Esteri

Biden? Presidente incolore ma garanzia di continuità. Se vincesse Trump...

L'opinione di Gianni Pardo

Usa 2020, meno di un mese alla resa dei conti tra Donald Trump e Joe Biden

Manca meno di un mese al voto per eleggere il nuovo Presidente degli Stati Uniti e tutti amerebbero sapere come finirà. Ovviamente nessuno può dare una risposta seria, ma il desiderio di una divinazione conduce all’attività degli istituti demoscopici. Queste imprese interrogano migliaia di persone scelte con un criterio che (si spera) riproduce in piccolo tutta la nazione e rispondono con delle percentuali: “Secondo la nostra indagine, dovrebbe vincere il tale”.

Naturalmente le previsioni demoscopiche sono state smentite tante volte (a cominciare dal famoso flop della Gallup nel 1948, quando dette Harry Truman sicuramente perdente nei confronti di Thonas Dewey) che insistere sull’inaffidabilità dei sondaggi è un po’ come sparare sulla Croce Rossa. Inoltre una delle possibili cause di errore non è tanto l’imperfezione della tecnica adottata, quanto la psicologia degli interrogati. Se gli intellettuali, i grandi giornali, la Chiesa, i divi del cinema e l’establishment sono a favore di uno, e ripetono tutti i giorni che l’altro candidato è brutto, sporco e cattivo, gli interrogati sono intimiditi. Certo, coloro che pongono le domande non hanno nessun interesse ad ottenere una risposta o l’altra, ma gli interrogati si sentono lo stesso in soggezione. Come chiunque sia interrogato. Provate a chiedere, senza avvertire: “Qual è la città più importante della Lombardia?” E tutti avranno per cominciare l’aria smarrita. Ovviamente pensano a Milano, ma proseguono dicendosi: “Se me lo chiedono, può darsi che la risposta sia un’altra”. Così, se un personaggio è stramaledetto da tutti, molti non osano confessare la loro vera simpatia. Perché – temono – questo autorizzerà il mio interlocutore a pensare il peggio di me.

È un fenomeno naturale. Facciamo un esempio: immaginiamo dei ragazzi di diciassette anni che abbiano una madre giovane, fra i trentacinque e i quarant’anni. Dunque ancora un fiore di donna. E tuttavia, sia pure assicurati dell’anonimato, quanti di loro avrebbero il coraggio di rispondere sì a questa domanda: “Non fosse tua madre, faresti volentieri l’amore con lei?”

Il fenomeno può poi essere accentuato da una reazione infastidita all’universale esecrazione di un candidato. Se un Tizio ha la vaga intenzione di votare per un politico contestato, ad ogni rinnovato attacco, e in particolare ai più stupidi di essi, risponde in cuor suo: “Se gli rimproverano questo è evidente che cercano il pelo nell’uovo. Se per attaccarlo non trovano niente di meglio, non può poi essere così cattivo”. Per esempio, in passato, hanno disperatamente cercato di condannare Berlusconi perché evidentemente gli piacevano le donne. Ma chissà quanti uomini si saranno detti: “Come lo capisco. Avrei voluto fare altrettanto”. Ed ora, esempio attuale, si condanna severamente Trump perché appare senza mascherina, dal podio o dal balcone. E questo è stupido. Se deve parlare, e se l’essere umano più vicino è a molti metri, mettere la mascherina sarebbe un omaggio a quanto raccomandato per ben altri casi. Una mossa elettorale, come quella che fa Biden, per contrapporsi a lui. Così, quelli che sfruttano ogni appiglio per denigrare l’uomo nero, rischiano di favorirlo. Da un lato aumenta il numero di coloro che, interrogati, non rivelano le loro vere intenzioni, dall’altro aumenta pure il numero di coloro che, nella solitudine dell’urna, contano di farla pagare ai “fighetti” dell’establishment.

Come si diceva, negli anni ruggenti dell’antiberlusconismo si è irriso e condannato quell’uomo per i motivi più futili e insensati, senza riuscire né a sottrargli voti né a toglierlo di mezzo dalla politica. Mentre oggi che è stanco e invecchiato, e conta molto di meno, lo lasciano in pace. E il partito perde voti.

In questo senso è anche patetico l’atteggiamento dei media italiani. Essi sono così costantemente e platealmente schierati contro Trump, presentato spesso come un patetico pagliaccio, che ogni occasione è buona per attaccarlo. Muore una giudice suprema liberal e per sostituirla lui nomina, come è suo diritto, una giudice suprema conservatrice, come un precedente presidente liberal aveva nominato una giudice liberal. Apriti cielo. Ora che lo facciano i democratici si capisce, ché sono in campagna elettorale. Ma noi italiani che c’entriamo? I nostri giornalisti e i nostri intellettuali che cosa credono, con la loro lotta senza quartiere, di influenzare le elezioni americane? Non si può evitare un sorriso di compatimento. Siamo al punto che in Italia nessuno osa dirsi favorevole a Trump. E dire che qualcosa di simile avvenne soltanto quattro anni fa, quando tutti erano favorevoli ad Hillary Clinton e Trump era osteggiato persino dal suo partito. Col risultato che sappiamo. Brutta bestia, il fanatismo.

Se vincerà Biden non cadrà il mondo, ché anzi il fatto che sia incolore è una garanzia di continuità e stabilità. Se vincerà Trump, forse avremo un Presidente migliore di quello che abbiamo avuto fino ad ora, perché il divieto di un terzo mandato fa sì che nel secondo i Presidenti operino più pensando alla storia che alla rielezione.