Economia
UniCredit: piano sub-holding, ipotesi sospensione.Uscita da Ankara in stand by
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Quale sarà la nuova storia di crescita che Jean Pierre Mustier racconterà al mercato per far spiccare il volo al titolo della banca che come gli altri istituti di credito italiani si è già giovato del cambio di governo? Si avvicina la data del 3 dicembre, data in cui UniCredit alzerà il velo sul nuovo piano industriale, strategie che in alcuni casi andranno a completare quanto già annunciato, come nel caso della ventilata cartolarizzazione di un portafoglio di mutui ipotecari rientranti nel perimetro degli Npl “non core” da 5 miliardi di euro nominali di cui doValue diventerebbe servicer, in altri casi congeleranno la situazione esistente.
E’ il caso, secondo quanto si vocifera sul mercato, delle operazioni che poco più di un mese fa sembravano poter coinvolgere da un lato la partecipata turca Yapi Kredi (controllata all’82% assieme a Koc Holding tramite una joint venture al 50%), dall’altro l’eventuale nascita di una sub-holding europea. Nel primo caso si ipotizzava lo scioglimento della joint venture in modo da arrivare a mettere le mani direttamente sul 41% di Yapi Kredi Bank, quota che a quel punto si sarebbe potuto aumentare o cedere e che invece ora sembra destinata a rimanere dov’è, in attesa di vedere se lo scenario macroeconomico e geopolitico porterà novità anche ad Ankara.
Nel secondo caso è il venir meno dell’allarme-spread (ormai attorno o sotto l’1,4% contro Bund decennale, rispetto al 2,355% toccato il 9 agosto scorso) a rendere non più necessario scorporare nell'immediato le attività europee da quelle italiane in funzione di “rassicurazione” per i mercati e dunque di garanzia della capacità di funding a costi competitivi del gruppo.
Accantonando almeno per il momento il progetto di dare vita a una sub-holding europea Mustier non solo eviterebbe costi e problematiche riorganizzative, ma eviterebbe anche di creare allarme nel mondo politico, sempre pronto a sollevare scudi contro presunte perdite di “italianità” da parte di banche e aziende di elevato standing, come appunto Unicredit. Il tutto per arrivare all’appuntamento con analisti e investitori di inizio dicembre nel migliore dei modi, senza troppe tensioni sul titolo o attorno alle attività dell’istituto.
Sempre a questo scopo Mustier con la cartolarizzazione di cui si parla in queste ore (che verrebbe finalizzata entro novembre e si avvarrebbe delle Gacs) punta a far calare entro i 10 miliardi di euro lordi gli Npl “non core” (a fine giugno scorso ancora pari a 15,7 miliardi), ossia circa la metà dell’iniziale obietivo di 19,2 miliardi, dagli oltre 70 miliardi (di cui 49,7 milliardi “non core”) che il manager francese aveva trovato tra le pieghe del bilancio al momento del suo insediamento sulla poltrona di group Ceo.
Mustier confida poi che anche la “bomba esuberi” sia stata disinnescata, visto che nonostante si parli da mesi di circa 10 mila eccedenze che verrebbero indicate nel nuovo piano industriale, dopo la precisazione dello stesso manager che il gruppo agirà “in modo socialmente responsabile” e in linea con le rappresentanze sindacali, i sindacati sembrano non voler fare le barricate a tutti i costi. A questo punto resta solo da capire se nel nuovo piano industriale al 2022 ci sarà spazio per una fusione cross-border.
(Segue...)