Economia

Ubi alla scelta:tra le mirabolanti promesse di Massiah e le certezze di Intesa

di Fabio Pavesi

Azionisti di Intesa-Sanpaolo e di Ubi a confronto: per i primi13 miliardi di dividendi contro i 500 milioni erogati dalla banca bresciano-bergamasca

Ma visto che del domani non v’è certezza, a maggior ragione nel contesto di una crisi economico-sanitaria mai vista, più che sulle promesse “mirabolanti” dei piani industriali, meglio guardare alla realtà. Meglio soffermarsi sulla storia recente. Ebbene qui tra le due ipotesi, Ubi da sola o la nuova Intesa-Ubi non c’è gara. Abissale è la distanza di performance di ogni tipo tra le due banche.

La redditività netta sul capitale tangibile per Ubi non è mai andata oltre il 4% negli ultimi anni. Intesa invece ha sempre avuto un Rote negli ultimi anni doppio rispetto a Ubi. Nel 2019 Intesa ha prodotto utili netti per 4,1 miliardi e la striscia dei profitti di Intesa è ineguagliabile. Negli ultimi 5 anni Intesa ha portato a casa utili netti normalizzati per la bellezza di 17,4 miliardi. Ubi banca nello stesso periodo ha prodotto utili cumulati per meno di 800 milioni. Un divario incolmabile. 

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Intesa è la vera e unica cash machine del sistema bancario italiano. Tra il 2014 e il 2018 ha distribuito dividendi agli azionisti per ben 13,4 miliardi. Ubi nello stesso periodo ha remunerato i soci con soli 540 milioni. I soci di Intesa hanno avuto un pay out medio dell’80% contro un 30% medio dei soci Ubi. Tutte e due hanno perso terreno in Borsa, ma i dividendi hanno salvato le performance totali dei soci Intesa. E questo vale soprattutto sul  lungo periodo.

Dal 2008 il rendimento complessivo delle azioni Intesa è stato positivo del 2,5% annuo, mentre Ubi ha segno negativo. Dal 2008 i soci Ubi hanno perso il 9,6% medio annuo. Del resto mentre nel decennio post 2009, i soci Intesa hanno ricevuto ben 18 miliardi di dividendi, i soci Ubi si sono dovuto accontentare, sempre in un decennio, di poco meno di 1 miliardo di cedole. Come si vede il confronto non lascia spazio a interpretazioni ed è impietoso. 

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Da una parte hai una banca, Ubi, che ha sempre avuto una redditività più bassa del costo del capitale, e che in Borsa è stata valutata mediamente negli anni poco più poco meno del 30% del suo patrimonio. Dall’altra hai una banca che ha sempre avuto una redditività che supera il costo del capitale, una remunerazione elevata per i soci che hanno consentito di venire valutati dal mercato in media l’80% del valore del patrimonio.

Se si guarda alla storia delle due banche più che alle promesse aleatorie dei piani industriali, non c’è partita. E la scelta, sul piano strettamente economico, tra rimanere soci della piccola Ubi o del nuovo colosso del credito italiano non dovrebbe essere difficile.