Spettacoli
Se il paese è striminzito, Arbore è il suo unico profeta
Renzo Arbore regala un’altra puntata dell’autobiografia della nazione, scritta da un politico sopraffino che nel farci sorridere ci racconta tutti i difetti
Con precisione cronometrica torma sull’amato schermo, il nostro e il vostro Arbore, poco dopo la fine della pandemia presunta o reale, per irroraci di amenità contemporanee e d’antan come si conviene ad un abile giocoliere televisivo, ma lui è molto di più. A partire dalla scenografia cosi finta ma così reale del suo salotto casalingo, piena di quelle cose di cattivo gusto che lo rendono un’icona gozzaniana ma sempre contemporanea, anche quando è fortemente demodé, con la spalla alter-ego Telesforo eterno ragazzino bidimensionale che conosce i tempi del maestro e lo asseconda estasiato, parte parlante della scenografia.
“Striminzitic show” è già spettacolo nel titolo così volutamente sgrammaticato ma non troppo, divertente e un pochino sguaiato come piace alla “ggente”, pancia molta e testa quando serve, musica, semplice popolare e dialettale ma, immortale per l’affetto che suscita e per la capacità di riempire le piazze che neppure Vasco. Ma c’è qualcosa di meglio e di più in quest’ora delicata e colorata,non autocelebrativa ma sostanzialmente analitica, dove Arbore si erge ad antropologo di famiglia e ci racconta la sequenza delle nostre quotidianità come “spirito della nazione” più che come “spirito del tempo”, riesce ad intercettare, sempre e da decenni, quello che tutti si limitano a sussurrare. Lui forse non lo sa fino in fondo che quel tipo di surrealismo verbale, quel continuo sdoganare il livello meno artistico del Kitch lo rendono una figura politica nel senso più pieno.
E’ la seconda serata di RAI2 che racconta il paese reale, ne traccia i confini, i desideri reconditi, le pulsioni grevi, il doppiosenso, la comicità nata nelle caserme e dal barbiere, e diventa il solo argomento comune, non è il nostro stile e tutti gli elegantoni intellettualoni diranno che fa schifo perché in fondo in quella sottile vena di becerismo e cialtronaggine senile e divertente, si riconoscono. Non si può sfuggire al proprio destino,che accomuna l’avanspettacolo, al cinema scollacciato degli anni settanta, alla canzone napoletana, alle sgrammaticature della comicità elementare, ma anche alla gentilezza e all’eleganza innata. Nonostante l’abbigliamento improbabile di questo ottantenne-adolescente che ride degli altri e di se stesso e sfoggia quell’indolenza classica, italica, nel perdere la giornata in qualche bar e in qualche salotto, o sulla rotonda sul mare. Siamo diventati molto altro da quello che Renzo Arbore vorrebbe far credere ma il nostro cuore è rimasto quello, e ancora oggi, ma domani e per venti puntate staremo tutti davanti allo schermo a farci raccontare soltanto quello che vogliamo sentirci dire, “striminzitic”, perché amiamo di noi quello che più ci spaventa, quello che è vulnerabile perché è semplicemente vero. Non è una celebrazione ma una semplice constatazione che esula dallo stesso “bravo presentatore”, cantore sommo dei luoghi comuni, ”osolemio”, e il clarinetto suonato da dilettante, mai allo sbaraglio, ed anche i vecchi filmati, datati, annebbiati dalla polvere delle nostre sovrastrutture, ci appaiono come le foto di famiglia dove anche il più sgangherato dei parenti ci porta alla lacrimuccia: nel trionfo della retorica, la stessa si dissolve perché diventa idem sentire. Non lo confesseremo mai, ma dall’otto giugno è cominciata un’altra puntata dell’autobiografia della nazione, scritta da un politico sopraffino che nel farci sorridere ci racconta tutti i difetti, sommatoria di maschere della commedia all’Italiana, che ci costringe a sdoganare in continuazione tutto quello che avevamo cercato di nascondere sotto il tappeto di casa della nonna.
Arbore, Renzo è conciliante, ma autorevole, grezzo ma altero, e può parlare nello stesso modo della sua Orchestra italiana che riempie le piazze del mondo dei nostri immigrati vecchi e nuovi, e di Bollani o di Miles Davis, e senza fare troppo rumore, con la coscienza di chi, dicendo a noi italiani quello che siamo e quello che realmente saremo, avrà successo,ma nessuno avrà il coraggio di dirglielo veramente. E questo è il vero segreto del successo di Renzo Arbore, usare un telefono rivestito di pelliccia rosa facendo finta di avere in mano uno splendido oggetto di design Made in Italy e in questa semplice azione c’è la vera contraddizione insanabile di quell’amato popolo di cui il Maestro è uno dei più abili Poeti.