Economia
"Il futuro delle banche", il nuovo libro di Stefano Lucchini e Andrea Zoppini

Il chief communication officer di Intesa Sanpaolo, insieme ad Andrea Zoppini, pubblica il manuale che racconta come il mondo del credito sta evolvendo
Se guardiamo alle dinamiche di mercato, nel primo decennio di questo secolo abbiamo assistito a una straordinaria ondata di operazioni di concentrazione nel settore bancario europeo. Il numero degli enti creditizi nell’Unione europea è diminuito di quasi il 30%, con un aumento delle attività del sistema bancario nel suo complesso pari a oltre il 100%. La dimensione media di un soggetto creditizio è triplicata. Anche in Italia si è osservato un processo simile: diminuzione del numero degli enti creditizi del 10%, aumento delle attività bancarie del 75% e aumento della dimensione media della banca del 10%. Purtroppo, il processo è stato bruscamente interrotto a seguito della crisi globale finanziaria.
Il progetto Unione bancaria ha tra i suoi obiettivi la creazione di un mercato bancario europeo unico, in cui una più ampia ed efficiente raccolta del risparmio, anche in una dimensione transfrontaliera tra i Paesi membri, possa generare intermediari dotati di livelli di capitalizzazione più solidi e, in ultima istanza, capaci di prestare investimenti più massicci per fronteggiare le sfide tecnologiche e ambientali del futuro.
Nel contesto della pandemia, i legislatori nazionali e quello europeo hanno affidato alle banche il ruolo chiave di “mantenere costante il flusso di credito all’economia”. L’immissione diretta di liquidità nell’economia reale – che fosse priva di un intervento di “filtro” da parte delle banche – avrebbe difatti, verosimilmente, compromesso l’efficacia allocativa delle risorse pubbliche, raggiungendo solo parzialmente i soggetti più bisognosi di supporto e disperdendosi a causa dell’impossibilità di un controllo effettivo sulla loro destinazione. Da qui la scelta compiuta dalla maggior parte dei governi di intervenire con misure dirette a sostenere la liquidità attraverso il canale bancario. L’intento dichiarato è stato dunque di riconoscere alla banca il ruolo del complesso trade-off tra l’esigenza di agevolare il rapido afflusso di risorse verso l’economia reale e quella di garantire un’allocazione che fosse, per quanto possibile, rispondente a fabbisogni effettivi e “meritevoli”, ovvero a premiare iniziative economiche dotate di solide prospettive di crescita.
Per l’attuazione degli ambiziosi obiettivi prefissati dallo European Green Deal, fra i quali la riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 40% entro il 2030 (per il loro totale azzeramento entro il 2050), l’utilizzo di una quota di almeno il 32% per energie rinnovabili, il miglioramento dell’efficienza energetica di almeno il 32,5%, sono richiesti investimenti pari a circa 180 miliardi di euro l'anno. Risulta pertanto evidente come le risorse pubbliche non possano essere in grado, da sole, di garantire l’auspicata transizione verso un sistema sostenibile: la maggior parte delle risorse dovranno inevitabilmente provenire dal sistema privato. La lotta ai cambiamenti climatici e la costruzione di un ecosistema del credito sostenibile richiedono così, anche dal settore bancario, di fare la sua parte, specialmente in due direzioni. Per un verso, alle banche verrà chiesto di migliorare il proprio impatto ambientale diretto e di utilizzare più efficientemente le risorse a disposizione. Per altro, banche e istituti finanziari dovranno progressivamente annettere i rischi legati ai cambiamenti climatici e ai disastri ambientali fra i nuovi fattori “tipici” del rischio di impresa, implementando le proprie strategia aziendali e i sistemi di governance.
Le banche stanno già dimostrando il loro impegno verso la creazione di un valore che non si misuri unicamente nella chiave del tasso di crescita, ma anche della sua direzione. Ne è esempio la diffusione di prodotti concepiti per legare il profilo dell’erogazione delle risorse finanziarie alla promozione di obiettivi di sviluppo della green e della circular economy, quali l’emissione di green e social bond, di prestiti indicizzati a obiettivi di sviluppo sostenibile e l’impiego di Esg-rating. È dunque chiaro come non sia unicamente compito dello Stato quello di assumere un rinnovato ruolo di guida dei processi di innovazione e sviluppo economico, ma anche della banca, nel farsi partecipe di questo movimento, accompagnando le aziende lungo l’intera filiera di valore verso la transizione ecologica.