Economia

UniCredit, aggirate le password. Bancario cinese ruba 13,2 milioni dai conti

Luca Spoldi

Da Carige a Ubi Banca, fino a Poste: i casi dei soldi pizzicati sui conti degli istituti di credito da dipendenti infedeli

Il risparmio tradito non ha confini: mentre in Italia si attende il varo dei rimborsi ai risparmiatori rimasti coinvolti nei crack delle quattro banche “risolte” nel novembre 2015 (Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti) e delle due ex popolari venete Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca, si scopre che un dipendente del gruppo UniCredit in Cina potrebbe aver sottratto negli ultimi tre anni 100 milioni di yuan (circa 13,2 milioni di euro) dai depositi dei clienti. Come? Sfruttando password condivise e altre scappatoie di sicurezza interne.

Unicredit banca
 

Lo riporta l'agenzia Bloomberg che cita fonti “a conoscenza della vicenda”. La polizia cinese e la Commissione di regolamentazione bancaria e assicurativa cinese (Cbirc) sono state informate alla fine dello scorso anno ed anzi l’authority potrebbe imporre all’istituto italiano una sanzione nei prossimi mesi. “UniCredit si rammarica di questo incidente e si scusa con le persone colpite. La sicurezza e la sicurezza dei beni dei nostri clienti è la nostra preoccupazione principale e tutti gli sforzi sono stati fatti per assicurare che un simile incidente doloso non possa ripetersi”, ha prontamente dichiarato un portavoce della banca, senza peraltro fornire ulteriori dettagli se non ricordare che “il gruppo rispetta rigorosamente tutte le regole e i regolamenti in ogni mercato in cui opera”.

UNICREDIT
 

Non è del resto la prima volta che un dipendente infedele procura qualche grattacapo a una banca, ai danni della sua clientela. Solo per restare agli episodi accaduti negli ultimi anni in Italia, Fabrizio Ingemi, fino a quel momento “dipendente modello” della filiale di Capo d’Orlando, riuscì a sottrarre nel 2010 poco meno di 7 milioni di euro ai clienti di Banca Carige prima di prendere il largo, salvo essere ritrovato dalla polizia italiana ad Agrigento, travestito da clochard.

Nel 2016 fu invece Michela Chiaruttini, all’epoca dipendente di Banco di Brescia (gruppo Ubi Banca) presso la filiale di Tolmezzo (Udine) ad effettuare finti prelievi sui conti di almeno una cinquantina di ignari clienti per un totale di oltre 2,5 milioni di euro. Ai dipendenti infedeli non si sono sottratte neppure le Poste Italiane, che come emerse da un’indagine avviata dalla Procura di Foligno nel2011 non si accorsero come per un decennio una loro dipendente impiegata presso le filiali di Verchiano, Casenove e Pale fosse riuscita a sottrarre circa 700 mila euro a 11 anziani clienti che le avevano accordato, incautamente, fiducia.

Numeri che peraltro appaiono risibili se confrontati coi 4,9 miliardi di euro di perdite causati a Societe Generale da un suo giovane trader della sede di Parigi, Jerome Kerviel, attraverso una serie di operazioni non autorizzate scoperte nel 2008 ma realizzate nel biennio precedente. In questo caso tuttavia gli inquirenti ritennero che Kerviel non avesse approfittato personalmente delle operazioni illecite, che sarebbero state messe in atto anche da altri trader del gruppo.

Kerviel stesso ammise di superare i limiti entro cui era autorizzato a operare, aggiungendo però di aver sempre lavorato per aumentare i profitti della banca, tanto che avrebbe dovuto ricevere un bonus di 300 mila euro su 60 milioni di euro di profitti generati per Societe Generale. Come che sia, sembra che nessun sistema al mondo sia totalmente a prova di dipendente infedele.