Esteri

Coronavirus, Xi rimanda la visita ad Abe. Rallenta la diplomazia Cina-Giappone

Lorenzo Lamperti

La visita prevista per inizio aprile, la prima dal 2008, è stata rimandata per "tempi migliori". Come cambiano gli equilibri del Far East col coronavirus

L'emergenza da coronavirus rallenta anche la diplomazia mondiale. In Italia, è stata annullata la visita di Sergio Mattarella in Mozambico. In Asia orientale, invece, è stata rimandato un appuntamento molto atteso, vale a dire la visita di Stato del presidente cinese, Xi Jinping, in Giappone. La visita di Xi era prevista dal 6 al 10 aprile e sarebbe stata la prima di un presidente cinese in Giappone dal 2008.

Subito dopo, tra l'altro, il Giappone ha ordinato la quarantena per tutti coloro che arrivano da Cina e Corea del Sud per tentare di bloccare il diffondersi dell'epidemia di coronavirus nel Paese asiatico (al momento i casi confermati sono 331 con 6 morti). Una misura annunciata direttamente dal primo ministro Abe Shinzo e che entrerà in vigore il prossimo 9 marzo. Ma la visita di Xi non è cancellata, solamente rinviata, come si è affrettato a chiarire il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Zhao Lijian, secondo cui la Cina mantiene una “serrata comunicazione” con il Giappone per assicurare che la visita del presidente cinese possa avvenire “al momento più appropriato”.

Un rinvio che rappresenta un nuovo ostacolo sulla strada delle delicate relazioni tra i due pesi massimi dell'Estremo Oriente, ma anche con il terzo incomodo, la Corea del Sud, il secondo Paese più colpito al mondo dal contagio dopo la Cina. D'altronde Abe, già sotto pressione per le critiche sulla gestione dell'emergenza, non sarà troppo rammaricato per un posticipo che gli dà qualche mese in più per ricompattare la situazione interna e poi ricevere il presidente cinese, evento mai banale a Tokyo e dintorni visti i trascorsi storici e la rivalità che ancora persiste.

Le restrizioni agli spostamenti stanno creando qualche attrito a livello regionale. Seul ha fatto sapere di non aver apprezzato la decisione di alcune municipalità cinesi di introdurre la quarantena obbligatoria per tutti coloro che arrivano dalla Corea del Sud (e dal Giappone). Una misura che non è piaciuta ai coreani, con oltre 750 mila persone che hanno firmato una petizione online per chiedere al governo di Moon Jae-in di vietare l'arrivo di cittadini cinesi, anche se misure analoghe sono state prese nei confronti dei sud coreani da circa 40 paesi al mondo. Possibile che il governo di Seul risponda al malcontento popolare, visto che il 15 aprile (al netto dell'emergenza sanitaria) sono in programma le elezioni parlamentari.

Nel breve termine il coronavirus rappresenta di certo un problema per il rafforzamento dei rapporti sull'asse Pechino-Tokyo-Seul, dopo gli incoraggianti segnali degli scorsi mesi quando i due litiganti degli scorsi mesi (cioè Tokyo e Seul) si erano seduti intorno a un tavolo in un trilaterale dei ministri degli Esteri andato in scena a Pechino. Segnale che la Cina ha in testa l'obiettivo di migliorare i rapporti coi due vicini, per evitare (o comunque limitare i rischi) di brutte sorprese nella sfida globale con gli Stati Uniti.

C'è chi ritiene che in realtà la cooperazione in materia sanitaria possa migliorare i rapporti su più ampia scala, ma al momento giapponesi e sudcoreani restano sospettosi nei confronti degli ingombranti vicini. Il rinvio della visita di Xi "in tempi migliori" è una risposta anche al clima contingente da coronavirus, nella speranza che il tempo possa lenire le ferite.