Economia
SpaceX e Boeing, sfida tra le stelle.Il razzo di Musk rilancia Avio e Leonardo
Ai 2 colossi Usa contratti miliardari per sviluppare razzi e navicelle riutilizzabili.Ma pure Avio e Leonardo sono in grado di recitare un ruolo da protagonisti
La corsa allo sfruttamento commerciale (e militare) dello spazio accende la competizione tra colossi americani come Boeing e SpaceX, in questi giorni impegnati in una sorta di continua rincorsa con la prima che ha lanciato lo scorso 17 maggio da Cape Canaveral il “mini-shuttle” automatico X-37B, alla sua sesta missione segreta, la prima per conto della recentemente fondata US Space Force, e la seconda che è riuscita, sempre dalla storica base spaziale della Nasa (l’ente spaziale americano), a far decollare il primo volo con equipaggio della nuova navicella riutilizzabile Space Dragon verso la Stazione spaziale internazionale (Iss).
A bordo della Space Dragon (che in futuro si alternerà con la CST-100 di Boeing) tornano nello spazio per la loro terza missione due veterani della Nasa, Bob Behnken e Doug Hurley. La Nasa ha puntato molto sullo sviluppo di un programma commerciale misto pubblico-privato che consentisse di abbattere i costi e sviluppare nuova tecnologia e per riuscirci ha già assegnato contratti miliardari a entrambe le aziende.
Boeing finora ha ottenuto circa 4,8 miliardi per progettare, sviluppare e realizzare la CST-100, mentre a SpaceX, azienda che fa capo a Elon Musk, proprietario anche di Tesla e che si è impegnata a tagliare a 23 milioni di dollari per lancio il costo per “passeggero pagante” (un terzo dei 76 milioni per astronauta che la Nasa pagava nel 2014 all’ente spaziale russo per usarne le navicelle Soyuz, costo poi calato intorno ai 70 milioni per astronauta) sono finora andati oltre 3,15 miliardi per la Crew Dragon e più di 1,6 miliardi per la versione cargo della stessa navicella, che porterà rifornimenti alla Iss alternandosi con la navicella Cygnus di Orbital Sciences (cui sono andati altri 1,9 miliardi).
Cifre che restano inavvicinabili da questa parte dell’Atlantico, dove pure l’Esa, l’Agenzia spaziale europea fondata giusto 45 anni fa (il 30 maggio 1975) ha in questi giorni annunciato che gli addetti ai lavori “stanno tornando allo spazioporto europeo di Kourou, nella Guyana francese per riprendere i preparativi per i lanci dei missili Vega e Ariane 5” e che “anche la costruzione della nuova piattaforma di lancio di Ariane 6 è stata riavviata”. Proprio il missile Vega, che quest’estate porterà nello spazio un carico di piccoli satelliti, usando un nuovo distributore chiamato Small Spacecraft Mission Service, è un lanciatore per carichi leggeri in orbita terrestre bassa sviluppato in collaborazione con l’Asi (l’agenzia spaziale italiana).
Il Vega è un razzo a quattro stadi, spinto da altrettanti motori (il P80 per il primo stadio, lo Zefiro 23 per il secondo, lo Zefiro 9 per il terzo e l’Avum per il quarto), i primi tre dei quali realizzati da Avio, società quotata alla borsa di Milano che in settimana ha annunciato un ordine da Mbda del valore complessivo di oltre 50 milioni di euro. Si tratta, notano gli analisti di Equita Sim, di un ordine “minore” ma che contribuisce a dare ulteriore visibilità a medio termine al business. In tutti il 2020 gli ordini attesi da Avio dovrebbero raggiungere un controvalore complessivo di 700-775 milioni di euro, a fronte di un portafoglio ordini di 669 milioni di euro a fine 2019.
Oltre a continuare lo sviluppo di due nuovi motori (il P120, per il nuovo razzo Ariane 5, e lo Zefiro 40 per la nuova versione del Vega), Avio nel quadriennio 2022-2025, periodo per il quale ha ottenuto 490 milioni di fondi dall’Esa per lo sviluppo di nuovi lanciatori (tra cui il Vega-E per il cui studio erano già stati ottenuti 53 milioni), parteciperà allo sviluppo della prima navicella italo-europea riutilizzabile, la Space Rider, per il cui studio finora sono stati assegnati una quarantina di milioni ad Avio e Thales Alenia Space Italy.
Quest’ultima è l’ex Alcatel Alenia Space, ridenominata così dopo che la francese Thales ha rilevato dalla connazionale Alcatel l’intera partecipazione alle due joint-venture con Leonardo in ambito spaziale e da sola fattura circa 2,5 miliardi di euro all’anno. Nella “alleanza per lo spazio” coi francesi Leonardo possiede il 33% di Thales Alenia Space e il 67% di Telespazio.
Se la prima si occupa di fabbricare satelliti e strutture orbitanti, la seconda è responsabile dello sviluppo e gestione dei sistemi di terra, delle operazioni e dei servizi satellitari. Con le sua controllate Leonardo, che pochi giorni fa ha confermato Alessandro Profumo quale amministratore delegato è presente da anni nei principali programmi spaziali internazionali, come Galileo, Copernicus e Cosmo-SkyMed, nelle missioni ExoMars, BepiColombo, Euclid e Rosetta, oltre che nella stessa Iss.
Per Leonardo lo spazio è un fiore all’occhiello, ma dal peso relativamente contenuto: nel 2019 l’Ebitda del settore spaziale è calato a 39 milioni di euro (dai 58 milioni dell’anno precedente e rispetto ai 1.251 milioni a livelli di gruppo) a causa della crescente competizione nel comparto manifatturiero e per il 2020, prima che scoppiasse la pandemia di Covid-19, le attese erano per un 2020 nel complesso in linea con lo scorso anno a livello di ricavi ma con un recupero dei margini grazie all’atteso recupero del comparto manifatturiero e ad ulteriori miglioramenti dei risultati del settore servizi, ossia di Telespazio.
Proprio Telespazio in questi giorni ha presentato il progetto Mistral, finanziato dalla Regione Campania e al quale partecipano aziende e centri di ricerca spaziale campani come Ohb Italia, Cira, Euro.Soft, Ali, Tsd Space, Sab Aerospace, Srsed, Powerflex, Lead Tech, Antares, le università di Napoli Federico II e Parthenope, il Cnr e l’Enea. Mistral (MIni-SaTellite con capacità di Rientro Avio-Lanciabile) sarà un sistema di rientro atmosferico “intelligente” tramite il quale si potrà recuperare una capsula agganciata a una micro-piattaforma spaziale multi-ruolo e aviolanciabile, di 40-50 kg di peso.
Un progetto innovativo, che potrebbe essere impiegato anche per ridurre i detriti, supportando il rientro di sistemi spaziali a fine vita, che dimostra come il nostro PAese non è fatto solo di calcio e turismo, ma anche di aziende high-tech in grado di partecipare con un ruolo da protagoniste nella corsa alla “space economy” che secondo molti analisti caratterizzerà sempre più gli anni a venire. E che non è per forza destinata ad essere “l’ultima frontiera” solo dei grandi colossi a stelle e strisce.