Economia

Tim, riorganizzazione strategica: Noovle, Sparkle e Olivetti i primi asset

di Marco Scotti

Rumor, la riorganizzazione del gruppo in mano all'amministratore delegato Gubitosi potrebbe puntare a un riposizionamento più tecnologico

La domanda se la sono posti in tanti: a che cosa faceva riferimento la nota emessa da Tim al termine della presentazione dei conti in cui si diceva che sono al vaglio “possibili iniziative di riorganizzazione del gruppo che mirino a valorizzare gli asset e i business aziendali”? Secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, sul tavolo dell’amministratore delegato Luigi Gubitosi, che gestirà in prima persona questa riorganizzazione, potrebbe puntare a un riposizionamento dell’azienda in un’ottica maggiormente tecnologica. Tre, infatti, potrebbero essere i capisaldi: Noovle, Sparkle e Olivetti.

Per quanto riguarda la prima, si tratta di un asset sempre più strategico (e quindi perfettamente in linea con la nota di Tim): fornire servizi di cloud ed edge computing alle aziende sarà ad alto valore aggiunto, tanto che l’obiettivo è raggiungere il miliardo di euro di fatturato nel 2024, con una crescita media annua di circa il 20% e un Ebitda atteso di 400 milioni entro tre anni. Una società nuova, tra l’altro, lanciata ufficialmente a gennaio di quest’anno. Da qualche tempo si era iniziato a dire che si potesse pensare di aprire il capitale all’esterno. Ora la sensazione è che i tempi potrebbero essere maturi. Quanto vale? Secondo gli analisti siamo tra i 4 e i 5 miliardi. 

Per quanto concerne Sparkle, invece, si tratta di un operatore internazionale, settimo al mondo e secondo in Europa che fornisce il routing per la maggior parte del traffico telefonico e dati generato dall’utenza di Tim, oltre che rivendere servizi a terzi. Ebbene: Sparkle potrebbe essere un altro candidato all’ingresso di capitali esterni, per un controvalore intorno a 1,4 miliardi di euro.

C’è poi Olivetti, che ha subito una forte accelerazione dopo che per anni è stata la parte meno innovativa dell’azienda e che oggi invece è il “braccio operativo” della digitalizzazione più spinta, con soluzioni di Internet of Things e intelligenza artificiale. In questo caso, gli analisti parlano di una forchetta tra i 5 e i 600 milioni (come riporta anche Repubblica).

Quello che appare evidente è che con la presentazione dei risultati di ieri in Tim ci sia voglia di iniziare un percorso un po’ diverso da quello che è stato, partendo dalla certezza che la valutazione di mercato (oggi il titolo perde oltre il 5% dopo la presentazione dei dati) sia assolutamente inadeguata: basterebbero meno di 7 miliardi complessivi per comprare un’azienda che ha asset strategici per il Paese. Tra l’altro, Tim ha iniziato da poco a erogare i servizi di streaming calcistico. Numeri, al momento, non ne vengono dati e le indiscrezioni che compaiono sono molto diverse tra loro.

Quello che Affaritaliani.it può riferire da fonti qualificate è che l’azienda non vuole dare cifre per tre motivi: perché sono solo due mesi che viene erogato il servizio; perché i numeri che vengono raccontati dall’esterno riflettono una situazione del mercato di quando c’era solo Sky come broadcaster; perché le difficoltà iniziali di Dazn hanno effettivamente creato qualche problema.

Va detto che progressivamente si sta arrivando a un miglioramento del servizio offerto dal detentore dei diritti di ritrasmissione della Serie A. E di conseguenza anche il trend di abbonamenti sta migliorando, con l’offerta Gold (una sorta di “all you can see” per 29,99 euro al mese) sta funzionando bene grazie a una strategia di prezzo decisamente aggressiva.

Infine, voci ieri davano i francesi di Vivendi particolarmente infastiditi dai risultati. La realtà è però un po’ diversa: tutto il consiglio di amministrazione ha chiesto chiarimenti sull’andamento del bilancio. Ma non si tratta di una sorpresa, tanto che gli analisti nei giorni scorsi avevano presentato stime addirittura inferiori rispetto ai dati reali.