Economia
Tim-Open Fiber, rete unica adieu: il piano "B" di Colao anti-niet europeo
Tim, altolà dal governo sulla rete unica. E ora che succede?
In tutto ciò, pare ormai acclarato che il governo non voglia proprio che la rete unica venga governata con la maggioranza assoluta da Tim, oltretutto a trazione francese. Questo per due ordini di motivi: il primo, regolatorio, perché sarebbe complesso da far digerire all’Antitrust che l’azienda ex-Sip sia al tempo stesso gestore della rete unica e player come tutti gli altri. Anche se formalmente non si è ancora espressa a monte della notifica del progetto di una fattispecie non vietata dal nuovo Codice europeo delle comunicazioni elettroniche, la commissaria Margrethe Vestager aveva già fatto trapelare alcune perplessità su questo meccanismo, comunque da valutare nei dettagli.
Il ministro per la Transizione digitale Vittorio Colao
Da questo punto di vista, i maligni hanno osservato come Draghi abbia preferito tenere un ministro di poco polso come Di Maio (di fatto scomparso dalle cronache) alla Farnesina per poter poi trattare in prima persona con l’Europa. Un terreno che l’ex governatore di Bankitalia conosce molto bene. E non è un caso che dal suo arrivo abbia iniziato un lento ma inesorabile lavorio ai fianchi per evitare che si creasse una compagnia sulla rete unica che quasi certamente sarebbe stata bocciata dall’Europa.
L’altro problema è squisitamente politico. La presenza di Vivendi – che nel frattempo sarebbe interessata a rilevare quote di Sky Italia e che è sempre ai ferri corti con Mediaset – in una partita così strategica non piace né a Draghi né al ministro politico più ascoltato dall’ex presidente della Bce, ovvero il solito Giorgetti.
La vicepresidente Ue Margrethe Vestager
Da Tim, per il momento, bocche cucitissime. Si aspettano le decisioni del governo prima di pensare a quale strategia adottare. Luigi Gubitosi ad agosto dell’anno scorso, mentre lanciava strali incendiari contro Open Fiber, ricordava anche che l’unico ruolo per Tim nella rete unica era quello di capofila. "Tim darà la banda ultralarga a tutta Italia – diceva - , con Open Fiber o senza. E manterrà la maggioranza di una società unica della rete, come è logico che sia. Siamo il candidato naturale a creare un’infrastruttura che risponda alle esigenze di digitalizzazione del Paese".
Oggi, dopo l’evidenza che il governo sembra aver cambiato passo rispetto al piano del precedente esecutivo, rimane soltanto da attendere. Sperando che l’ennesimo rimpallo di responsabilità non si traduca in un nuovo rinvio. Perché la velocità di connessione in Italia continua a essere pessima e, in tempo di Dad e di smart working, è un lusso che non ci si può più permettere.