Economia

Vino, la guerra del Barolo. "Fermatevi subito, altrimenti la qualità crollerà"

di Redazione Economia

Il Consorzio che tutela i rossi piemontesi vuole allargare la produzione anche alle colline esposte a Nord, ma i produttori protestano: "Pericoloso"

Barolo, la battaglia per estendere la produzione. Effetto del cambiamento climatico

Scoppia la bufera intorno al principe dei vini piemontesi: il Barolo. Per far fronte al surriscaldamento globale che minaccia i vigneti più esposti al sole, infatti, il Consorzio di tutela dei uno dei più più rinomati rossi piemontesi, ha proposto l’eliminazione del divieto di impiantare filari di Nebbiolo atti a Barolo o Barbaresco nei versanti collinari esposti a nord, finora considerati inadatti a ottenere vini di qualità. Ma i produttori - si legge su La Stampa - sull'iniziativa del Consorzio sono divisi. C'è chi sostiene che possa essere "un'occasione" e chi ritiene invece la mossa "pericolosa". La questione è delicata: i cru storici del Barolo e del Barbaresco valgono milioni di euro all’ettaro e le posizioni migliori sono codificate da una pratica centenaria, avvalorata dalla fatica di centinaia di produttori impegnati ieri e oggi a ottenere il massimo della qualità. D’altra parte, il clima non guarda alla storia o al blasone e può mettere in crisi anche le certezze che sembravano più consolidate. E ciò non vale ovviamente solo per le Langhe, ma per tutti i territori del vino che vogliano interrogarsi sul proprio futuro.

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Esplode al furia di molti viticoltori della zona. "Portatemi una bottiglia buona di Barolo coltivato a nord e poi ne parliamo. Io - si sfoga Alfio Cavallotto a La Stampa - sono allibito dalla superficialità con cui sia stato proposto questa specie di referendum, senza alcuna dimostrazione scientifica del fatto che il Nebbiolo possa dare grandi risultati anche nei versanti in ombra. Nessun produttore lo ha mai provato, noi abbiamo vigneti esposti a nord ovest dove fatichiamo a fare un Langhe Nebbiolo che si rispetti. Gli obiettivi - prosegue Cavallotto - sembrano altri. Come la speculazione di chi ha boschi, noccioleti o anche del semplice Dolcetto esposto a nord e magari fa di tutto per trovarsi ad avere tra qualche anno vigneti di ben altro valore. Se vogliamo appiattire la produzione con qualche milione di bottiglie in più di scarsa qualità, allora ben venga la modifica. Ma è una proposta al ribasso". Ma Matteo Ascheri, presidente del Consorzio tira dritto sull'iniziativa: "Di fronte al clima che cambia, noi non possiamo fare altro che adattarci".