Spettacoli

Freddie Mercury e il mistero di Bohemian Rhapsody a 25 anni dalla morte

Gaetano Farina

FREDDIE FOREVER A 25 anni dalla morte di Freddie Mercury, intervista a Luca Garrò, massimo conoscitore italiano dei Queen e del loro vocalist

Esattamente 25 anni fa, il 24 novembre 1991, ci lasciava Farrokh Bulsara, in arte Freddie Mercury, il leader della rock-band Queen, riconosciuto ormai come il più grande vocalist e frontman della storia del pop-rock. Fosse ancora in vita, Freddie avrebbe compiuto 70 anni e i suoi Queen 45, dato che la formazione ufficiale risale al lontano 1971. E qualche giorno fa, come ha riferito il chitarrista Brian May sulla propria pagina Facebook, Freddie è stato raggiunto da mamma Jer, spirata alla bella età di 94 anni.

Si è scritto e detto di tutto su Mercury e i Queen. Noi abbiamo voluto intervistare il giornalista musicale Luca Garrò, uno dei massimi cultori ed esperti italiani della band brittanica, per farci raccontare ciò che è rimasto nell’ombra e che viene svelato anche nel suo ultimo libro dedicato a Freddie Mercury, uscite poche settimane fa con Hoepli.

Innazitutto, ci è sempre parso incredibile come qui in Italia la fama dei Queen si sia rialimentata solo nel 1991 con il successo dell’album “Innuendo” e, purtroppo, con la scomparsa del loro cantante. Per Garrò “come nel resto del mondo, la loro musica venne sempre sottovalutata e relegata ad un pop-rock da classifica, senza grandi meriti artistici. Un po' credo che il motivo fosse legato al fatto che, per molti anni, la critica considerò poco la musica che non presentava connotazioni fortemente politiche. Il concerto sudafricano, poi, non migliorò la loro immagine da noi, nonostante col tempo ne emerse con chiarezza la motivazione e nonostante il fatto che per anni tutta la band si fosse impegnata in azioni umanitarie di ogni tipo. Dopo il Live Aid qualcosa cambiò, anche perché era difficile negare che il loro set fosse stato il più spettacolare dell'intera kermesse; ma effettivamente i riflettori arrivarono in modo prepotente solo dopo la scomparsa di Fred. Se non fosse morto, probabilmente, anche un capolavoro come “Innuendo” verrebbe trattato come qualcosa di poco valore”. D’altronde, argomenta Garrò, anche in “piazze” maggiori come quella degli States il rapporto fra la band e pubblico-critica fu sempre altalenante: “Diciamo che il loro rapporto con gli States fu molto buono per tanti anni, anche senza raggiungere i picchi di follia isterica collettiva come ai tempi della British Invasion e della Beatlemania. Il momento in cui il rapporto con gli USA si interruppe fu forse quando uscì il video di “I Want To Break Free” che, nonostante fosse chiaramente ironico, venne preso nel modo peggiore in molti paesi del mondo. Credo che, in questo senso, la sessualità di Freddie abbia creato più di un problema a livello mediatico, tanto che ancora oggi, nonostante in superficie tutto sembri diverso, continuano a sopravvivere echi omofobi beceri e molto pericolosi”. “Diverso, in parte, il discorso legato alla critica, - prosegue Garrò - che vide sempre i Queen e Freddie come qualcosa di pomposo e non originale, arrivando spessissimo a negare l'evidenza stessa. Con la morte di Freddie le cose sono cambiate un po', ma non ai livelli di molti altri personaggi che lo precedettero o lo seguirono a breve (vedi, per esempio, Kurt Cobain, incensato da sempre dalla critica che nemmeno immaginava l'influenza di Freddie sul leader dei Nirvana)”.

