioni minori in Sicilia erano già passati al gruppo Arena) e che per i sindacati potrebbe generare migliaia di esuberi.
Il passaggio prevede infatti che i negozi trasferiti finiscano sotto il controllo di varie società costituite da piccoli imprenditori che fanno riferimento al sistema Conad. Ma il precedente dell’acquisizione, da parte di Aucham, di una parte consistente dell’ex rete Standa induce ad una grande prudenza le sigle sindacali, che sottolineano come fino a settembre Conad avesse dato rassicurazioni solo per 5.700 lavoratori e 109 negozi, ma non per i restanti 163 negozi cui fanno capo circa 11.350 dipendenti. Per cercare di rassicurare i sindacati l’azienda nel corso dell’incontro odierno al ministero dello Sviluppo economico (Mise) ha presentato un piano industriale aggiornato.
Secondo le nuove previsioni, il 60% dell’ex rete Auchan sarà integrata in Conad, che attuerà interventi sul format degli ipermercati attraverso un piano investimenti da 170 milioni di euro, offrendo anche “soluzioni occupazionali diverse” a 3.105 dipendenti grazie ad un piano di solidarietà occupazionale che prevede ricollocazioni in Conad, presso terzi (altre reti commerciali e spazi ipermercati) e presso fornitori, oltre a servizi di outplacement. Previste anche forme di mobilità “incentivata”, sostegno al reddito/occupazione (a partire dalla Cassa integrazione straordinaria), salvaguardia del lavoro in cambio di flessibilità e forme di imprenditorialità degli ex dipendenti Auchan nel sistema Conad, ed avviamento alla professione dei nuovi soci imprenditori.
Resta nebuloso anche il destino di migliaia di dipendenti dell’ex Mercatone Uno. Entrata formalmente in crisi nel 2015 quando la catena, all’epoca forte di 55 punti vendita e 3.700 dipendenti ma gravata da 450 milioni di debiti, dovette far richiesta di concordato preventivo e venne poi ammessa all’amministrazione straordinaria, venne ceduta nel 2018 in parte a due imprenditori italo-svizzeri (Valdero Rigoni e Michael Tahlman), in parte al gruppo Cosmo Spa (facente capo alla famiglia Di Nicola), già proprietario dell’insegna Globo.
Dopo pochi mesi però Rigoni e Tahlman chiesero nuovamente un concordato preventivo con l’asserita intenzione di facilitare la ristrutturazione del gruppo e l’ingresso di nuovi investitori. Nel maggio di quest’anno, tuttavia, il tribunale di Milano ha dichiarato fallita la società che in soli nove mesi aveva già accumulato 90 milioni di debiti con perdite nell’ordine di 5-6 milioni al mese, mentre Rigoni e gli ex vertici societari finiscono indagati per bancarotta fraudolenta. Il destino di Mercatone Uno è così in mano ai tecnici del Mise che già entro domani dovrebbero far sapere chi tra gli undici gruppi che hanno avanzato un’offerta vincolante sarà il nuovo proprietario di marchio e negozi e che sorte faranno i suoi dipendenti.