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Economia
Tim, assemblea turbolenta: bocciato il piano di remunerazione

Tim, assemblea turbolenta: bocciato il piano di remunerazione

Conferme e qualche sorpresa. L'assemblea di Tim, che si è riunita oggi, ha nominato il nuovo consiglio di amministrazione e approvato il bilancio. Prima sorpresa: una partecipazione bassa, appena il 50,77% del capitale, mentre l’attesa era di una presenza tra il 60 e il 65% delle azioni totali. Altra sorpresa, decisamente poco apprezzata, è che il bilancio si chiude con 995 milioni di euro di perdite, ripianate attraverso la riserva legale e quella da sovrapprezzo azioni e con una votazione risicata del 52% dei presenti. Altra sorpresa: bocciata la politica di remunerazione e sui compensi corrisposti con i piani di incentivazione a breve e lungo termine. Una brutta mazzata che ha registrato l’astensione in entrambi i casi del 50% degli aventi diritto.

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Nessuna sorpresa per la nomina della presidente (Alberta Figari) e del ceo Pietro Labriola, mentre fanno la loro comparsa in cda due nomi (Umberto Paolucci e soprattutto l’agguerrito Stefano Siragusa) proposti da Merlyn, che ha ottenuto il 2,38% dei voti, e un nome – Paola Giannotti de Ponti – riconducibile al fondo attivista Bluebell Capital Partners Ltd che ha ottenuto l’1,01% dei voti. Bocciato anche il piano di modifiche per le stock options previsto dal cda per il triennio 2022-2024.

Secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it la presenza di solo il 50% del capitale si spiega con la decisione di alcuni investitori di ricorrere al “prestito” dei titoli. Sembra ad esempio, che chi aveva il 3% si è presentato con solo lo 0,7%, chiaro segnale di un prestito titoli, anche se è impossibile sapere chi abbia dato a chi. Inoltre, il retail registrato è stato lievemente sotto il 3%. Si tratta di una galassia sterminata di 250mila azionisti di Tim. Gli hedge fund, invece, sono stati assenti, non avevano interesse a votare Merlyn e hanno preferito non portare le loro azioni in assemblea.

Ora per Tim si apre un nuovo capitolo, complesso. Intanto perché Vivendi, che ha deciso di non avere rappresentanti in cda, ha potuto letteralmente fare le pulci al consiglio e all’azione del management. E continuerà a farlo spalleggiata sia da Melryn – che aveva proposto a suo tempo un piano alternativo alla cessione della rete – sia di Bluebell, fondo attivista e particolarmente interessato a massimizzare il suo investimento. 

La cessione della rete non è a rischio, ci mancherebbe, ma quello che nasce è un cda meno forte, più soggetto alle temperie del mercato. E soprattutto che dovrà misurarsi con un logoramento interno che non è mai foriero di pace e tranquillità. Dopo la pubblicazione della nota di Tim le azioni, che crescevano rapidamente, hanno lievemente ritracciato, anche se sono ai massimi da due settimane a questa parte. Sullo sfondo, lo spettro delle cause legali promesse – ma non ancora partite – da  Vivendi. Allacciate le cinture.






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