Esteri
G7, vertice straordinario il 24 febbraio. Decisivo per le sorti dell'Ucraina
Primo passaggio di peso della presidenza italiana. La scelta cruciale: destinare i 300 miliardi confiscati alla Russia per sostenere Kiev o smarcarsi
G7, vertice straordinario: si decide se abbandonare Zelensky definitivamente
La guerra in Ucraina potrebbe essere davvero vicina ad una svolta decisiva a due anni dall'inizio del conflitto scatenato dalla Russia. Per questo i grandi del mondo hanno deciso di riunirsi e il prossimo 24 febbraio si terrà un vertice straordinario del G7, il primo a guida italiana. I capi di Stato e di governo si vedranno in videoconferenza con Volodymyr Zelensky, il quale poi lascerà che i sette si parlino fra loro. Non sarà - si legge su Il Corriere della Sera - uno scambio semplice: arriva in uno dei momenti più duri, il massimo numero di soldati russi mai visto nel teatro di guerra (malgrado almeno 315 mila perdite stimate di Mosca, fra morti e feriti); soprattutto, il G7 si tiene quando i suoi stessi leader temono che la campagna elettorale di Donald Trump, incendiaria, finisca per aprire crepe nel fronte per Kiev anche all’interno di vari Paesi europei.
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Malgrado il passaggio in Senato, il blocco alla Camera dei rappresentanti degli aiuti americani all’Ucraina — ispirato da Trump — sta creando un allarme crescente. Ha detto di recente Robert Gates, segretario alla Difesa di George W. Bush e Barack Obama: "Se non facciamo niente, senza una significativa assistenza militare agli ucraini, i russi finiranno con lo sfondare: è inevitabile". Il vertice del 24 febbraio - prosegue Il Corriere - servirà dunque per uno scambio fra alleati su un’ipotesi che oggi li divide: confiscare le riserve russe congelate nel 2022, circa 300 miliardi di euro, e utilizzarle per sostenere l’Ucraina.
Mario Draghi, predecessore sia di Lagarde che di Giorgia Meloni, ha idee un po’ diverse. L’ex premier è aperto alle proposte ma ad alcune condizioni: se gli europei confiscano le riserve russe in euro — pensa Draghi — allora anche americani, canadesi, britannici e giapponesi dovrebbero farlo per le quote (minime) denominate nelle loro valute; così nessuna moneta di riserva stabilirebbe un precedente a proprio svantaggio sulle altre.