Totò, Sofia Loren e Maradona: l'Oro di Napoli brilla malgrado il Fisco
Quando il fisco usa volti noti per le lezioni al contribuente...
E' di questi giorni la notizia dell'ennesimo arresto di magistrati tributari coinvolti in torbide storie di corruzione per favorire contribuenti disonesti. Si tratta di una notizia a cui, purtroppo, siamo stati abituati, soprattutto negli ultimi anni, data la ricorrenza con cui essa appare nei giornali. Ho già in passato espresso la mia opinione su tale argomento osservando - credo non a torto - che lo Stato si rivela inflessibile con chi lo danneggia finanziariamente, alterando il corso di una verifica fiscale o di un giudizio tributario, ma assolutamente disattento verso gli altri (e mi permetto di osservare, per la mia lunga esperienza di difensore di contribuente, numerosi) magistrati che, invece, operano indefessamente a favore del fisco, (come direbbe Totò, ‘a prescindere’) confezionando sentenze, tante volte in violazione (oltre che del diritto) della verità dei fatti, colpendo uomini ed imprese fino alla distruzione, nel tentativo di salvare accertamenti palesemente ingiusti ed illegittimi.
A mio avviso, uno Stato per essere credibile deve essere innanzitutto serio e coerente. Non si può, infatti, pretendere dal cittadino il rispetto delle regole se lo Stato per primo agisce in trasgressione del patto sociale che, come insegna Montesquieu, impone la soggezione al diritto di tutti i soggetti che operano in una comunità, inclusa la stessa pubblica amministrazione. Invece, parafrasando il Conte di Cavour, il nostro Stato applica la legge per il nemico (cioè il cittadino corruttore) ma la interpreta (o meglio la ignora) quando la trasgressione proviene dagli stessi funzionari dell'apparato.
Il doppio gioco e la condotta abusiva dello Stato verso i cittadini sono fatti noti che appartengono alla storia del nostro Paese. In particolare, attraverso una distorta e perversa applicazione del concetto penalistico di prevenzione, lo Stato ha sempre utilizzato i volti noti per dare lezioni di presunta correttezza e rigore alla collettività in modo da addomesticarla facendole accettare la sopraffazione delle 'istituzioni' come regola inevitabile del sistema. Una delle più note vittime della prevaricazione statale è stato certamente Totò. Il principe De Curtis dedicò alle sue disavventure fiscali anche un film, 'I Tartassati', nel quale veniva tormentato da un opprimente funzionario erariale, Aldo Fabrizi, il quale ad ogni costo voleva scoprire evasioni che, in realtà, il povero protagonista non aveva assolutamente commesso. Come ha sempre ricordato la figlia di Totò, Liliana, il nostro beniamino, vera icona dell'arte, negli ultimi anni della sua vita lavorò praticamente solo per estinguere un debito - totalmente infondato - di 400 milioni di Lire dell'epoca che il fisco gli aveva attribuito, ritenendo che le già importanti somme che il principe dichiarava non rispecchiassero le reali fortune dell'attore napoletano.
La cosa colpi' profondamente Toto', deprimendolo molto, tanto che soleva affermare ad amici e parenti di essere perseguitato e soprattutto ‘sopravalutato’ dal fisco italiano. Altro caso di cronaca non meno noto è quello di Sofia Loren. La splendida attrice partenopea pure è stata vittima del fisco nel lontano 1980 quando l'intendenza di finanza le attribuì redditi sproporzionati con le sue reali entrate. Nel caso della Loren addirittura lo Stato è andato oltre ogni regola, giungendo finanche ad arrestarla nel 1982, in occasione peraltro della visita dell'attrice alla madre morente, e facendole scontare ben 17 giorni di carcere nel penitenziario femminile di Caserta. La vicenda, poi, si è chiusa felicemente nel 2013 con la pronuncia definitiva della Cassazione che l'ha assolta da ogni accusa. Ma ormai il danno di immagine e di dignità era già fatto e la nostra amata attrice, almeno fino alla decisione della Cassazione, ha dovuto ingiustamente sopportare l'onta di una accusa infondata. E, come sempre, nessuno dei magistrati penali e tributari coinvolti in questa vergognosa storia di ingiustizia ha pagato né finanziariamente né penalmente per le gravissime colpe di cui essi sono stati responsabili.
(Segue...)