Economia
Ubi alla scelta:tra le mirabolanti promesse di Massiah e le certezze di Intesa
Azionisti di Intesa-Sanpaolo e di Ubi a confronto: per i primi13 miliardi di dividendi contro i 500 milioni erogati dalla banca bresciano-bergamasca
Converrà restare azionisti di Ubi o diventare soci di Intesa con in pancia la banca bergamasca-bresciana? In fondo il tema, dopo mesi di schermaglie, colpi bassi e proclami roboanti sulla difesa dell’autonomia, è tutto qui.
Più prosaicamente riguarda il portafoglio dei 140mila soci di Ubi chiamati da domani fino al 28 luglio a esprimersi sull’offerta lanciata a febbraio dalla prima banca italiana che vuole incorporare la ex popolare in nuovo gruppo che cementerà la posizione di leader incontrastato del sistema bancario italiano.
A guardare alle prospettive e soprattutto alla storia e al passato recente delle due banche, come vedremo, non dovrebbero sorgere dubbi. Da un lato, quello di Ubi, hai una banca che promette di farcela da sola e che a dispetto della pandemia Covid sostiene di poter garantite soddisfazioni nei prossimi anni. Le stime del nuovo piano industriale aggiornato dicono che Ubi farà utili nel 2022 per 562 milioni, con un ritorno sul capitale netto tangibile del 7,1% e 330 milioni in più rispetto a febbraio di possibili dividendi pari a 840 milioni nei tre anni di cedole.
A vederla così sembra allettante, ma non va dimenticato che sono assunti teorici che andranno confermati dalla realtà. E qui più che un piano industriale sembra un poderoso atto di fede. Per la banca, gestita da Victor Massiah, pare che il Covid sia un buffetto. La pandemia ferirà la banca sugli utili per solo 100 milioni, dato che a febbraio il piano prevedeva 665 milioni di profitti al 2022 ribassati oggi a 562 milioni. La redditività sul capitale scende di solo un punto percentuale e il costo del credito sale di soli 85 punti base. Non solo. Ubi nel post Covid farà meno utili ma può dare più dividendo. Un paradosso visto da vicino che suona come una lusinga ai soci.
Un altro atto di fede appare nel nuovo piano: l’assunto che il costo del credito salirà di soli 85 punti base pari a circa 700 milioni di nuove perdite sui crediti. Pare molto ottimistico visto che tutti gli analisti si attendono per il futuro un forte incremento delle nuove sofferenze derivanti dai fallimenti delle imprese.
Quindi un impatto trascurabile come se la pandemia non riguardasse Ubi. Previsioni improntate a grande ottimismo: del resto se sei sotto attacco difficile dire che le cose andranno male. La miglior difesa è ostentare forza. Il risultato finale è che i vertici di Ubi disegnano uno scenario dove Ubi raggiunge un picco di massima redditività proprio nel pieno della grave pandemia che ha e avrà impatti violenti sull’economia e quindi sulle banche.
Le stime del nuovo piano indicano una crescita dell’utile netto al 2022 di oltre il 60% sui profitti del 2019, quando tutti gli analisti danno per scontato una contrazione di almeno il 20% degli utili per l’intero sistema bancario. Credibile nel pieno della tempesta Covid?
Intesa è molto meno enfatica sulle stime di profittabilità. Nelle assunzioni sulla nuova entità prevede un utile netto a 5 miliardi nel 2022. Stima prudente dato che la sola Intesa nel piano 2018-2021 (quindi pre-covid) ipotizzava 6 miliardi di profitti a fine 2021.
(Segue...)