Esteri
Afghanistan, l’uso della forza militare non è mai una soluzione
Jens Stoltenberg teme gli attacchi terroristici dell’Isis
Jens Stoltenberg (Oslo, 62 anni) è alla guida della Nato, ancora per pochi mesi, durante la debacle degli americani e occidentali in Afghanistan.
In una lunga videoconferenza con alcuni media internazionali ha voluto dire la sua opinione su tutto quanto sta accadendo.
"Spezza il cuore vedere la sofferenza, la tragedia che sta soffrendo l'Afghanistan", conferma Stoltenberg che, a sorpresa ,difende a spada tratta la forza dell'alleanza occidentale e garantisce che in Afghanistan non cambierà nulla.
Alla domanda del perchè l’operazione di evacuazione non viene prolungata il Segretario Nato ha detto che “tutti gli alleati hanno visto la necessità di avere più tempo possibile per evacuare il maggior numero di persone ma, più a lungo si rimane, maggiore è il rischio di un attacco terroristico da parte dell'ISIS o di altri gruppi terroristici. E questo è un pericolo reale”.
Molti alleati però continuano a dire che il tempo non sufficiente e a questa posizione Stoltenberg ha dichiarato che ora “La sfida più grande non è far uscire le persone ma portarle all'aeroporto, i cui dintorni sono controllati dai talebani. Stare lì altri giorni senza poter fare avvicinare le persone all’aeroporto sarebbe inutile e pericoloso. Adesso ci si muove ad un ritmo di evacuazione di circa 20.000 persone al giorno con 80 aerei. Al momento abbiamo portato via quasi 100000 persone”.
La Nato su questo scacchiere del mondo e in questo momento sta dando supporto tecnico e diplomatico per coordinare gli sforzi degli alleati. E’ presumibile che quando l’evacuazione militare finirà la Nato continuerà a lavorare per evacuare le persone sui voli commerciali. “Ci aspettiamo-ha detto il Segretario- che i talebani onorino i loro impegni, sia per consentire alle persone di uscire, sia per rispettare i diritti umani. Abbiamo strumenti diplomatici, economici e finanziari e li useremo. La Banca Mondiale ha sospeso un sostegno di 1 miliardo di dollari e la NATO tutto il suo sostegno”.
L’alto funzionario, riguardo alla prossima fine del suo mandato che praticamente coincide con la perdita dell’Afghanistan, ha dichiarato “come sia doloroso vedere cosa sta succedendo. È una tragedia per il popolo afghano. Sono stato primo ministro nel 2001 quando la Norvegia ha deciso di unirsi allo sforzo congiunto di inviare truppe in Afghanistan. E durante i miei sette anni come Segretario Generale della NATO quella missione è stata una parte molto importante del mio mandato. Quindi ho seguito l'Afghanistan molto da vicino per molti anni. E spezza il cuore vedere la sofferenza, la tragedia che sta vivendo l'Afghanistan, e le persone che devono lasciare il proprio Paese o quelle che devono restare, ma temono per la propria vita. E vedere che i progressi nei diritti politici, nella società civile, nei diritti delle donne, sono ora a rischio”.
Alla domanda su quali insegnamenti si possano trarre da simili errori Stoltenberg ha chiarito che “ ci sono molte lezioni da imparare, ma una è che usare la forza militare è una decisione molto seria e difficile, e non è sicuro che possa o meno funzionare. In ogni caso la NATO deve essere pronta a usare di nuovo la forza militare. Perché ricordo che la comunità militare è stata criticata per non aver agito sulle atrocità in Ruanda o altrove in Africa o per non aver reagito rapidamente alle atrocità in Bosnia-Erzegovina. La NATO ha usato la forza militare per fermare la pulizia etnica in Kosovo e nei Balcani e per sconfiggere il califfato ISIS in Iraq e Siria. A volte è necessario usare la forza militare, anche se non risolve tutti i problemi né è la risposta a tutte le minacce che vediamo”.
Quello che nessuno si spiega, e nemmeno Stoltenberg è riuscito a dare una risposta, è sul come dopo 20 anni di potenti investimenti per creare l'esercito afghano, pagare i loro stipendi, finanziare la loro formazione, dotarli di armi sia stato possibile vedere un crollo simile, una resa senza condizioni e combattimenti. Un rischio causato da mancanza di leadership che, forse, gli americani , avrebbero potuto capire molto tempo prima. Ma adesso è troppo tardi.
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