Economia
Vaccini, Bruxelles ostaggio di Big Pharma. I ritardi sui registri dei lobbisti

L'irrigidimento dell'Ue all'interno dei negoziati della Wto sulla moratoria ai vaccini anti-Covid
La battaglia nei negoziati all'interno dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) per la moratoria sui brevetti sui vaccini incontra paradossalmente, nonostante le posizioni di alcuni Paesi fondatori come l'Italia, l'ostacolo dell'Unione europea.
Lo scrive il Manifesto che riporta l'analisi di Corporate Europe Observatory, un gruppo di ricercatori che monitorano l’influenza delle grandi aziende sulle decisioni che vengono assunte a Bruxelles dalla Commissione Europea e dal Parlamento europeo e che dipingono un quadro che spiega cosa ci sta dietro all'irrigidimento della posizione comunitaria nonostante le aperture degli Stati Uniti e la riformulazione della proposta di moratoria da parte di India e Sudafrica che ha avvicinato le parti.
Secondo il team di esperti dell'Osservatorio, l’industria farmaceutica ha un notevole potere di indirizzo sulle scelte dei politici europei grazie a un investimento di almeno 36 miioni di euro nel 2020 e all’azione di non meno di 290 lobbysti di professione di stanza permanente a Bruxelles. Numeri che, si sottolinea, sono probabilmente sottostimati visto che non tutti i colossi di Big Pharma aggiornano con tempestività il “registro della trasparenza”, cioè la banca dati europea che elenca i gruppi di interesse attivi presso l’Unione europea e i loro finanziatori.
Tra le società che non hanno ancora assolto i propri obblighi di trasparenza, dichiarando le attività di lobbying svolte a Bruxelles, conclude il Manifesto, oltre a Pfizer ci sono nomi importanti come Johnson& Johnson, Abbot e Farmindustria, l’associazione delle imprese farmaceutiche in Italia, Paese che con un controvalore di oltre 32 miliardi di euro, contende alla Germania il ruolo di Stato membro leader nella produzione farmaceutica nell’Unione europea.