Esteri

Elezioni Uk 2019, Johnson vince la scommessa. Piaccia o no: "Get Brexit done"

Lorenzo Lamperti

This is the end. Lo cantavano qualche decennio fa i The Doors, sperano di poterlo dire, dopo tre anni e mezzo di agonia, anche i cittadini britannici. Le elezioni di giovedì 12 dicembre in Regno Unito hanno dato, piaccia o non piaccia, un risultato chiaro, anzi chiarissimo: Boris Johnson ha stravinto, conquistando ampiamente la maggioranza assoluta e riportando i Tory al livello di consenso dei tempi della Thatcher. La campagna elettorale dei conservatori, così come il breve mandato da primo ministro prima del voto per Johnson, è stata molto netta: l'uscita dall'Unione europea si farà il più presto possibile.

E allora, riprendendo lo slogan dei conservatori, "Get Brexit done". Non tanto perché sia la cosa migliore, non tanto perché in questo modo il Regno Unito avrà un futuro migliore. Quanto per mettere fine a questo lungo, paradossale, infinito limbo di incertezza dal quale la Gran Bretagna sembrava non dovesse mai uscire. Sono passati quasi 40 mesi da quel 23 giugno 2016 in cui i britannici hanno votato per il "Leave". Un errore? Forse sì, forse no. Ma ora è tempo di mettere fine a una lunga agonia che ha trasformato il Regno Unito da un esempio politicamente e democraticamente virtuoso a un termine di paragone negativo.

Per tre anni e mezzo in Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord non si è parlato d'altro che di Brexit. Il governo, prima con Theresa May e poi con lo stesso Johnson, non ha potuto o saputo fare altro che mettere a punto piani puntualmente bocciati, a turno, da Unione europea o da Westminster. 

Forse Boris Johnson è un demagogo. Ma è tempo che, in qualunque modo, la pagina venga voltata. E se questa sarà la pagina finale del Regno Unito per come lo conoscevamo finora sarà comunque il prodotto non di uno, ma diversi risultati elettorali. E di tanti, tantissimi errori. Ma è tempo. Questa deve essere la fine dell'agonia Brexit.

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