Eppure oggi i Queen risultano il gruppo più collezionato al mondo, più dei Beatles e Rolling Stones. Tanto da meritarsi un tributo cinematografico la cui realizzazione, però, si sta rivelando abbastanza travagliata. Come testimonia la sostituzione di Sacha Baron Cohen che avrebbe dovuto interpretare Freddie, ma sembra abbia rotto con produzione e Queen per la presunta censura di alcuni episodi scabrosi: “Le ultime notizie danno per certa la presenza di Rami Malek, interprete della serie tv “Mr. Robot”, nel ruolo di Freddie e un pezzo da novanta come Bryan Singer alla regia. - ci aggiorna Garrò - Diciamo che un argomento come questo nasce per far discutere, visto il numero di fan dei Queen sparsi per il mondo; tuttavia è un po’ anomalo l'iter di questa pellicola che pare in produzione da anni, ma che regolarmente trova intoppi sulla propria strada. La faccenda Cohen è davvero difficile da decifrare, perché ognuno ha le proprie verità e nessuno potrà davvero sapere cosa sia successo. Che i Queen abbiano qualche timore nella riproposizione della loro storia posso capirlo, ma credo che ogni storia rock ‘n roll abbia vissuto inevitabilmente anche di eccessi. Giusto forse fare in modo che l'attenzione sia rivolta più alla musica che al gossip, ma un film ha anche esigenze di un certo tipo e credo che autocensurarsi, se fosse vero quello che è trapelato, non ha mai giovato alla causa. L'onestà intellettuale, ad ogni modo, credo vinca sempre. Credo anche che Cohen avesse bisogno un po' di pubblicità e di vendicarsi, visto il licenziamento. Come sempre, la verità starà nel mezzo”.

Ma più che a un film biografico, i milioni di fan sono sicuramente interessati all’eventuale pubblicazione di inediti, anche perché, come in questo anniversario, si continuano a riproporre compilation contenenti brani che, seppur rivisitati, per i cultori dei Queen non hanno il minimo sapore di novità. “Difficile prevedere cose di questo tipo in un settore come quello musicale, in cui le regole dei fan non valgono nulla - puntualizza Garrò -. È chiaro che gli archivi siano pieni di perle, così come è chiara per ora la volontà di aprirli in maniera a dir poco misurata. Gli ultimi esperimenti, poi, potevano essere gestiti in modo migliore, oltre al fatto che la gente chiede in continuazione nuovi brani, concerti e similia, ma poi quando vengono pubblicati ottimi prodotti come “Live at the Rainbow 74”, per esempio, non li compra”.

Un alone di mistero avvolge ancora oggi i Queen e, in particolare, il loro vocalist. Ad esempio, il significato del loro massimo capolavoro, Bohemian Rhapsody, per i più rimane ancora indecifrabile. Cosa può aggiungere in proposito Luca Garrò? “Credo sia una delle cose più complicate da analizzare di tutta la carriera di Mercury e penso che la cosa fosse anche voluta. Nonostante non amasse molto parlare di sé, diversi testi di Freddie raccontano molto più di quello che si pensa. Il caso di Boh Rhap dividerà sempre, come è giusto che sia con pezzi d'arte di questo tipo. Potrebbe trattarsi, comunque, di una sorta di flusso libero di pensieri, simile a quello che poteva aver descritto Freud, in cui ritrovare molto dell’inconscio di Fred.”

Personaggio chiave per la vita e la carriera di Freddie fu l’amica-compagna Mary Austin che ha ereditato una buona parte delle sue fortune, ma di cui, alla fine, non si sa molto. Luca Garrò si è fatto questa idea: “E’ una delle figure più affascinanti, fra quelle che hanno gravitato intorno a Freddie; forse proprio perché di lei sappiamo così poco. Credo che nessuno di noi possa sapere davvero quale fosse il loro rapporto e quante delle accuse rivolte a lei da altri amici di Freddie siano corrispondenti al vero. Bisogna sempre pensare che in situazioni ad altissimo tasso emotivo come quella, ognuno reagisce in modo completamente diverso ed esagerato. Quindi è davvero arduo farsi un'idea. Tuttavia, credo che sia una delle persone al mondo che ha cercato meno di avere benefici dalla scomparsa di Freddie. Le sarebbe bastato pubblicare la solita biografia per crearsi un circo affaristico di immense proporzioni”.

Per tutto il resto, ci sono le 170 pagine, ricche di fotografie rare, scritto dallo stesso Luca Garrò. Una vera chicca natalizia per gli amanti dei Queen e dell’immortale Freddie Mercury.