Economia
Telecom, rischio spezzatino all'orizzonte
Settimana agitata per Telecom Italia in Borsa, col titolo che guadagna oltre 16 punti grazie ai movimenti interni al capitale che hanno visto i soci francesi salire complessivamente oltre il 35% del capitale. Al 20,1% di Vincent Bolloré, tramite Vivendi, che non fa mistero di essere pronto a incrementare ulteriormente la propria partecipazione di controllo fino a sfiorare il 25% oltre il quale scatta l'obbligo di Opa, si è infatti affiancata una "posizione lunga complessiva" del 15,1% abbondante da parte di Xavier Niel.
Chi è Niel? E' il patron francese di Iliad (che in Francia è il secondo internet provider e terzo gestore mobile) e tra i proprietari di Le Monde. Una posizione costruita, pare a titolo "personale" attraverso il veicolo finanziario Rock Telecom, quasi a indicare che Niel abbia "fiutato l'aria" e voluto giocare d'anticipo rispetto ad un previsto scenario di consolidamento continentale che potrebbe vedere Vodafone, Orange (l'ex France Telecom), Deutsche Telekom e Telefonica destinate a scontrarsi o accordarsi per decidere il destino della telefonia fissa e mobile nel vecchio continente, con operatori come Telecom Italia troppo piccoli (solo 23 miliardi di capitalizzazione per il gruppo italiano contro i 42 miliardi di Orange o i 78 miliardi dell'operatore tedesco) per aspirare ad essere un polo aggregante.
Di "rivoluzione francese" parlano invece gli analisti di Mediobanca Securities secondo i quali è ancora "troppo presto per trarre conclusioni" in merito alla vicenda, anche se, aggiungono, il lancio dell'Opa obbligatoria (legata all'eventuale accertamento da parte della Consob di un'azione di "concerto" tra Bolloré e Niel) appare "improbabile". Nel lungo periodo, tuttavia, un potenziale accordo transfrontaliero o un'integrazione verticale con un operatore del comparto dei media (per anni si è ipotizzato un matrimonio Telecom Italia - Mediaset, mai concretizzatosi anche per evidenti ostacoli di natura politica) "potrebbero essere alternative interessanti da esplorare per il gruppo".
L'ipotesi è condivisa anche dagli analisti di Websim (che pur esprimendo un giudizio neutrale sul titolo hanno alzato il target price da 1,17 a 1,28 euro per azione ordinaria), che in una nota sottolineano come "una volta arrivati ad un assestamento nella proprietà, i nuovi vertici potrebbero procedere con una spezzatino del gruppo, con le singole attività vendute al miglior offerente". In Brasile, ad esempio, dove pure secondo Mediobanca Securities "alla luce delle attuali valutazioni e dei cambi, un'integrazione avrebbe probabilmente più senso" per il gruppo italiano "rispetto a una cessione", si è fatto avanti in modo deciso il miliardario russo Mikhail Fridman.
Alcuni degli asset italiani potrebbero invece piacere ad Orange, ma la cautela resta d'obbligo visto che esista una clausola nella governance dell'ex monopolista telefonico italiano che mette nelle mani dello governo italiano, finora insolitamente silenzioso sulla vicenda, un ampio potere di intervento tramite la "golden power", ossia la facoltà di bloccare operazioni straordinarie sgradite (anche se sull'effettivo utilizzo di tale potere è tuttora in atto una riflessione a livello di Unione europea). Il silenzio di Roma potrebbe in realtà nascondere la volontà di Matteo Renzi di capire che gioco stanno giocando Bolloré, socio di lunga data di Mediobanca (col 5% di capitale è il secondo azionista alle spalle di Unicredit che ha l'8,7%), amico dell'ex presidente francese Nicolas Sarkozy ma in buoni rapporti anche con Silvio Berlusconi, e Niel, che finora di soldi sembra averne sborsati ben pochi, avendo costruito la "posizione lunga complessiva" con una serie di opzioni "call" che danno la facoltà (ma non l'obbligo) di procedere ad acquistare una serie di pacchetti a partire dal giugno del prossimo anno e fino al giugno 2017.