Esteri

Allah benedica e salvi il Libano. Nessun altro può farlo...

Di Gianni Pardo

Dio benedica il Libano. Se non ci fosse, potremmo pensare che l’Italia sia il Paese più sfortunato e peggio governato del Mediterraneo. Il Paese è piccolo, è circondato da vicini bellicosi, è popolato da gruppi etnici e religiosi in perpetuo conflitto, è tormentato da guerre civili, invasioni straniere, attentati e, negli anni recenti, da una crisi economica che nel marzo scorso lo ha portato, a forza di aumentare il debito pubblico, al default (fallimento). Suona come un monito, per qualcuno? A chi è paziente si consiglia comunque la lettura della voce “Libano” su Wikipedia. Non sarà il vangelo, ma certo ne saprà molto di più.

Il Libano è geograficamente l’erede dell’antica Fenicia. E infatti, come i loro lontani progenitori, gli abitanti hanno una vocazione commerciale e finanziaria. Finché nell’inestricabile insalata religiosa della popolazione è prevalsa la tolleranza, il Paese è stato prospero ed ha goduto di una sorta di “libertà occidentale”. Tanto che il Libano appariva diverso da tutti gli altri Paesinella regione, naturalmente Israele escluso. Fu il tempo, negli anni Cinquanta e Sessanta, in cui esso veniva definito “la Svizzera del Vicino Oriente”.

Purtroppo non è durata. Da mezzo secolo la storia del Libano è un susseguirsi di violenze, di delitti, di prevaricazioni, fino ad un sentimernto di insicurezza che ha spinto molta parte della popolazione, in particolare cristiana, ad emigrare. E così è molto aumentata la percentuale della popolazione musulmana. Sino alla costituzione del Partito di Dio (Hezbollah) strano ircocervo di organizzazione terroristica sciita, partito politico, longa manus della Siria e più lontano, dell’Iran, che tende a dominare il Paese. Né l’afflusso di profughi siriani e palestinesi ha migliorato le cose. Si è trattato di quasi due milioni di persone, in un Paese che di abitanti ne contava sei. Cioè si è inserito nella società quasi un terzo di nuovi residenti. Piuttosto turbolenti.

Ora si è avuta l’immane esplosione di migliaia di tonnellate di nitrato d’ammonio (salvo errori) e la gente è scesa in strada. Si sono avute grandi violenze contro le incolpevoli forze dell’ordine, sono stati attaccati dei ministeri e infine – è notizia recente – il governo è stato spinto a dimettersi. E così veniamo al presente: si va a nuove elezioni.

La gente è scesa in piazza perché vuole la testa di chi non ha impedito lo scoppio del porto; perché è stanca della corruzione; perché soffre della crisi economica e, dovendosela pur prendere con qualcuno, stramaledice il governo. Ma l’osservatore straniero rimane scettico. Anche se sa menare le mani, questa gente rimane ingenua. Che cosa spera di ottenere? Anzi, più esattamente, che cosa crede sia possibile ottenere?

Ecco in che senso i problemi del Libano sono esemplari di una situazione senza uscita. Se si vuole la pace e la prosperità bisogna che esistano alcune condizioni. In primo luogo una popolazione omogenea per colore della pelle, lingua e religione. Diversamente si avranno sempre contrasti fra i vari gruppi. Ecco perché bisogna essere risolutamente contrari ad ogni innesto di gruppi allogeni, perché un giorno o l’altro essi, fatalmente, creeranno problemi. O perché maltrattati dal gruppo dominante o perché si immaginano maltrattati dal gruppo dominante. Si pensi al caso dei negri degli Stati Uniti.

In secondo luogo, bisogna che la tolleranza sia sentita da tutti come una sorta di dogma infrangibile. E questa non è una conquista da poco. La civile Europa ha capito la lezione solo dopo che le guerre di religione l’hanno insanguinata per molti decenni, fino alla pace di Augusta, a metà del XVI Secolo.

In terzo luogo, nessuno deve mai dimenticare che l’indipendenza non è una dichiarazione su un foglio di carta, è un dato di fatto che è anzitutto militare. Se un Paese è in grado di difendersi, o se fa parte di un’alleanza che nel caso è capace di difenderlo, è indipendente; se non è capace di difendersi, è indipendente finché a un suo vicino non convenga dominarlo. E infatti per qualche tempo, soltanto un paio di decenni fa, il Libano è stato invaso e dominato dalla Siria.

Infine – e questo vale per la corruzione – non ci si può aspettare una classe dirigente e un governo impeccabili, se corrotta – o indifferente all’etica – è tutta la popolazione. Principio questo che vale in particolare per l’Italia. Ecco perché i moti di piazza che ci mostrano le televisioni, a Beirut, lasciano scettici. Quando i libanesi si saranno calmati, constateranno di essere ancora in un Paese corrotto, popolato da fazioni in lotta fra loro, ed economicamente fallito. In cui per molti la soluzione è ancora la stessa: andarsene.

Dio, non ti limitare a benedire il Libano, vedi se puoi dargli una mano. Non vedo nessun altro che possa farlo.