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Elezioni Algeria 2019: rischio boicottaggio."Tutti candidati vicini al regime"

Giovedì 12 dicembre le prime elezioni post Bouteflika in Algeria, ma c'è il rischio boicottaggio

Elezioni Algeria 2019: presidenziali a rischio boicottaggio

Urne aperte in Algeria dove si vota per le prime presidenziali dell'era post Bouteflika. Sull'appuntamento elettorale, però, soffia il vento di protesta della piazza e l'affluenza sarà il dato su cui saranno puntati i riflettori, visto che si prevede un alto tasso di astensionismo.   Da sabato scorso le operazioni di voto sono gia' in corso all'estero, dove la diaspora algerina è chiamata ad eleggere il futuro presidente dopo l'uscita di scena dell'82enneAbdelaziz Bouteflika, costretto alle dimissioni lo scorso aprile dopo un regno durato 20 anni. Hanno votato anche le popolazioni nomadi sul territorio algerino.     

Sono cinque i candidati in lizza: ad eccezione di uno, l'ex deputato Abdelaziz Belaid, leader del Fronte El Moustakbel, gli altri quattro aspiranti presidenti sono tutti ex ministri di Bouteflika. Chiunque vinca dovrà lottare per farsi accettare dall'elettorato del Paese nordafricano, dove da 10 mesi si protesta contro un regime appoggiato dall'esercito e ritenuto corrotto e incapace di gestire l'economia. Le urne chiudono alle 19, ora italiana e i risultati non saranno annunciati prima di domani.

Elezioni Algeria 2019: tutti i candidati

Tra i candidati c’è il 75enne Ali Benflis, ex capo di governo già sconfitto due volte alle presidenziali e Abdelmadjid Tebboune, ex prefetto, più volte ministro e brevemente premier nel 2017. L’Autorità nazionale indipendente per le elezioni (Anie) ha accolto la candidatura di Azzedine Mihoubi, ex ministro della Cultura e segretario generale ad interim del Raggruppamento nazionale democratico (Rnd), sostegno tradizionale di Bouteflika per la prima volta in lizza alle presidenziali. L’ultimo contendente è l’ex ministro del Turismo, Abdelkader Bengrina, ex dirigente del Movimento della società per la Pace (Msp), unico esponente islamista in quanto le altre formazioni di questa corrente hanno deciso di non prendere parte direttamente al voto.

Elezioni Algeria 2019, la piazza non ci sta: "Candidati contigui al regime Bouteflika"

La campagna elettorale di 22 giorni è stata caratterizzata da un disinteresse quasi totale dei cittadini, impegnati invece a portare avanti le ormai rituali proteste di piazza: lo scorso 6 dicembre ad Algeri è stato il 42esimo venerdì consecutivo di mobilitazione popolare. Dopo aver ottenuto la destituzione di Bouteflika, gli algerini hanno continuato a manifestare per abbattere l’intero sistema costruito dal longevo capo di Stato. “Makache vote” (“Nessun voto”), “Uno Stato civile non militare”, “Non voteremo, non ci fermeremo” sono stati alcuni degli slogan intonati venerdì scorso contro la prossima scadenza elettorale, valutata come strumento per consentire a questo stesso sistema di rigenerarsi.   

Ai quattro angoli del Paese i candidati hanno tenuto comizi – nell’insieme poco partecipati – promettendo sviluppo economico e culturale, soprattutto nelle regioni rurali e in quelle più remote. Unico elemento di novità della campagna elettorale è stato un inedito dibattito televisivo, trasmesso in diretta da emittenti televisive e radiofoniche pubbliche e private. In conclusione del dibatto i 5 candidati hanno avuto tre minuti a disposizione per presentare i propri impegni di governo e cercare di convincere gli algerini, ma nessuno di loro è in posizione di vantaggio. “Invece di organizzare dibattiti, l'autorità elettorale avrebbe dovuto organizzare il voto” ha commentato Belabbes Benkredda, presidente di dell'ong Munathara, con sede a Tunisi, organizzatrice del dibattito alle ultime presidenziali nel paese vicino.   

“Nel caso algerino il dibattito non ha risposto alle norme internazionali di trasparenza e indipendenza nei confronti dello Stato”, ha sottolineato Benkredda, facendo notare che è stato orchestrato dalla stessa Autorità nazionale indipendente per le elezioni. Volutamente rassicuranti le parole del capo di stato maggiore dell’esercito, il generale Ahmed Gaïd Salah, che nel suo unico intervento pre-elettorale ha definito il voto del 12 dicembre “una scadenza cruciale ed importante che sarà, con l’aiuto di Allah, una festa elettorale attraverso la quale la volontà popolare sarà attuata”.   

E da Roma il ministro degli Esteri algerino, Sabri Boukadoum, ha garantito che "per la prima volta le elezioni in Algeria avranno una autorità indipendente, saranno trasparenti ed eque". Intervenuto ai Med Dialogues, Boukadoum ha riferito che “durante l'estate abbiamo fatto di tutto per dialogare con la società civile, perché questa è la soluzione migliore. Qualunque cosa accada alle prossime elezioni, vogliamo che l'Algeria sia così com'è: un paese aperto al dialogo". Dichiarazioni che contrastano con le notizie dal terreno: Amnesty International ha denunciato un “intensificarsi” della repressione delle manifestazioni con l’avvicinarsi del voto. Come conseguenza dei ripetuti appelli al boicottaggio della società civile, gli analisti prevedono un tasso di affluenza molto basso e difficilmente il nuovo presidente sarà eletto al primo turno.