Esteri
Flop della marina militare tedesca
S’è rotta la flotta — In tempi ancora a memoria d’uomo, gli “U-Boot”—i sommergibili tedeschi—erano il terrore del mare.
Oggi il paese che ha praticamente inventato la guerra sottomarina non riuscirebbe ad affondare nemmeno una barca a remi. La Marina tedesca dispone—sulla carta—di sei sottomarini d’attacco della classe U-212, ma sono tutti rotti. Nemmeno uno è in grado di prendere il mare. Forse è una fortuna. Secondo l’emittente pubblica Norddeutsche Rundfunk, anche se fossero in condizioni di navigare, la Deutsche Marine avrebbe solo tre equipaggi completi per le sei navi.
Il paese dei guerrieri teutonici opera inoltre, ad uso ovviamente terrestre, una flotta di 244 temibili carri Leopard 2. Cioè, opererebbe. Secondo la televisione Nachrichten— controllata dalla Bertelsmann—solo 96 di questi sono pronti al combattimento, mentre 89 sono in attesa di ricambi che non arrivano, 7 sono dedicati a progetti di sviluppo, e 52 sono “in manutenzione” o in attesa di ricevere “aggiornamenti” di vario tipo.
Non è che vada molto meglio nel terzo ambiente in cui si combattono le guerre, l’aria. La Luftwaffe dispone di 14 nuovi aerei da trasporto A400M, prodotti dal consorzio europeo Airbus—ma passano periodi più o meno lunghi in cui nessuno di questi è in grado di prendere il volo. L’agenzia Reuters ha riferito a febbraio di un’istanza particolarmente imbarazzante. Il Ministro della Difesa della Germania, Ursula von der Leyen, è rimasta a terra durante un suo viaggio in Lituania—una gita che faceva parte della campagna di vendita per i velivoli—a causa di un guasto al sistema idraulico del A400M su cui viaggiava.
Già nel 2015, mentre era in corso un dibattito parlamentare a Berlino sulla natura dell’assistenza militare da prestare per i combattimenti contro l’Isis, il Ministero della Difesa tedesco ha dovuto ammettere che dei 93 caccia Tornado nominalmente in servizio presso la Luftwaffe, solo 29 potevano essere considerati pronti al combattimento. Un filo comune unisce i casi. La Germania non è povera, ma con la fine della Guerra Fredda la classe politica del Paese decise che fosse l’ora di andare “all’incasso”, a guadagnare un po’ di soldi e un po’ di consensi elettorali. Tanto, per la difesa, c’erano gli americani, e “a gratis”… Uno dei meccanismi imposti per risparmiare sui costi militari fu quello di vietare l’immagazzinamento anticipato dei pezzi di ricambio dei più importanti sistemi da combattimento.
Se qualcosa si fosse rotto, si sarebbe fabbricato il ricambio ad hoc. Il problema è evidente—lungaggini e pastoie amministrative a non finire.
Ora, oltre alla difficoltà con Donald Trump, che non parla solo per sé quando spiega ad “Angela” che gli americani non vedono più perché dovrebbero loro pagare la difesa della Germania—lì ci sono ancora di stanza 35mila militari Usa—nei fatti, nemmeno la Germania vuole pagare la propria difesa.
Si continua a parlare con grande entusiasmo—a Bruxelles almeno—delle nascenti forze armate europee. Ma chi è che le deve fornire? Oltre alla Francia e all’Inghilterra (oops), l’Europa non abbonda di potenze militari. C’è la Polonia (ri-oops), sempre meno in sincronia con il “Progetto Europeo” alla Juncker—ma, arrivando a dover tirare sul serio un colpo, chi è che fornirà il proiettile, il fucile e il soldato? Oops.